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editoriali

Dpcm, Speranza e il buon senso

L’emergenza resta, le misure sono necessarie. Niente più risse e divisioni

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Il ministro della Salute Roberto Speranza aveva appena finito di dire, alla Camera, che occorre “ritrovare lo spirito di unità di marzo”, che di fronte alla seconda ondata Covid l’Italia non è al sicuro (“sta reggendo meglio di altri, ma non dobbiamo farci illusioni”), che è sbagliato dividersi (“non c’entra la politica, non c’entrano destra e sinistra”), che il centrodestra ha lasciato l’Aula al momento del voto sulla risoluzione di maggioranza, esultando poi per la mancanza del numero legale, come fosse una vittoria politica. Come se le misure per combattere la pandemia fossero una questione del governo, non del paese. Pessima idea che circola anche in altre nazioni, come si sa, ma non è una scusa.

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Il ministro della Salute Roberto Speranza aveva appena finito di dire, alla Camera, che occorre “ritrovare lo spirito di unità di marzo”, che di fronte alla seconda ondata Covid l’Italia non è al sicuro (“sta reggendo meglio di altri, ma non dobbiamo farci illusioni”), che è sbagliato dividersi (“non c’entra la politica, non c’entrano destra e sinistra”), che il centrodestra ha lasciato l’Aula al momento del voto sulla risoluzione di maggioranza, esultando poi per la mancanza del numero legale, come fosse una vittoria politica. Come se le misure per combattere la pandemia fossero una questione del governo, non del paese. Pessima idea che circola anche in altre nazioni, come si sa, ma non è una scusa.

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Eppure l’intervento di Speranza per spiegare il nuovo dpcm, che proroga lo stato d’emergenza, conferma le misure anticontagio e ne introduce altre, è stato lineare, oggettivo. I contagi stanno risalendo in tutto il mondo, “in tutti i paesi c’è inversione di marcia ripristinando misure restrittive”. C’è la conferma dell’obbligo delle mascherine all’aperto, nessuna mannaia sulle aperture dei locali alla sera ma controlli più precisi. Soprattutto, Speranza ha individuato un punto cruciale nella nuova fase: la necessità di un coordinamento più serrato fra stato e regioni, perché “oggi la novità è che non c’è più una dinamica di territorialità, con una parte di paese molto colpito e il resto colpito solo marginalmente”, ma c’è una crescita diffusa e “nessuna regione può sentirsi fuori dai rischi”.

 

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Prorogare lo stato di emergenza al 31 gennaio “è corrispondente alla situazione in cui si trova il paese” il che, anche se il ministro non entra nel merito, significa che il compito di decidere e indirizzare è in capo allo stato, basta risse tra governatori. Gli attuali numeri dei contagiati, in crescita anche se al momento non esponenziale, sono “ad oggi sostenibili per il nostro Ssn”, i protocolli per la scuola dimostrano di funzionare. Ma il virus circola e inoltre l’età media dei casi è scesa a 41 anni. L’emergenza c’è, le misure pure, bisogna applicarle. Non è il momento per giocare ai piccoli Trump.

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