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Intervista

"Riapriremo e non richiuderemo le scuole. E' una promessa". Parla Franco Locatelli

Carmelo Caruso

Sì a test rapidi con saliva, medici negli istituti, lotta ai negazionisti del virus. Conversazione con il presidente del Consiglio Superiore di Sanità

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E se cominciassimo dal chiederle cosa non dobbiamo chiederle? “Sarebbe formidabile”. Vuole provarci? “Mi piacerebbe”. Con il professore Franco Locatelli, il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, sperimentiamo la prima “non” intervista sul covid.

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E se cominciassimo dal chiederle cosa non dobbiamo chiederle? “Sarebbe formidabile”. Vuole provarci? “Mi piacerebbe”. Con il professore Franco Locatelli, il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, sperimentiamo la prima “non” intervista sul covid.

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Cancelliamo dunque le domande format, “professore, ma ci sarà la seconda ondata?”; “professore, il virus ha perso virulenza?”; “professor, quando arriverà il vaccino?” e non gli chiediamo neppure se alla fine ce la faremo a riaprire le scuole ma se alla lunga saremo capaci di non doverle chiudere. “E io vi rispondo che non solo riusciremo a portare gli studenti in classe ma che il nostro impegno per farli rimanere sarà, permettetemi di usare questo aggettivo, immenso. Se abbiamo impiegato tempo, se ci siamo interrogati a lungo sugli obblighi, sui dispositivi, la ragione non era altro che questa. Non serve solo riaprire le scuole, ma è necessario tenerle aperte. Non è una priorità ma è la priorità”.

 

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Scotomizziamo, direbbe Locatelli, tutte quei quesiti “logori” e “consumati” che sono ormai un rito stanco e che hanno finito per intossicare l’informazione e favorire, come rigetto, l’irresponsabilità. La seconda ondata è infatti sempre la stessa onda perché, dice Locatelli, “il virus non è mai cambiato. E ripeto mai. Lo testimoniano i numeri. Nelle prime settimane di luglio eravamo arrivati a 250 nuovi casi mentre adesso siamo quasi a 1700. E’ un dato che ci dice che il virus è sempre quello”.

 

C’è però qualcosa di diverso e riguarda noi. Il professore lo spiega ed è una lezione di parole lente. “Adesso riusciamo a gestire i contagi, abbiamo creato una linea di produzione di mascherine che non avevamo. Oggi riusciamo a produrne trenta milioni al giorno. E’ un risultato ottenuto grazie all’impegno del commissario all’emergenza, Domenico Arcuri. Sento il dovere di ringraziarlo”. Dieci milioni di mascherine al giorno saranno destinate agli istituti scolastici.

  

E per Locatelli sappiamo adesso che alcuni farmaci sono più efficaci di altri. “L’uso di alcuni cortisonici come il desametasone si è rivelato importante. Sappiamo che ci sono malati che possono beneficiare del plasma dei convalescenti. Non pagheremo più il prezzo che abbiamo pagato quando è scoppiata la pandemia”. C’è un’altra arma terapeutica che può aiutarci prima dell’arrivo del vaccino che “dovrà essere a disposizione di tutti i paesi, in maniera indistinta, e che permetterà di eradicare la malattia”. E sentiamo la parola “eradicare”, altra parola “da Locatelli” che suona bellissima perché in questo caso sarebbe la parola successo. L’Italia è protagonista nello studio di anticorpi monoclonali. Non è altro che ingegneria genetica e ci viene in soccorso in questa lotta. “Significa – dice Locatelli – isolare linfociti B capaci di produrre anticorpi che bloccano il virus, selezionarli, moltiplicarli per poi impiegarli nella generazione su larga scala di anticorpi”.

