L'affaire presidenzialismo

Veto Mattarella. La paura del centrodestra di vedersi bocciare la lista dei ministri

Carmelo Caruso

Dietro l'uscita di Silvio Berlusconi l'angoscia dell'atteso confronto con il presidente della Repubblica. Nel caso di riforma semipresidenziale sarebbe lo stesso Mattarella a lasciare

Roma. Ci sono due modi per minacciare il nostro presidente della Repubblica. Il primo è chiedere l’impeachment. Il secondo è invocare il semipresidenzialismo, “esautorarlo” con la promessa della grande riforma. La frase pronunciata da Silvio Berlusconi (“Se passa il presidenzialismo, Mattarella si deve dimettere”) potrebbe avere un altro scopo. Sarebbe una sorta di “intimidazione a futura memoria”. E’ vero che Mattarella, solitamente, di fronte alle stupidaggini “alza le spalle”, e quella pronunciata da Berlusconi è chiaramente una stupidaggine, anzi, qualcuno ci ha visto perfino del “dolo”, il tentativo di sabotare Giorgia Meloni. Ma questa volta è diverso. Dietro quelle parole si nasconderebbe la fragilità di una coalizione che viene già percepita come   invincibile anche grazie alle divisioni dell’altro fronte. La vittoria viene data per scontata così come viene data per certa “la variabile Mattarella”. Si tratta del veto presidenziale sui ministri che FdI, Lega, Forza Italia vorrebbero indicare. E’ quanto accaduto in passato con Paolo Savona. Mattarella si oppose. Si teme che il presidente possa farlo nuovamente. Ci sono caselle ministeriali, come Economia, Interno, Esteri, che il centrodestra sa già dovrà “negoziare” con il Quirinale e si prevedono i suoi “aggiustamenti”. Mattarella si trova in questo momento ad Alghero. E’ in compagnia dei suoi cari.


E’ stato imprudente, è stato stupido, per il centrodestra si rivelerà pericoloso. Non si può attribuire allo staff presidenziale, ma si può benissimo scrivere che al Quirinale hanno notato un fenomeno evidente. La frase di Berlusconi è stata rilanciata, sui social, dalle squadracce,  quel “percolato” no vax, putiniano, insomma, i felloni d’Italia. E davvero non serviva Berlusconi. Non era infatti necessario suggerire qualcosa che Mattarella farebbe subito dopo un’eventuale approvazione della riforma. Chi ha studiato il suo settennato è convinto che di fronte a una modifica  come il semipresidenzialismo, qualora, si realizzasse, sarebbe lo stesso Mattarella a uscire di scena. Si dimetterebbe. Il tema sollevato da Berlusconi non può tuttavia essere derubricato a una battuta infelice. Incrociando voci, fonti, che permettono di ricostruire un pensiero che non è quello del Quirinale, ma  il più fedele possibile, si evince che il tema deve essere affrontato dalla leader della coalizione. I rapporti fra Mattarella e Meloni sono definiti “civili”. Il presidente le ha manifestato solidarietà, personale, in occasione di uno dei tanti attacchi che la Meloni ha ricevuto. E’ anche vero che la proposta del semipresidenzialismo è stata formulata dalla stessa Meloni in Aula ed è stata bocciata.

 

Stefano Ceccanti, deputato del Pd e costituzionalista, nella sua replica, mesi fa, ha spiegato che la riforma richiederebbe una revisione organica della seconda parte della Costituzione perché “non è come cambiare un ingranaggio all’orologio, ma è cambiare l’orologio”. Nelle ultime interviste, la leader di FdI ha evitato di forzare. Ecco perché c’è chi parla di “dolo” e chi invece suggerisce che la frase di Berlusconi servisse a sgretolare quello che già si pensa sarà un muro altissimo. Ha svolto la funzione del “guastatore”. Quando Mattarella ha lasciato Roma era chiaramente preoccupato per la caduta del governo Draghi e “sbigottito” per la grande rimozione del Pnrr. Gli insulti dei partiti stanno già coprendo questa “grazia ricevuta”. Al Quirinale dicono che si sta per entrare nelle “acque dell’incertezza”. Draghi fuori, Mattarella messo in discussione. Resta solo il Papa, e pure lui non è così più sicuro di restare.
 

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio