(foto di Ansa)

Il gioco delle coppie

Meloni&Letta, di qua. Salvini&Conte, di là. Il tentativo doppio di archiviare il populismo

Salvatore Merlo

La politica italiana si va ristrutturando intorno a due coppie distinte di avversari. Enrico Letta parla con Giorgia Meloni, mentre Matteo Salvini preferisce Giuseppe Conte. Opposti che si attraggono da una parte, un po' di confusione dall'altra

E’ un gruppetto di avversari dall’aria intima e cooperativa, e basta osservarli tutti insieme per avere una prefigurazione neanche troppo vaga del futuro. Ecco dunque Enrico Letta e Giorgia Meloni, i prossimi compatibili nemici d’Italia, da una parte, ed ecco Matteo Salvini e Giuseppe Conte, i suonatori del piffero populista, dall’altra. Il quadro è forse surrealista, di quelli che insomma possono far incrociare gli occhi e confondere. In apparenza. Letta è infatti alleato di Conte, ma è con Meloni che si prepara a ridefinire i confini della politica italiana secondo schemi più classici, per non dire cartesiani. Lontani, eppure vicini, il segretario del Pd e la leader di Fratelli d’Italia si ritrovano nel linguaggio, nella grammatica, in quelle cose che un tempo erano ovvie e poi però non lo sono state più: l’occidente, la democrazia liberale, la destra e la sinistra come alternative, sì, ma all’interno di un sistema di coordinate politiche condivise.

 

E allora Meloni, che è alleata di Salvini, è invece con Letta che dialoga ben sapendo che il reciproco punzecchiarsi è una reciproca legittimazione che equivale all’oscuramento degli altri. Ovvero di Conte, che è alleato di Letta, sì, ma sempre più spesso si trova al fianco i Salvini, e infine di Salvini che è alleato di Meloni ma è con Conte che scopre la comune passione per il pacifismo filorusso, per Marine Le Pen, per lo stare al governo ma anche all’opposizione. Quel modo di condursi, tra capriole e sparate a quota himalayana, che nel 2018 venne tragicamente battezzato da Lega e M5s come “il cambiamento”. (Merlo segue nell’inserto IV).

 

E “il cambiamento”, come nella canzone di Venditti, non finisce. Anzi, a volte fa dei giri immensi e poi ritorna. Eccoli infatti, Conte e Salvini, che dispongono i loro attrezzi di allegri intrattenitori intorno al governo di Mario Draghi, che pure appoggiano. Basta osservarli.  Lo appoggiano ma lo contestano. Sono dentro ma sono anche fuori, strillano ma non vogliono sconquassi, proprio come quando governavano l’Italia insieme, guidandola con una mano sola. E a quei tempi ogni giorno gareggiavano a chi la sparava più grossa, mentre sotto il fumo degli annunci roboanti – l’abolizione della povertà e la Via della seta con la Cina, i viaggi a Mosca e la crisi diplomatica con la Francia – bruciava l’arrosto dell’improvvisazione e del caos. Come scordarlo? Il cigno nero, il piano B, i minibot, l’uscita dall’euro, il Venezuela, Borghi, Bagnai e Casalino...

 

Una Repubblica di bulli, stravaganti e social influencer. Ebbene la musica è esattamente la stessa di ieri, né più né meno: il circo di Nino Rota. Non si può infatti guarire da se stessi. O meglio, come dicono in Sicilia, chi nasce tondo non muore quadrato. Dunque oggi, come nel 2018, ecco Salvini sempre afflitto dall’ansia dell’esistere, eccolo che sbombarda sulle tasse e sulle “tasche degli italiani” che in realtà nessuno vuole toccare, mentre Conte, suo gemello, quelle stesse tasche le vuole riempire (ovviamente di parole) e quindi anziché immaginare sviluppo e ricchezza diffusa, pretende dei bonus “gratuiti gratuitamente” per il popolo. Poi, insieme, dopo aver tentato pochi mesi fa la presa del Quirinale con la bislacca candidatura notturna della signora Belloni, eccoli ancora sottobraccio  (guarda un po’) contro l’invio delle armi a difesa dell’Ucraina e al fianco di Marine Le Pen che considerano l’ultima trincea salda del declinante populismo mondiale.

 

“Sicuramente siamo anche noi molto sensibili a dei temi che sono stati posti dalla Le Pen”, ha detto Conte. Insomma è inevitabile, quasi per ragioni fisiche, per non dire gravitazionali, che Salvini e Conte si trovino l’uno al fianco dell’altro, i sopravvissuti di quella sfortunata impresa pirotecnica che lo scrittore Mauro Corona aveva tentato di salvare tre anni fa quando, al Vinitaly, suggerì a Lega e M5s la soluzione a tutti i problemi: la sbornia. Non si può dire che non l’abbiano ascoltato. Ma poiché l’ordine è il più grande istinto che ci sia, poiché è un’esigenza primaria della politica e poiché in definitiva le cose senza senso durano poco,  ecco che alla sbrigliata coppia di avversari del “cambiamento” si contrappone ora – per restare nel linguaggio populista – la geometrica coppia di avversari della “restaurazione”. Letta&Meloni contro Conte&Salvini, insomma. La destra e la sinistra come devono essere. Lo stato solido della politica contrapposto alle nuvole di gas.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.