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La ludica maledizione di Villa Certosa

Salvatore Merlo

E’ sempre stata la casa delle feste e dei guai, per questo Marina vuole venderla

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Ci mancava il Covid. E infatti dicono che Marina, la figlia primogenita, da anni sia una di quelle che in famiglia pensa di venderla, questa villa della Costa Smeralda, magnifica e maledetta, ché troppi guai e pensieri bollenti, già prima del virus, avevano attraversato le sue mura e i suoi cento acri di macchia mediterranea (cinghiali inclusi), guaio dopo guaio. Fu in questa casa che iniziò la storia della bandana, portata fino a Porto Cervo al cospetto di Tony Blair ed esecrata dai giornali britannici, mega villa poi violata dai settemila scatti del fotografo Zappadu, lì dove Sandro Bondi vedeva “famigliole“ vagare, e invece le vagonate di foto raccontavano soprattutto altro, cioè l’adamitismo del premier ceco Topolanek (cui il Cav. aveva prestato la piscina con annessi e connessi), dunque la squadra di numerose “badanti”, le farfalline della Costa Smeralda. Poi arrivarono anche i burlesque di Gianpi, in pratica tutto quell’assetto festaiolo, consolatorio e desiderante, su cui si scatenò l’antiberlusconismo, quando diede origine a una puntata essenziale della nota campagna mediatica e giudiziaria che nel 2013 culminò con l’estromissione del Cavaliere dal Senato. Villa dei pericoli, dunque, che arrivarono sotto forma di Noemi, Tarantini, Macrì e compagnia bella, gran teatro, non a caso ricostruito, ma nel più banale Argentario, da Paolo Sorrentino per ambientare diverse scene del suo film sul Cavaliere. Luogo fatidico, insomma, ancora oggi, perché è qui che Berlusconi ha contratto il virus che ieri lo ha portato al ricovero, con Marina preoccupata e arrabbiata, dicono, ancora una volta, sia con questa casa sia con chi non ha protetto il papà, che per cinque mesi era stato al sicuro in Provenza, con lei. Prima di tornare lì, nella solita villa dei guai.

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Ci mancava il Covid. E infatti dicono che Marina, la figlia primogenita, da anni sia una di quelle che in famiglia pensa di venderla, questa villa della Costa Smeralda, magnifica e maledetta, ché troppi guai e pensieri bollenti, già prima del virus, avevano attraversato le sue mura e i suoi cento acri di macchia mediterranea (cinghiali inclusi), guaio dopo guaio. Fu in questa casa che iniziò la storia della bandana, portata fino a Porto Cervo al cospetto di Tony Blair ed esecrata dai giornali britannici, mega villa poi violata dai settemila scatti del fotografo Zappadu, lì dove Sandro Bondi vedeva “famigliole“ vagare, e invece le vagonate di foto raccontavano soprattutto altro, cioè l’adamitismo del premier ceco Topolanek (cui il Cav. aveva prestato la piscina con annessi e connessi), dunque la squadra di numerose “badanti”, le farfalline della Costa Smeralda. Poi arrivarono anche i burlesque di Gianpi, in pratica tutto quell’assetto festaiolo, consolatorio e desiderante, su cui si scatenò l’antiberlusconismo, quando diede origine a una puntata essenziale della nota campagna mediatica e giudiziaria che nel 2013 culminò con l’estromissione del Cavaliere dal Senato. Villa dei pericoli, dunque, che arrivarono sotto forma di Noemi, Tarantini, Macrì e compagnia bella, gran teatro, non a caso ricostruito, ma nel più banale Argentario, da Paolo Sorrentino per ambientare diverse scene del suo film sul Cavaliere. Luogo fatidico, insomma, ancora oggi, perché è qui che Berlusconi ha contratto il virus che ieri lo ha portato al ricovero, con Marina preoccupata e arrabbiata, dicono, ancora una volta, sia con questa casa sia con chi non ha protetto il papà, che per cinque mesi era stato al sicuro in Provenza, con lei. Prima di tornare lì, nella solita villa dei guai.

 

Villa Certosa è il luogo in cui forse più che altrove si è realizzato uno dei più antichi tic di Silvio Berlusconi, lo scambio equivoco tra logica della politica e sintassi dell’amicizia, uno di quei luoghi che ha unificato la dimensione pubblica e privata, riflettendo al massimo livello istituzionale le enormi trasformazioni occorse alla scenografia della Repubblica. Per Emilio Fede, che cadde in una piscina mentre veniva sadicamente costretto a fare jogging dal Presidente, questa villa era “il Paradiso terrestre”: il campo di calcio, la pista dell’elicottero, l’anfiteatro grecoromano, i laghetti artificiali con isole per la meditazione, l’agrumeto, il labirinto delle camelie, il tunnel sottomarino… E il Cavaliere, che ci ha sempre organizzato le feste, ai bei tempi avrebbe voluto portarci anche il G8, Bush e Putin, Aznar e Koizumi, così come una volta trasformò questa sua magnifica casa dai 2.500 cactus (uno maliziosamente battezzato “cervello di Tremonti”) nello scenario d’un vertice del Partito popolare europeo, niente meno. Pubblico e privato, dunque, politica e amicizia, le ragazze sulle ginocchia e i capi di stato accolti in doppio petto, i ministri costretti a partecipare alle corse rituali e al ripasso delle canzoni di Apicella, tutto insieme, in un groviglio imprendibile che proprio a Villa Certosa è a un certo punto diventato all’unisono la forza e la trappola d’un uomo non tanto convinto della politicità della politica. Anzi, un impolitico non solo impeccabile ma incrollabile, divampato come una fiamma nella storia d’Italia, e poi consumato, proprio in questa villa, dalla sua stessa natura di ossimoro vivente. Immagini rubate, telefoni spiati, confessioni a doppiofondo, verbali di contrabbando, frasi smozzicate, fuori onda, e adesso infine la sfortuna del Covid, sempre qui, dopo mesi di cautele passati nel sud della Francia. E’ successo di tutto a Villa Certosa, casa dei giochi, con la gelateria (il gusto più buono? “Quello del Presidente”, disse una volta Marcello Dell’Utri) e il finto vulcano la cui prima esplosione spinse i vicini a chiamare i pompieri. Luogo delle vacanze e della spensieratezza. Una casa che è sempre stata un equivoco, perché apparentemente la più riservata tra le residenze di famiglia, isolata e sicura, è stata invece sempre la più violata da paparazzi e spioni. Apparentemente la più protetta dal Covid, perché tutta aperta e vicina al mare, è stata invece la casa del contagio, il luogo che ha richiamato gli umori ludici del Cavaliere, che lo ha riconsegnato ai riti smeraldi d’una vita vissuta sempre al di sopra del rigo, con la nuova fidanzata e Flavio Briatore, i cortigiani della politica e gli svaghi consueti, quasi una vita cantabile. Sempre la stessa. Ecco perché forse Marina la vuole vendere questa villa, fantastica e maledetta. Ci aveva già provato nel 2009, dopo le prime sventagliate d’immagini proibite, e ritornò a insistere ancora nel 2013. Senza successo. Berlusconi, al contrario, Titano ribelle, mezzo Prometeo mezzo Anticristo, fece altri acquisti lì intorno, annettendo addirittura le ville confinanti. Fino a oggi. “Adesso basta”, pare abbia detto Marina. Ma probabilmente nessuno, nemmeno il Covid, può impedire a Silvio Berlusconi d’essere Silvio Berlusconi.

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