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A che punto siamo, davvero, con il Covid, fuor di retorica (dati alla mano)

Marianna Rizzini

I vaccini, la mortalità, le restrizioni, le parole di Giorgia Meloni e quelle di Sergio Mattarella. Parla l'immunologo Sergio Abrignani

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A che punto siamo, rispetto al Covid? In questi giorni si è sentito dire, da parte della neo-premier Meloni, che “l’Italia ha adottato le misure più restrittive dell’intero Occidente; nonostante questo, è tra gli stati che hanno registrato i peggiori dati in termini di mortalità e contagi” e, da parte del ministro della Salute Orazio Schillaci, che “oggi il Covid è diverso”, e quindi si andrà verso “una maggiore liberalizzazione”. Ieri però il presidente  Sergio Mattarella ha invitato a tenere alta la guardia: “Non possiamo ancora proclamare la vittoria finale sul Covid. Dobbiamo ancora far uso di responsabilità e precauzione”.

  

I dubbi si affollano nella mente dei cittadini. Chiediamo aiuto al professor Sergio Abrignani, immunologo, già membro del Cts in epoca draghiana. “Partiamo da un’osservazione”, dice Abrignani: “Senza il primo lockdown del 2020, avremmo avuto un numero di morti molto più alto, di fronte a un virus ancora sconosciuto. Non si poteva fare diversamente. Quanto alle restrizioni del 2021, quelle dei colori, venivano stabilite sulla base di dati clinici: il numero di infezioni,  di ospedalizzazioni e di ricoveri in terapia intensiva. Misure identiche sono state adottate in tutti i maggiori paesi europei, Germania, Francia, Olanda, Austria, Spagna. Le restrizioni sono servite a contenere la circolazione del virus in periodi di picco dell’infezione, quando le vaccinazioni erano appena iniziate”.

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Anche il green pass è stato adottato dai maggiori paesi europei, e, come evidenzia uno studio riassunto su Nature (607:24, 2022), dice Abrignani, “in Francia ha evitato circa 4000 morti, e più di 1000 in Italia e Germania, e ha creato le condizioni per un aumento del Pil, in questi paesi, tra lo 0,3 e lo 0,6 per cento. In Francia, inoltre, ha permesso di evitare il lockdown totale”. E la mortalità? Abrignani cita uno studio della piu autorevole banca dati Covid, il John Hopkins Coronavirus Resource Center: “Percentualmente, gli Usa, il Canada, la Spagna e la Svezia hanno avuto più morti per casi di Covid confermati dell’Italia; mentre la Germania e la Francia meno di noi, ma siamo nella media dell’Occidente”.

  

Ora facciamo tutto quello che facevamo prima del Covid, fatta eccezione per le mascherine in ospedale. “Riguardo l’uso delle mascherine negli ospedali, dove per definizione si concentrano malati e fragili, ricordo”, dice l’immunologo “che le mascherine riducono il rischio di infezione del 54 per cento, e se si usa bene la Ffp2 fino all’80 per cento (dati riassunti sul Nyt del 21/09/2021)”.

   

Ma il punto, dice Abrignani, è un altro: “E’ vero che il Covid è cambiato, che è meno letale, anche se ancora molto mortale (40.000 italiani morti nei primi 9 mesi del 2022 e parliamo di eccesso di mortalità complessiva), vista l’alta infettività, ma la verità è che siamo cambiati tanto noi: ora accettiamo il rischio di un relativamente alto numero di morti (il 7 per cento circa del totale dei morti, la terza causa di morte nel nostro paese), a fronte della mancanza di restrizioni. Riguardo i vaccini bisogna dire che hanno evitato decine di  migliaia di morti. All’inizio, con il vaccino basato sul ceppo di Wuhan”, spiega Abrignani, ”e con il virus Wuhan in giro, il vaccino proteggeva benissimo sia dall’infezione (85 per cento circa) sia dalla malattia severa (90 per cento circa). Con la variante Delta la protezione dall’infezione è scesa al 65-70, mentre quella dalla malattia severa è rimasta all’85 per cento. Con Omicron abbiamo una protezione dall’infezione al 30-40 per cento, ma ancora 85 per la malattia severa. Questo perché la protezione dall’infezione dipende dagli anticorpi neutralizzanti che riconoscono solo una piccola e molto variabile  regione della proteina spike, mentre quella dalla malattia severa dipende dai linfociti T che uccidono le cellule infettate e riconoscono tutta la Spike. Vedremo con il nuovo vaccino Omicron se recuperemo la protezione dall’infezione”.

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Rifarebbe tutto, Abrignani: “Tutte le nostre decisioni sono state prese in scienza e coscienza, sulla base delle informazioni disponibili al tempo”.
 

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