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Ci dice che il Cts sta ragionando seriamente, e dice seriamente, se servirsi di “test rapidi al di là del test rinofaringeo”. E al di là degli appelli, di lettere aperte di virologi, immunologi, epidemiologi, conferma che al Cts la discussione è già in corso da tempo e che l’indirizzo è quello di utilizzare “materiale biologico come la saliva. La strategia è quella di avere alternative ai tamponi classici, alternative che però devono essere valide e rigorose”.

 

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Non si è invece ancora deciso se portare a scuola i medici, ripristinare la figura del medico scolastico di cui Locatelli conserva memoria. C’è un dibattito in corso. “E’ una figura che è scomparsa perché la medicina è evoluta. Oggi è però lampante che una figura medica all’interno degli istituti risulterebbe decisiva. Non vogliamo chiamarlo medico scolastico? Non ho problemi. Chiamiamolo in altro modo ma sarebbe un punto di riferimento”.

 

Non sarebbe solo un riferimento per tutelare gli studenti ma anche quei professori “a rischio”, quasi metà dell’intero corpo docenti. Il riferimento del governo è invece il Cts di cui Locatelli fa naturalmente parte e che viene ormai raccontato dai cospirazionisti come un carbonaro gruppo di potere di professori, una sezione di irriducibili scienziati che vogliono tenerci in stato d’eccezione permanente. E’ vero che siete tutti ottusi e rigidi? E Locatelli intuisce che si parla di tutta quella letteratura sul metro di distanza, la capienza dei bus, i separatori morbidi che a noi giornalisti ha dato da scrivere, materiale perfetto per le giornate a corto di ispirazione. “Quella che maldestramente è definita rigidità non è altro che determinazione. Come si diceva all’inizio dobbiamo fare di tutto, e dico tutto, perché si torni alla didattica frontale, alla scuola come luogo di socializzazione. Le cautele sono dettate da questa pulsione: aiutare il governo, offrire un contributo fruttuoso perché possa decidere nel migliore dei modi”.

  

Ha fatto bene Giuseppe Conte a garantire che l’Italia non ricorrerà a un altro lockdown o è stato più saggio Emmanuel Macron che non lo ha escluso? Lo chiediamo a Locatelli e riceviamo questa risposta: “Condivido pienamente quanto ha dichiarato il premier. Non solo non abbiamo numeri drammatici, non solo il nostro sistema sanitario è adesso preparato. Oggi, malgrado l’incremento dovuto ai flussi di ritorno dalle vacanze, ad alcuni comportamenti imprudenti, l’incidenza del virus rapportata agli abitanti è più bassa di quella registrata in Francia, Spagna, Inghilterra”.

  

Ed è ripartita anche la sanità che con la pandemia ha dovuto cambiare le sue gerarchie. Per il professore sono tornati i “tempi eccellenti che permettevano, prima del covid, di curare cardiopatici, malati oncologici. Anche loro hanno pagato il prezzo dell’epidemia”. La scienza si sta oggi concentrando sugli effetti del virus sul lungo periodo. Sarà la prossima sfida. “Ci sono conseguenze che andranno monitorate. In alcuni pazienti, aggrediti in maniera più grave, il passaggio del virus ha lasciato un residuato, un certo grado di fibrosi. E’ una storia da scrivere. I pazienti guariti andranno monitorati, seguiti attentamente”. Di sicuro, non andranno inseguite le fantasie. Test a tutti? “Fotografano solo un momento”. Bisognerà smontare le false credenze (“aver sviluppato anticorpi al covid non significa aver ottenuto un patentino d’immunità”).

 

E ci sono gli squinternati da non sottovalutare. “Sono i no mask e non sono un problema solo italiano”. Li costringiamo con dpcm ad andare a Bergamo? “Ci sono immagini, e lo dico io che sono bergamasco, che sono ferite nazionali e profonde. Negare il virus è contro ogni logica”. Professore Locatelli, dove vuole trovarsi il prossimo 8 marzo? “In Italia, con un vaccino efficace e disponibile, con una cultura vaccinale che permea il Paese e con un pallido ricordo dei negazionisti”.

 

  

 

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