La strategia del premier

Il metodo Draghi nelle nomine: rimuovere tutti gli uomini riconducibili a D'Alema

Valerio Valentini

C’è chi parla di risentimenti, di un puntiglio di Draghi nel vendicarsi di chi avrebbe ostacolato la sua ascesa al Quirinale. E chi parla di un riassetto della bussola strategica: di un rinnegamento dell’apertura alla Cina che l’ex premier rappresenterebbe

L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Rodolfo Errore. Il prossimo, già da tempo in cima alla lista, sarà Domenico Arcuri. Insomma c’è della scientificità, in questo apparente accanimento. Rimuovere dai posti di comando tutti gli uomini riconducibili a Massimo D’Alema. Nel “metodo Draghi” sulle nomine c’è anche questo: nel ridefinire la mappa del potere nelle grandi o piccole partecipate di stato, la rimozione dei “baffetto boys”, come qualcuno li chiama tra il Mef e Palazzo Chigi, è una costante. La scorsa settimana Sace ha visto la rimozione del presidente, Errore, e dell’ad, Pierfrancesco Latini. Ufficiale di ferro il primo, soldato di complemento il secondo nella folta truppa di riservisti della Repubblica al servizio dell’ex premier, erano stati nominati nel 2019 da Roberto Gualtieri, dalemiano pure lui, manco a dirlo. Era l’epoca del BisConte, quella: e il Conte Max si divertiva da matti a suggerire, indirizzare, condizionare le scelte del premier e dei suoi ministri. Anche l’ad di Invitalia fu scelto come commissario straordinario per la lotta al Covid, con gli onori e il clamore che ne seguì, non senza il beneplacito di D’Alema.
 

Con Draghi è cambiato tutto. Rimosso Errore, in avviso di sfratto Arcuri, e non solo. Perché anche dietro la mancata promozione, e anzi la bocciatura, di Giuseppe Giordo in Fincantieri, e anche dietro l’oscurarsi della stella di Donato Iacovone, presidente di Webuild, pare ci sia una pregiudiziale antidalemiana. C’è chi parla di risentimenti, di un puntiglio di Draghi nel vendicarsi di chi avrebbe ostacolato la sua ascesa al Quirinale. E chi – specie dalle parti di Via Veneto, sponda americana – parla più che altro di un riassetto della bussola strategica: di un rinnegamento non tanto del D’Alema in sé, ma dell’apertura alla Cina che l’ex premier rappresenterebbe. Il friendshoring, quel rafforzamento della collaborazione economica sull’asse euroatlantico, impone i suoi sacrifici. I sacrificati capiranno, che non è una questione personale. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.