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Festa dell'Ottimismo

Landini: “Troppa precarietà. C’è bisogno di una riforma del sistema fiscale”

Il segretario della Cgil ha spiegato all'evento del Foglio le intenzioni per i prossimi mesi e le richieste per il prossimo governo

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Il segretario della Cgil Maurizio Landini è stato intervistato da Salvatore Merlo durante la Festa dell'Ottimismo 2022. Pubblichiamo qui di seguito la conversazione integrale.

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Salvatore Merlo: Oggi giurava il nuovo governo, mi chiedevo: è un governo il cui presidente del Consiglio ha una storia... è il postfascismo italiano. Questo è un problema, è una pregiudiziale per la Cgil che è antifascista per statuto?

Maurizio Landini: Anche il nostro paese è antifascista, credo che la presidente del Consiglio abbia giurato sulla Costituzione, la nostra Costituzione nata dalla Resistenza che ha sconfitto il fascismo. E’ quella a cui tutti fanno riferimento.  Meloni ha vinto le elezioni, la coalizione di destra con cui si è presentata ha vinto le elezioni. Non abbiamo pregiudiziali su questo governo e lo giudicheremo per quello che farà. Chiediamo a questo governo, nella situazione difficilissima che il nostro paese sta vivendo, un rinnovamento del mondo del lavoro.  Bisogna affrontare i problemi che esistono a partire dal fatto che una parte del nostro paese oggi non arriva alla fine del mese e questa è una situazione davvero drammatica. Del resto stiamo facendo i conti con delle elezioni in cui il 40 per cento dei cittadini ha deciso di non andare a votare. Non era mai successo nella storia democratica della nostra Repubblica e io credo che questo sia un segno della crisi della democrazia:  c’è chi non si sente rappresentato e ha bisogno di trovare risposte, perché in genere coloro che non vanno a votare sono proprio quelli che stanno peggio e stanno vivendo le diseguaglianze che in questi anni purtroppo sono aumentate.

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Che cosa si aspetta nell’immediato il sindacato dal governo appena insediato?

Vista quell’emergenza, visto che più della metà di questo paese non arriva alla fine del mese, io mi aspetto che ci sia un intervento sulla questione delle bollette, che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese. Abbiamo chiesto al governo precedente e chiederemo anche a questo governo che c’è bisogno di andare a prendere i soldi dove sono, e in qualche caso questo significa intervenire sui tanti profitti che sono stati realizzati proprio in questa fase, per sostenere le famiglie e il sistema delle imprese. Poi credo ci siano altre due questioni da affrontare: una che c’è troppa precarietà nel nostro paese nel lavoro e l’altra che c’è bisogno di una seria riforma fiscale in grado di aumentare i redditi da lavoro.

Stamattina il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, rispondendo a una domanda a proposito dell’inflazione, ha ribadito che secondo lui “vanno abbassate le tasse sul lavoro dipendente”. Io avevo chiesto al presidente di Confindustria se per caso questa esplosione dell’inflazione non dovesse determinare la necessità di siglare nuovi contratti nazionali. Qual è l’opinione del sindacato? 

Il sindacato pensa che i contratti vanno rinnovati. Ce ne sono alcuni che sono otto anni che non sono rinnovati, penso alle guardie giurate, penso a tanti altri settori che da anni non hanno rinnovati i contratti: anche il prossimo anno ce ne saranno parecchi in scadenza e io penso che devono essere rinnovati legandoli all’inflazione reale e non ad altri criteri, perché vorrebbe dire programmare una riduzione dei salari. Dall’altra parte noi abbiamo avanzato una proposta ai governi precedenti, insieme a Cisl e Uil: una piattaforma unitaria in cui poniamo un problema di riforma complessiva del sistema fiscale, e non so se il presidente Bonomi pensa la stessa cosa che pensiamo noi. 

Noi pensiamo che bisogna ridurre la tassazione sul reddito da lavoro dipendente e sulle pensioni. La cosiddetta riduzione del cuneo fiscale, per quello che ci riguarda, deve andare totalmente a beneficio dei lavoratori dipendenti. Abbiamo avanzato proposte per aumentare il loro netto in busta paga, e pensiamo pure che ci sia da fare una vera lotta all’evasione fiscale per recuperare risorse, perché bisogna investire anche sul settore della sanità pubblica, della scuola. Quando dico che c’è troppa precarietà, lo dico perché ci sono troppe forme assurde di lavoro precario. La situazione in cui ci troviamo determina il fatto che ci sono molte persone che pur lavorando sono povere. Siamo il paese che in Europa ha il carico fiscale più alto e i salari più bassi e credo che questo non sia più accettabile, anzi, credo che  sia un problema per la crescita del nostro paese anche nella logica di una ripresa dei consumi.

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Vuole condividere con noi un giudizio sul nuovo ministro del Lavoro, la dottoressa Marina Calderone? L’ha mai incontrata in precedenza, che ne pensa?

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Personalmente non l’ho incontrata e quindi la dovrò conoscere. Io non do giudizi sui singoli componenti del governo, non li ho mai dati e non intendo darli e non capisco perché li dovrei dare. Noi giudichiamo i ministri e il governo per quello che concretamente fanno; dopodiché, come vi ho detto, noi abbiamo avanzato una serie di richieste di riforme perché questo paese ha bisogno di riforme, dalla riforma fiscale alla riforma del mercato del lavoro perché c’è troppa precarietà, alla riforma del sistema pensionistico, solo per citare tre temi che appaiono abbastanza urgenti. Noi ci presenteremo con queste proposte, chi dovrà decidere che cosa fare è il governo. Il governo deve decidere se per fare queste riforme intende confrontarsi e trattare con le organizzazioni sindacali e quindi con il mondo del lavoro o se invece pensa semplicemente, avendo una maggioranza in Parlamento, di prendere delle decisioni senza confrontarsi con le parti sociali. Questa è una scelta che spetta al governo. Io credo che le riforme vere devono essere fatte non contro il mondo del lavoro, ma insieme al mondo del lavoro. Noi viviamo, insisto, una situazione difficilissima, in cui stiamo sommando i problemi di aver avuto una pandemia con i problemi di una guerra e dobbiamo affrontare anche i problemi che riguardano i ritardi delle politiche industriali del nostro Paese, perché per creare lavoro c’è bisogno di fare investimenti e di fare scelte strategiche che finora non sono state fatte.  Tutto ciò non può essere lasciato fare semplicemente al mercato e all’impresa, ma c’è bisogno anche di un indirizzo pubblico, e c’è bisogno che abbiano un ruolo anche i lavoratori e le lavoratrici. Quindi mi auguro che il governo abbia intenzione di sviluppare questo confronto. Ripeto: noi abbiamo proposte e lo rivendichiamo, dopodiché valuteremo concretamente quello che succederà.

Segretario, lei faceva riferimento prima alla riforma delle pensioni. Ci sono in questa maggioranza due proposte, due idee; forse non perfettamente compatibili di riforma delle pensioni. Una la esprime il presidente del Consiglio o comunque il partito del presidente del Consiglio, Fratelli d’Italia; l’altra è la più nota quota 41 della Lega. Tra le due, lei quale preferisce?

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Come ho detto, noi abbiamo presentato una piattaforma al governo insieme a Cisl e Uil, ed è una piattaforma che chiede una revisione complessiva della cosiddetta legge Fornero. Quindi sarà il governo che ci dovrà dire cosa pensa della nostra proposta di riforma perché per noi il problema non è semplicemente stabilire una quota, per noi c’è un problema che riguarda le nuove generazioni che con un sistema puramente contributivo e con i livelli di precarietà che ci sono adesso rischiano di essere precari quando lavorano e di non avere poi una pensione. Abbiamo avanzato la proposta di un sistema che chiamiamo “pensione di garanzia”, per i giovani e per chi ha forme di lavoro precario. C’è un problema che riguarda l’introdurre un sistema di flessibilità d’uscita: noi diciamo che da 62 anni le persone, in base ai contributi che hanno versato, devono poter scegliere di uscire. Diciamo che chi ha 41 anni di contributi deve poter andare in pensione a prescindere dall’età anagrafica. E soprattutto diciamo che i lavori non sono tutti uguali; che siccome l’aspettativa di vita è diversa a seconda del lavoro che fai, questo principio deve essere introdotto, e ciò significa riconoscere che chi fa lavori più disagiati, chi lavora di notte, chi lavora in fonderia, chi fa lavori manuali molto più pesanti debba avere delle condizioni di pensione diverse dagli altri. Poi c’è un tema più generale che riguarda le donne, perché questa riforma che ha fatto regole uguali per tutti ha penalizzato le donne, oltre che i giovani. Bisogna riconoscere anche queste differenze di genere dentro a un sistema pensionistico complessivo. Quindi, come vede, non si tratta di un singolo intervento: c’è una riforma complessiva da fare, e insisto, non si può continuare ad avere una disoccupazione e una precarietà nel lavoro come c’è adesso, perché il punto centrale per avere anche un futuro di pensione è aumentare l’occupazione e garantire alle persone dei rapporti di lavoro che siano stabili. Noi chiediamo che vengano cancellate forme di lavoro assurde che sono state introdotte in questi ultimi dieci-quindici anni e pensiamo che l’ingresso al lavoro debba essere fatto introducendo un unico contratto di inserimento al lavoro fondato sulla formazione, penserei a un contratto unico di inserimento che abbia al centro la formazione, che abbia l’obiettivo di stabilizzare sostanzialmente le persone. Allo stesso tempo questo vuol dire garantire una serie di diritti comuni a tutte le forme di lavoro, non è che una partita Iva o una forma di lavoro autonomo devono avere diritti diversi dal lavoro subordinato in senso generale, quindi noi pensiamo che ci sia bisogno di un ragionamento complessivo. C’è la nostra piattaforma con delle proposte precise, dovrà essere il governo a dirci che cosa ne pensa, non noi cosa pensiamo di un punto, di un partito. Il governo dovrà scegliere, e ci auguriamo che sia possibile avviare una trattativa seria. Così come sulla riforma fiscale, sulla necessità di cambiare il mercato del lavoro, di ridurre la precarietà e di rinnovare i contratti in uno schema che in prospettiva vada verso una legge sulla rappresentanza che dia valore generale ai contratti nazionali e verso quel salario minimo che la stessa Europa ci chiede.

Tutto questo si può fare parlando e collaborando con la Confindustria. Negli ultimi anni non c’è stato molto dialogo fra voi e gli industriali, o sbaglio?

Per sua natura l’obiettivo del sindacato è fare degli accordi, dei contratti, noi non siamo in Parlamento, noi non siamo quelli che possono fare le leggi. Noi possiamo fare degli accordi che migliorino la condizione di chi lavora. Quindi noi siamo sempre aperti al dialogo e al confronto e ricerchiamo degli accordi, ma gli accordi devono essere elementi che mediano tra diverse posizioni, non semplicemente di adesione a scelte di altri. Per quello che riguarda i rapporti con Confindustria, in questi anni nonostante la pandemia sono stati rinnovati anche molti contratti in modo positivo. Penso al contratto degli alimentaristi, dei chimici, dei metalmeccanici, delle telecomunicazioni, quindi in questi anni c’è stata, nonostante la pandemia e la crisi, la capacità di rinnovare parecchi contratti nazionali. Oggi penso che siamo di fronte a un passaggio nuovo, quello che vi ho detto prima: i salari in Italia sono bassi e c’è troppa precarietà e questo è un tema che siamo pronti a discutere anche con Confindustria, se fosse disponibile, e allo stesso tempo credo ci sia un problema che riguarda l’energia. Oltre a gestire la situazione d’emergenza che stiamo vivendo credo che sia il momento di fare delle scelte di politica industriale in cui l’autonomia energetica nel nostro paese la costruisci investendo sulle fonti rinnovabili su cui siamo in grave ritardo e su cui, invece, abbiamo bisogno di costruire sia le filiere produttive che possono creare occupazione sia quell’autonomia di cui abbiamo bisogno. Anche perché quello che sta cambiando è proprio il sistema manifatturiero, l’idea stessa dei prodotti e noi abbiamo bisogno su questo versante di recuperare i gravi ritardi che in questi anni si sono determinati.

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