lo strano caso

Le 48 ore che sconvolsero la scuola. L'autodifesa del ministero dell'Istruzione

Il ministro Bianchi non dichiara nulla, il sottosegretario Sasso dice di "aver sollecitato speso i presìdi sanitari"

Marianna Rizzini

Per Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi, "le scuole sono l'unico contesto che ha sempre retto, anche assumendosi responsabilità altrui". E punta il dito: "Il vero problema è di credibilità". Intanto il 2,6 per cento delle classi primarie e l'1,4 delle secondarie sono in Dad

Il giorno dopo quello che ormai viene chiamato “il dietrofront sulla scuola” le domande girano nell’aria: dov’è stato l’errore, nelle quarantotto ore che hanno sconvolto il già provato panorama degli istituti alle prese con l’ennesima ondata Covid, visto il susseguirsi di circolari che prima preannunciavano il ritorno alla Dad con un solo positivo per classe e poi ribadivano che no, i positivi devono essere due o tre, a seconda dell’età e come previsto dalle direttive d’inizio novembre, quelle che prevedevano la sorveglianza con testing fino a tre positivi per classe? E ci si domandava se il problema risiedesse nelle scuole stesse o a monte, e cioè nelle stanze del ministero dell’Istruzione. O se piuttosto la causa del testa-coda si annidasse in un’interpretazione restrittiva dei dati e nelle sacche del dialogo tra ministri dell’Istruzione e della Salute e di questi con i colleghi, vista la presa di posizione di martedì sera del premier Mario Draghi e del commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, che, dopo la revoca della circolare e dopo aver ribadito la priorità della scuola in presenza, annunciavano un piano d’intervento per il tracciamento nelle scuole.

E insomma nel mirino dei nemici della Dad, ma sottotraccia, finiva da un lato l’Istruzione, considerata troppo poco sollecita nel segnalare per tempo le problematiche emerse, e dall’altro la Salute, considerata al contrario troppo interventista. E ieri il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi non dichiarava nulla, ma dagli ambienti del ministero filtrava perplessità sulle accuse: la criticità è nel sovraccarico delle Asl, era la linea. E nel pomeriggio il sottosegretario Rossano Sasso si diceva “personalmente impegnato” a risolvere il problema, dal rinnovo contratti del personale Covid all’acquisto degli areatori all’apertura delle finestre in classe.

“Era evidente che non si poteva stare al passo con il tracciamento, ho sollecitato spesso i presìdi sanitari”, diceva Sasso. Ma l’accusa restava nell’aria: troppa debolezza? Poca sollecitudine? E se il ministero continuava a difendersi, il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli, interpellato da questo giornale, difendeva invece le scuole, “unico contesto che ha sempre funzionato e retto, anche assumendosi responsabilità altrui”. Per Giannelli il motivo del testa-coda “potrebbe risiedere in un non efficace coordinamento nell’esecutivo”.

Quanto alla soluzione prospettata da Figliuolo per dare respiro alle Asl, con l’impiego degli undici laboratori della Difesa nelle Regioni, in grado di processare tamponi molecolari rapidi effettuati a domicilio da team mobili militari, per Giannelli “già nelle ultime settimane” si è evidenziata “la carenza di risorse umane e organizzative delle Asl: ora auspichiamo maggiore collaborazione e che la struttura commissariale accompagni al meglio l’azione dei dirigenti scolastici che, sino a ora, in molte situazioni hanno dovuto gestire i casi di contagio senza indicazioni tempestive e chiare da parte dei dipartimenti di prevenzione. I problemi si superano, i dirigenti sono abituati ad affrontarli. Il vero problema è di credibilità e di assenza di un quadro di certezza che possa accompagnare le scuole in un frangente così delicato”. Ma anche per colmare il gap di credibilità il tempo stringe, visti i dati. L’altra sottosegretaria all’Istruzione Barbara Floridia ieri li forniva: 2,6 per cento di classi della scuola primaria in Dad e 1,4 per cento di quelle della scuola secondaria. E anche se Sasso ribadisce “priorità alla Dad”, le 48 ore di passione sulle circolari chiedono ora la prova dei fatti. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.