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Zangrillo, il medico Itaca di Berlusconi. Un ritratto

Carmelo Caruso

Dagli avvocati ai medici. E' l'unico insostituibile ed è alla prova più difficile. Le frasi "stonate" sul covid "clinicamente morto". Il Cav. nelle mani di Zangrillo

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Gli ha promesso fedeltà quando ha deciso di non dargli del “tu” e di non esibire il potere che ha sulla sua carne. E da anni, insieme, giocano come quei coniugi felici che non riescono a chiamarsi per nome e scherzano con il “lei”. Silvio Berlusconi gli si rivolge con “Alberto” ma Zangrillo gli risponde “presidente” perché “è più forte di me. Invano ha cercato di convincermi. Non ho mai ceduto. Sono troppi quelli che già lo adulano. Io non mi aggiungerò”.

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Gli ha promesso fedeltà quando ha deciso di non dargli del “tu” e di non esibire il potere che ha sulla sua carne. E da anni, insieme, giocano come quei coniugi felici che non riescono a chiamarsi per nome e scherzano con il “lei”. Silvio Berlusconi gli si rivolge con “Alberto” ma Zangrillo gli risponde “presidente” perché “è più forte di me. Invano ha cercato di convincermi. Non ho mai ceduto. Sono troppi quelli che già lo adulano. Io non mi aggiungerò”.

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Berlusconi ha sostituito avvocati, si è separato da mogli e fidanzate ma a Zangrillo non ha mai rinunciato perché è stato il medico di mamma Rosa e dunque, si racconta gli abbia detto, “la tua mano è stata l’ultima ad afferrare quella di mia madre e adesso tiene la mia”.

 

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E’ Zangrillo il solo e vero congiunto di Berlusconi. E infatti, non appena in Forza Italia hanno compreso che dovevano tacere, in coro hanno iniziato a ripetere che “l’unico autorizzato a parlare sarà Zangrillo”. Qualcuno, ma eravamo già entrati nella zona rossa della cattiveria, ha ghignato, “vediamo adesso come se la cava con il suo paziente più importante, vediamo se dirà che il virus non esiste”. E’ stato questo primario di Anestesia e rianimazione dell’ospedale San Raffaele, che tutta Italia conosce come “il medico di Berlusconi”, a decidere il ricovero del leader per un “blando coinvolgimento polmonare”.

 

Ma quando ieri, in conferenza stampa, ha provato a spiegare che Berlusconi “non è un paziente ma un soggetto”, che i suoi 84 anni spericolati sono la ragione di “una sorveglianza speciale”, pure i giornalisti che lo ascoltavano hanno capito che il vero ricoverato, l’uomo che aveva bisogno di curare lo spirito, era lui e che la sua frase “il virus è clinicamente morto è stata più di una frase “stonata”, così come l’ha definita, ma un referendum sul virus che adesso non lo colpisce. Lo stravolge e lo coinvolge. 

 

Zangrillo ha dovuto così ricordare che stava parlando da un istituto, il San Raffaele, che sulla pandemia ha prodotto “230 le nostre pubblicazioni scientifiche internazionali”. Ed era come se Zangrillo si giustificasse per essere improvvisamente diventato il medico dei negazionisti, il riferimento dei no mask, di tutti gli sbandati che avevano bisogno di scienza per professare l’incoscienza, lui che aveva avversato gli stregoni del modello Stamina.

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Ai suoi più cari amici avrebbe infatti confessato: “Non sono stato capace di spiegarmi. Ho sicuramente sbagliato. Non volevo dire che il virus non esiste, ma solo provare a spiegare che adesso lo conosciamo. Ho sottovalutato le storpiature che ne sarebbero nate”.

 

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Ieri ha assicurato che “Berlusconi non è intubato e che la situazione è di assoluta tranquillità. Ma l’umore del presidente è quello che è e come immaginate anche il mio”. Non era malumore quello di Zangrillo ma qualcosa di più. In Forza Italia, i parlamentari hanno ringraziato di non trovarsi al suo posto che è stato il solo insostituibile di questi anni in cui nessuno ha dimostrato di avere il quid. Ha protetto il corpo del Cav., che per Umberto Scapagnini era “tecnicamente immortale”, come si proteggono i patrimoni che devono combattere il tempo. Zangrillo era accanto a lui nella famosa svolta del predellino di San Babila.

 

E c’era sempre lui la notte del Duomo, quella del lancio della statuetta. “Ero lì quando il presidente ha voluto fermare l’auto e far vedere che c’era, che era vivo”, ha dichiarato nelle interviste al Giornale che è il giornale della famiglia e di Zangrillo. Accanto a Berlusconi è cominciato a sparire come primario per diventare medico semplicemente. Tutti si sono quasi dimenticati della sua scalata partita al Castelletto, a Genova, dove è nato e “che rimane la mia città. Milano non mi è mai entrata nel cuore. Due sono le cose che amo fare a Genova. Andare allo stadio per ascoltare i cori del Genoa e passeggiare nei vicoli”. Il padre era direttore di banca e venne trasferito a Milano e portò con sé la famiglia.

 

“Non è il medico di Berlusconi ma è un grande medico e quindi è stato scelto da Berlusconi”, dice Giancarlo Vinacci che di Zangrillo è stato compagno di classe, assessore al comune di Genova nella giunta di Marco Bucci, e che ovviamente lo protegge come si proteggono i fratelli: “Su di lui si è ultimamente esagerato”. Al San Raffaele pure i suoi colleghi sono rimasti stupiti da quella frase che “non lo rappresenta”.

 

Per due volte, Berlusconi gli ha proposto di diventare ministro della Sanità e per due volte ha risposto di no perché “preferisco rimanere con i miei ragazzi”. E’ entrato nel cuore di Berlusconi senza però entrare negli eccessi berlusconiani e dunque una casa in montagna, in Veneto, dove passare i fine settimana, ma che nessuno sa dove si trovi, la passione per le arrampicate ma superata perché “da giovane presi uno spavento per via di un fulmine”.

 

Solo una volta, era il 2016, Zangrillo, disse “Berlusconi ha rischiato di morire” mentre tutte le altre volte ha raccontato i suoi ricoveri come tutti i pazienti vorrebbero si raccontassero le degenze: “Ha solo necessità di riposare”. Guidati da Zangrillo, su Berlusconi, si sono applicati urologi, cardiologi (Andrea Natale gli impiantò il peacemaker a Cleveland), ortopedici e maghi dei menischi (Marc Martens ad Anversa), oculisti (Francesco Fasce per la cataratta), odontomatologi (Massimo Mazza per un’operazione alla mandibola). Berlusconi è insomma sopravvissuto anche ai suoi medici che hanno avuto il privilegio di toccarlo. Solo Zangrillo è rimasto. Da lui si rifugia ed è il suo rifugio. E’ lui il suo medico Itaca.

 

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