Foto di Susan Walsh, via LaPresse 

un tranello da schivare

Musk e la difesa della libertà: il rischio di un via libera per l'estremismo sovranista

Claudio Cerasa

L’innamoramento della destra estrema per il nuovo capo di Twitter aiuta a inquadrare un’altra sfida di Meloni & Co.: non confondere la libera parola con un lasciapassare per contenuti che implementano la cultura dell'odio

L’incontenibile euforia mostrata dai leader della destra nazionalista rispetto all’acquisizione di Twitter finalizzata ieri da Elon Musk ha riportato al centro del dibattito pubblico un tema interessante che ci permette di affrontare una questione cruciale che in un certo modo riguarda anche la traiettoria futura del governo Meloni. La questione non ha a che fare con la tecnologia, non ha a che fare con l’innovazione, ma ha a che fare con il curioso rapporto che ha la destra populista con un concetto chiave del suo dizionario politico: la difesa della libertà. Ha scritto ieri Matteo Salvini che l’acquisto da parte di Musk di Twitter è “una buona notizia per la rete, per la democrazia e per la libertà”.

 

E il riferimento del vicepremier italiano è a una promessa fatta settimane fa dallo stesso Musk: sbloccare al più presto l’account di Donald Trump, chiuso dai vecchi padroni di Twitter nel gennaio del 2021, a causa delle idee incendiarie pubblicate dall’ex presidente degli Stati Uniti nei giorni a cavallo dell’invasione di Capitol Hill. Musk, in verità, ha detto in più occasioni che la sua volontà di liberare Twitter dall’osceno politicamente corretto che tiene in ostaggio la libertà di espressione coincide con l’idea di ridurre i filtri che tentano di mettere Twitter al riparo dalla disinformazione e sarà interessante ora vedere in che modo Musk, che propone di fatto di promuovere una libertà sui social scandita dall’assenza di responsabilità sulla pubblicazione dei contenuti, si muoverà lungo quella linea sottile che separa la sacrosanta libertà di parola dalla libertà di alimentare la cultura dell’odio. 

 

Ma al di là del futuro di Twitter quel che conta, nel caso Musk, è provare a mettere a fuoco quali sono le ambiguità mostrate dalla destra quando si ritrova a muovere passi sul terreno della difesa della libertà. E da questo punto di vista il governo Meloni può aiutare gli osservatori internazionali a comprendere cosa non torna quando la destra si auto descrive come argine puro all’illiberalismo messo in campo dagli avversari. Nel suo primo discorso da presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha nominato la parola “libertà” per ben quindici volte. Ma, dai primi passi mossi dalla nuova premier alla guida del paese, risulta evidente che nella bocca dei sovranisti la difesa della libertà rischia di somigliare spesso a qualcosa di simile a un’impostura, attraverso la quale la difesa della libertà diventa magicamente un modo per dare agli estremisti la possibilità di esercitare liberamente la propria professione di estremisti.

 

Si difende la libertà d’espressione cadendo nel tranello di far coincidere la difesa di questa libertà nella difesa dell’estremismo (Musk). Si difende la libertà dell’Ucraina cadendo nell’errore di esaltare l’Ucraina come simbolo di un nazionalismo con i fiocchi che sa come difendere i suoi confini (dimenticando che i confini dell’Ucraina sono i confini dell’Europa). Si difende la libertà dei cittadini dalla famigerata dittatura sanitaria cadendo nel tranello di considerare le regole che hanno permesso di affrontare la pandemia come più devastanti della stessa pandemia (e dunque meglio essere Free vax che Sì vax). Si difende la libertà dei cittadini di difendersi dallo stato oppressore difendo involontariamente la libertà dei cittadini di non rispettare le regole dello stato (e dunque viva il condono).

 

Si promuove il dovere di garantire alle aziende maggiore libertà d’azione negli stessi istanti in cui si demonizza la globalizzazione (e il libero mercato) e negli stessi istanti in cui si spaccia il nazionalismo come difesa dell’interesse nazionale (e dunque viva il protezionismo). E si difendono i valori della democrazia liberale mettendoli in contrapposizione con i valori del totalitarismo senza preoccuparsi di combattere le democrazie illiberali (come l’Ungheria). La destra, anche quella italiana, usa dunque Musk come una foglia di fico, utile a dimostrare di essere un argine contro i nemici della libertà.

 

Ma la verità è che fino a quando la destra continuerà a difendere la libertà a metà, spacciando la libertà di non essere di sinistra come il massimo della difesa della libertà, non farà altro che alimentare un’altra forma di ambiguità destinata a sua volta ad alimentare l’idea che la destra sta alla libertà più o meno come Peppa Pig alla verità. I cinguettii politici del governo Meloni, in fondo, serviranno anche a orientarsi su questo fronte, e ci aiuteranno a capire fino a che punto la difesa della libertà diventa magicamente un modo per dare agli estremisti la possibilità di esercitare liberamente la propria professione di estremisti.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.