la babele dell'anpal

Così Orlando pensa a una proroga per i navigator. Ma con Parisi è rottura

Valerio Valentini

Il contratto dei 2.874 navigator scade a fine aprile. Ma il rifinanziamento del progetto suggerisce di prolungare la loro esperienza fino a dicembre: servono 60 milioni. E intanto si guastano i rapporti tra il ministro del Lavoro e il presidente di Anpal, che aizza le regioni contro la sua stessa agenzia

In fondo ha un suo senso, che i figli sopravvivano ai propri genitori. Ma non è per questo che al ministero del Lavoro Andrea Orlando sta pensando di salvaguardare il destino precario dei 2.874 navigator, meditando al contempo di sacrificare quel Mimmo Parisi che di quei navigator si è autodichiarato “papà”.

 

E lui, professore all’Università del Mississippi richiamato in patria per volere di Luigi Di Maio per mostrare le meraviglie della sua app per incrociare domanda e offerta di lavoro, e dunque messo a presiedere l’Agenzia nazionale delle politiche attive (Anpal) agli esordi del governo gialloverde, poi sopravvissuto anche nel BisConte nonostante i rapporti tumultuosi con la ministra grillina Nunzia Catalfo per diretto volere di Palazzo Chigi, ora deve forse aver capito che gli eventi vanno precipitando, e infatti si è dato quasi all’autosabotaggio, se è vero quel che ci raccontano un paio di assessori al Lavoro. E cioè che Parisi, alla vigilia degli incontri che il neo ministro convoca con le regioni, li contatta per indurli a protestare contro le tendenze accentratici dell’Anpal, che sarebbe poi l’agenzia da lui stesso diretta, a discapito dell’autonomia locale.

 

Quanto ai suoi “figli”, neppure di quelli Orlando deve essere entusiasta. Sarà forse l’evidenza dei paradossi legati alla loro esperienza: vengono reclutati, con gran dispiego di fanfare mediatiche, per aiutare i disoccupati a formarsi per trovare un lavoro, finiscono con l’essere coinvolti, loro, in programmi di formazione su come aiutare le persone a trovare lavoro, senza che si sia mai davvero compreso quanti sono i contratti di lavoro attivati grazie al loro impiego. O forse sarà la nuova filosofia del governo Draghi, che con il ministro Renato Brunetta vorrebbe introdurre nella Pa principi rivoluzionari come la mobilità, la valorizzazione delle competenze, la formazione continua. Sta di fatto che in uno dei primi incontri avuti con i vertici del suo ministero, di fronte alle immancabili proteste di Parisi, Orlando ha spiegato che no, “non ho nulla in contrario ai navigator di per sé, ma devo dirle che mi ha sempre perplesso l’idea di affidarsi a delle persone reclutate con un maxi-concorso e spesso senza alcuna formazione pregressa, piuttosto che puntare su gente già qualificata nel settore”.

 

Come che sia, il loro destino parrebbe ora segnato. Perché il loro contratto biennale, essendo stati assoldati in tutta fretta nella primavera del 2019 cosicché Di Maio e soci potessero fare una photo opportunity prima delle elezioni europee, scadrà il 30 aprile prossimo. Ma Orlando ha già stanziato un miliardo nel decreto “Sostegno” per rifinanziare il Reddito di cittadinanza. Perché, come il ministro ha osservato durante la sua audizione di ieri in Senato, è anche grazie a questo strumento di lotta alla povertà che “la crisi sanitaria e la conseguente crisi economica non sono ancora diventate in modo drammatico crisi sociale”. Solo che, per salvare la funzione basica della misura che doveva “abolire la povertà”, e cioè il sostegno al reddito, si finirà col dover prolungare anche quella fantomatica “fase due”, ovvero il potenziamento delle politiche attive, che in verità non è mai partita.

 

E dunque, che fare coi navigator? Si era inizialmente parlato di una ricollocazione. Ma solo una parte di loro, in verità, troverà un nuovo impiego, a tempo indeterminato, nelle nuove agenzie regionali per le politiche attive che si vanno costruendo in questi mesi, con bandi di concorso in cui la disgraziata figliolanza di Parisi potrà avere una sorta di corsia preferenziale. Per gli altri, invece, al ministero del Lavoro pensano a una più banale proroga del contratto, in pieno stile italico: e per questo si sta lavorando a un emendamento al decreto “Sostegno” che dovrà stanziare circa 60 milioni per prolungare la loro esperienza fino a fine anno. Quando magari, nelle pieghe della legge di Bilancio, si provvederà a guadagnare altro tempo. Il tutto, certo, in una logica di umana pietas nei confronti di quasi 3 mila persone, e pazienza dunque se si corre il rischio che l’Anpal, da agenzia per le politiche attive da offrire ai cittadini, si trasforma un po’ in ammortizzatore sociale per i suoi dipendenti. 

 

Ma la bizzarria sta anche  nel fatto che che per Anpal Servizi (cioè il braccio operativo dell’Agenzia da cui, formalmente, sono stipendiati i “navigator”), lavorano – alcuni da più di dieci anni – oltre 400 persone con contratti perennemente precari. Si decise di ignorarli due anni fa perché le esigenze della propaganda imponevano che si creasse questa nuova fantomatica figura del “navigator”. E li si continua a ignorare tuttora. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.