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"Nessun hacker, ma quei tweet contro Renzi non sono i miei". Parla il giudice Miele

Luciano Capone

Dopo l'articolo del Foglio, il magistrato appoggiato dal M5S per la presidenza della Corte dei Conti si giustifica per gli insulti su Twitter al leader di IV (che lo ha denunciato): "Lasciavo sempre l’iPad in giro in ufficio, qualcuno avrà utilizzato il mio account".

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Roma. “L’account è il mio ma quei tweet non sono miei. Non è stato un hacker. L’unica cosa che posso dire è che spesso lasciavo l’iPad in giro in ufficio e altri magari parlavano con la mia bocca: utilizzavano il mio profilo per attaccare Renzi. Io Renzi l’ho sempre stimato”. La giustificazione, alquanto singolare, del dottor Tommaso Miele è l’ultima versione del filone “a mia insaputa” e stavolta riguarda quello che è diventato un caso istituzionale: la nomina del presidente della Corte di Conti.

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Roma. “L’account è il mio ma quei tweet non sono miei. Non è stato un hacker. L’unica cosa che posso dire è che spesso lasciavo l’iPad in giro in ufficio e altri magari parlavano con la mia bocca: utilizzavano il mio profilo per attaccare Renzi. Io Renzi l’ho sempre stimato”. La giustificazione, alquanto singolare, del dottor Tommaso Miele è l’ultima versione del filone “a mia insaputa” e stavolta riguarda quello che è diventato un caso istituzionale: la nomina del presidente della Corte di Conti.

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Miele, attuale presidente della sezione della Corte dei conti del Lazio, per la sua vicinanza al M5s era il favorito nella successione al vertice della magistratura contabile di Angelo Buscema, eletto lo scorso luglio giudice costituzionale. La sua nomina però è ora in bilico dopo che il Foglio ha ripescato e pubblicato numerosi tweet del magistrato in cui si scagliava in maniera anche volgare contro l’allora segretario del Pd Matteo Renzi e annunciava la sua fedeltà al M5s: (“Grande vittoria di Renzi-Micron oggi, grande vittoria M5s domani alle politiche”, “Italiani in futuro ricordatevi chi è Renzi: arrogante, presuntuoso, prepotente, incapace, bugiardo: che non si accosti più a Palazzo Chigi”; “E’ tornato sulla scena il cazzaro di Rignano sull’Arno. Ancora parla. Ha la faccia come il…”). Dopo l’articolo del Foglio, il leader di Italia Viva ha annunciato un’azione legale nei confronti di Miele. E dopo la denuncia di Renzi “L’inchiesta”, un giornale locale della Ciociaria, terra di provenienza di Miele, ha titolato in prima pagina che l’account del magistrato era stato hackerato: “Miele ha dato mandato a un legale affinché si proceda contro l’autore dell’attacco informatico”. Ma, colpo di scena, non c’è stato alcun hacker.

 

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“Assolutamente no! Nessun hacker, questo giornaletto locale si è inventato tutto”, dice al Foglio Tommaso Miele, per chiarire la vicenda con il giornale che ha portato alla luce il pasticcio. Quindi l’account è il suo. “Ma io non ho mai scritto quei tweet. Qualcuno utilizzava il mio iPad, andava su questo profilo Twitter e scriveva cosa che io non controllavo perché io non sono social, non li utilizzavo neppure” (in realtà dall’account Twitter di Miele, negli anni, risultano effettuati circa 3 mila tweet).

 

E chi può essere stato, qualcuno in famiglia? “No, io lasciavo sempre l’iPad in ufficio per consultare leggi o altro, evidentemente qualcuno al lavoro l’ha usato per scrivere quelle cose””. Comunque una persona a lei vicina. “Oddio, a me vicina… il mio iPad era veramente alla portata di tutti, chiunque veniva, lo prendeva… ora anche ricercare il responsabile è impossibile. Chi mi conosce lo sa, parla la mia storia di magistrato e di giurista, non ho questo linguaggio. Sono una persona molto equilibrata. Le pare che scrivevo quelle cose?”.

 

Beh, l’account era il suo, su questo non ci sono dubbi. “Certo, ma proprio perché non lo frequentavo la sera non mi mettevo a consultare quello che c’era scritto. Lo lasciavo in ufficio. Non l’avrò custodito, è vero, ho commesso questa ingenuità”. Quando se n’è accorto che qualcuno scriveva tweet al posto suo? “Questi tweet li ho conosciuti quando li ha pubblicati lei sul Foglio”. Non torna, perché il suo profilo è stato disattivato prima che noi pubblicassimo i suoi tweet. “Quando ho saputo che qualcuno stava facendo dossieraggio nei miei confronti ho fatto chiudere i profili Linkedin e Twitter da mio figlio”.

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Renzi la vuole portare in tribunale. “Quello che posso dire è che i tweet non sono miei. Nella mia storia non sono mai stato politicizzato. Quando ho letto quelle cose, che io sono un ultras grillino… ma quando mai! Non sono né ultras né grillino, non ho mai preso posizione, vengo riconosciuto da tutti come un magistrato di grande equilibrio. Sono io la vittima di questo dossieraggio”. Beh, dovrebbe essere contento, ha scoperto che qualcuno agiva alle sue spalle. “Mi darà atto che è uscito in un momento in cui qualcuno è andato a cercare qualcosa contro di me per sgambettarmi”. Converrà con me che per il ruolo che potrebbe ricoprire è una questione delicata, non sono toni adeguati per un presidente della Corte dei conti. “Questo che lei dice è vero se io ne rivendicassi la paternità. Ma io lo smentisco”.

 

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Se la sente di chiedere scusa a Renzi? “Quando avrò l’occasione di incontrarlo sarò il primo a chiedergli scusa per questo equivoco. Ma ripeto, io queste cose non le penso, evidentemente qualcuno ha parlato con la mia bocca. Se proprio devo dire la verità, io Renzi l’ho sempre ammirato come politico. Mi piace il suo dinamismo! Leggere queste cose oggi, è il contrario di quello che sono. Anzi, lo faccio anche pubblicamente, gli chiedo scusa.

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