Enrico Letta (foto LaPresse)

L'antifascismo a giorni alterni del Pd: da Durigon alla festa dell'Unità di Bologna

Ruggiero Montenegro

L'oppurtunismo dem: chiedono le dimissioni del sottosegretario leghista e invitano alla loro manifestazione Galeazzo Bignami, deputato vicino a Meloni e noto per una foto in tenuta nazista. Questa mattina il dietrofront di Letta, ma solo dopo le polemiche della sinistra locale

Galeazzo Bignami non è il benvenuto alla festa dell'Unità di Bologna: il dietrofront è arrivato questa mattina, per volere del segretario del Pd, proprio nel giorno in cui nel Consiglio dei ministri che si terrà questo pomeriggio, potrebbero esserci all'ordine del giorno le dimissioni del sottosegretario leghista Claudio Durigon, di cui i dem chiedono la testa per aver proposto durante un comizio leghista a Latina di intitolare ad Arnaldo Mussolini, fratello di Benito,  il parco che oggi porta il nome di Falcone e Borsellino. Come confermano fonti del Nazareno, pare che Enrico Letta si sia mosso personalmente per stoppare la partecipazione del deputato di Fratelli d'Italia al dibattito dal titolo “Curare e rafforzare la democrazia. Le riforme possibili”, in programma giovedì 9 settembre nella sala Nilde Iotti del Parco Nord, che ospita da oggi la consueta festa Dem.

 

Motivo dello scandalo? Galeazzo Bignami, oggi considerato braccio destro di Giorgia Meloni a Bologna, è salito alla ribalta delle cronache nazionali 5 anni fa per una foto che lo ritraeva in tenuta nazista, camicia nera e svastica al braccio: “Una goliardata per il mio addio al celibato”, si era difeso ai tempi l'esponente di FdI. Ieri questi fatti sono tornati d'attualità, sulla scia delle polemiche sollevate dalla sinistra bolognese: “Forse il Pd ha bisogno di confrontarsi con forze di destra per apparire di sinistra, temendo il confronto con chi di sinistra lo è realmente”, ha attaccato in un post Fb Dora Palumbo, consigliera comunale in quota Sinistra Unita per Bologna. Nelle stesse ore anche la sardina Mattia Santori, fresco candidato nelle liste Pd in vista delle amministrative di ottobre, aveva criticato la presenza di Bignami alla Festa dell'Unità chiedendosi "fino a che punto si possa allargare il concetto di unità a un esponente di Fratelli d'Italia che un anno fa insieme a Marco Lisei (consigliere regionale dell'Emilia Romagna di FdI), pubblicava una diretta Facebook in cui inquadrava i nomi e i cognomi dei cittadini stranieri residenti nelle case popolari di Bologna"

 

Di qui il ripensamento di questa mattina, nonostante ancora ieri sera lo stesso Pd avesse provato a difendersi, rimpallando le responsabilità verso il partito di Giorgia Meloni: "Alla Festa nazionale dell'Unità abbiamo organizzato un dibattito sui temi istituzionali con tutte le principali forze parlamentari. A ciascuna abbiamo chiesto il nome di un relatore che potesse discutere sul tema con i referenti di tutti i partiti. Fratelli d'Italia ha dato il nome di Bignami”.

Ma più che sulle singole responsabilità e sull'oppurtunità di invitare (o meno) un personaggio di questo tenore alla festa di un partito che si vuole di sinistra, la vicenda rivela probabilmente un altro aspetto. Il cortocircuito di un partito che da giorni è attivissimo nel chiedere le dimissioni di Durigon - “L'apologia di fascismo è incompatibile con il ruolo di sottosegretario e, dunque, con la sua presenza al Governo”, le ultime dichiarazioni di Enrico Letta sul tema – salvo poi non accorgersi del programma delle feste dell'Unità o degli apparentamenti politici a livello locale. Tant'è che viene da chiedersi fino a che punto certe posizioni tenute dai dem siano autenticamente antifasciste e quanto siano invece frutto dell'opportunismo o del calcolo politico, che oggi offre l'occasione di estromettere un pezzo da novanta della Lega dall'esecutivo.

Solo qualche settimana fa era emerso infatti il caso del sindaco di Nardò Pippì Mellone, considerato vicino alle posizioni di CasaPound, che aveva ricevuto l'endorsement dal presidente della regione Michele Emiliano per le prossime comunali. Quella volta il senatore salentino Dario Stefàno aveva annunciato “L'autosospensione dal Pd, in attesa di un chiarimento non più rinviabile e che, mi auguro, possa avvenire il più presto possibile”. Un chiarimento che però, a quanto pare, non è ancora arrivato.

 

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