Lo scontro

Giorgetti boccia la bozza Orlando sulle delocalizzazioni

Una norma definita "d'autunno" e che ha scatenato Confindustria

Carmelo Caruso

Non è mai arrivata sul tavolo di Mario Draghi a cui non piace questa circolazione di bozze. Il ministro dello Sviluppo economico non l'ha letta e parla di imprudenza da parte della coppia Orlando-Todde: "Così è un pressapoco elettorale"

Al momento rimane un proposito di legge. Non è sul tavolo di Mario Draghi e ha scatenato, si ritiene da Palazzo Chigi, una polemica che non serviva. La bozza antidelocalizzazioni l’hanno vista in due: il ministro Andrea Orlando e la viceministra dello Sviluppo Economico, Alessandra Todde. Giancarlo Giorgetti la definisce così: un pressappoco elettorale.

 

E’ un decreto che il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha già etichettato come “punitivo”  e che illumina qualcosa. E’ un diverso modo, all’interno del governo, di occuparsi dei dossier, un diverso modo di trattare con l’impresa. Cosa pensa il titolare del ministero dello Sviluppo Economico di questa bozza? Pensa che l’Italia non è “il far west”, che le risorse pubbliche andrebbero destinate a quelle imprese che hanno intenzione di investire nelle aree depresse e che dovrebbero farsi carico di nuova formazione.

 

Detto questo, Giorgetti è lontano da qualsiasi logica dell’obbligo e del punire: “Non mi appartiene”. E’ dell’opinione che parlare di legge “per evitare di licenziare su WhatApp”, così come ha fatto la sua viceministra e Orlando, rimanga uno slogan da campagna elettorale. Dirà tutto quello che ha in testa e lo dirà domani al Meeting di Rimini, ma quello che ha in testa è quello che stiamo anticipando. Ritiene che aver scatenato Confindustria, e tanto più averlo fatto su qualcosa che ancora merita approfondimenti, ebbene, non è altro che un segnale di pochezza, imperizia e imprudenza. Il tono è poi scappato a tutti. Orlando, che non ha bisogno di essere difeso, è un ministro del governo e come tale è difeso dal premier. Enrico Letta, che ha preso subito le sue parti, può stare tranquillo. Il suo ministro ha il sostegno di Palazzo Chigi che ritiene si “debba senza dubbio intervenire su una materia tanto importante”. Ma si deve fare con grammatica. E’ così importante che è un tema futuro, un tema che il governo definisce “d’autunno”. Che motivo c’era dunque di propagandare una bozza della bozza? Chi parla con Draghi dice che Draghi non ama questa circolazione di idee. Chi ragiona con il premier spiega che questa bozza non è stata visionata neppure da lui.  L’industria si è sentita aggredita e ha replicato sicuramente con veemenza.

 

Ha ricordato che da mesi si fa una campagna per descriverla come un’accolita di avidi, un’organizzazione che vuole licenziare senza tenere conto degli imprenditori che invece hanno smentito il malaugurio e hanno assunto rischiando.  Una precisazione, innanzitutto. Non è vero che in Italia le aziende possono fare quello che vogliono. Il problema è sempre un altro: tante leggi ma confuse. Esistono norme che i giuslavoristi definiscono infatti norme sparse. Se un lavoro va fatto, e deve essere fatto, sarà quindi di riordino. C’è ad esempio il dl del luglio del 2018 che è poi finito nel decreto Dignità. In sintesi: se un’azienda beneficia di contributi pubblici, e delocalizza entro i primi cinque anni, quel beneficio lo perde. Bisogna tenere conto che un’azienda può delocalizzare anche in Europa (come la si mette allora? L’Europa è delocalizzazione?) e che una multinazionale può anche chiudere uno stabilimento ma tenerne aperti altri (il caso della Whirlpool). In quel caso come la si punisce?

 

Tutto questo per spiegare che un intervento, su cui il governo concorda, merita meno pressapochismo, non merita di finire nell’agenda elettorale. Sia Draghi sia Giorgetti credono che una legge per evitare i licenziamenti per WhatsApp non potrà mai essere raccontata con un tweet. Si sta facendo polemica con qualcosa di molto serio. Orlando ha trovato nella Todde (è un riferimento di Giuseppe Conte tanto da volerla nella sua prossima segreteria) una sponda. Giorgetti sta invece lasciando alla sua viceministra una celebrità di carta stampata ma mentre procede a un riordino ministeriale per tutto ciò che riguarda le crisi industriali su cui vuole un maggiore controllo. E’ la delega della sua viceministra.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio