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Il problema del Pd è che ha un'anima. Ma ha solo quella

Giuliano Ferrara

La ricerca di uno spartito risonante e la radice profonda del suo essere Antipa. E’ ora di qualche schiaffo e qualche stilla di sangue

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A domandarsi perché il Partito democratico sia tanto in dispetto di grandi folle, e forse in odio, la risposta machiavellica è ovvia: risulta odioso quel principe che non sappia farsi temere o amare, che non incute rispetto o non si mostra liberale e aperto e dunque, in un senso molto speciale, corruttivo. Le genti, si sa, sono corrompibili anche più delle classi dirigenti, esigono seduzione e dazione, e se sgranocchiano carote crude, succose, sono d’altra parte sensibili all’azione di un nodoso bastone. Ma un’organizzazione politica che affetta idealità, vaghi programmi di ineffabile cambiamento, che non entra nelle piaghe vere del popolo sempre pazzo e bisognoso, anche del popolo degli intellettuali e del ceto medio riflessivo, per metterci il dito o per curarle, è destinata a un certo discredito. 

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A domandarsi perché il Partito democratico sia tanto in dispetto di grandi folle, e forse in odio, la risposta machiavellica è ovvia: risulta odioso quel principe che non sappia farsi temere o amare, che non incute rispetto o non si mostra liberale e aperto e dunque, in un senso molto speciale, corruttivo. Le genti, si sa, sono corrompibili anche più delle classi dirigenti, esigono seduzione e dazione, e se sgranocchiano carote crude, succose, sono d’altra parte sensibili all’azione di un nodoso bastone. Ma un’organizzazione politica che affetta idealità, vaghi programmi di ineffabile cambiamento, che non entra nelle piaghe vere del popolo sempre pazzo e bisognoso, anche del popolo degli intellettuali e del ceto medio riflessivo, per metterci il dito o per curarle, è destinata a un certo discredito. 

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I fondatori Fassino, Rutelli e Veltroni hanno alimentato il mito dell’amalgama, liquidato da Iago, nelle vesti di D’Alema, come “malriuscito”; Franceschini è un forte capocorrente democristiano, ma trovarselo numero uno per un periodo fu bislacco, non era proprio il suo posto; Bersani ha un’inventiva linguistica gaddiana, con punte alla Maurizio Milani, ma non c’era storia nel confronto con il Vaffanculo degli homines novi, e risultando debole ma simpatico alla fine ha lasciato gli Antipa, i piddini di oggi, e fa scena a sé; nella crisi dell’antiberlusconismo più esagitato e scemo, Renzi lanciò il suo progetto di rottamazione generazionale, di svolta riformista, di emulazione, competizione e alleanza con il Cav., ma il suo partito gli era estraneo anche quando lo santificava nelle Feste dell’Unità e lo trattava da Royal Baby, come dimostra il fatto che quando con energia, lui che degli Antipa è il segretario generale emerito, ha imposto al Partito la sua linea e lo ha riportato al governo, proprio allora ha deciso di abbandonarlo e un po’ boicottarlo.

     

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Ora i democratici hanno eletto un capo che non capeggia, media, realizza ma senza farsene accorgere, senza smalto e cattiveria, il che è buono per un verso esiziale per l’altro, appunto, nessuno lo teme nessuno lo ama; hanno un ideologo non fesso che però parla come un segretario di sezione ingraiano degli anni Settanta, e si pone bizzarro da Bangkok come un re segreto, tipo quel sontuoso Rama X, passato com’è dal modello Roma, via Marino, al modello Thai; poi hanno buona gente di governo come Franceschini, come Gualtieri, come Provenzano e altri, ma evidentemente non basta. E godono di un’opposizione incattivita e frustrata, guidata ora da un funzionario egregio di antico lignaggio dalemiano e da un delizioso bambolotto sindaco dal fare kennediano, tutti aspiranti leader che per prendere il comando ricorrono al metodo solito dell’accozzaglia, i bastoni fra le ruote, un bel “no” referendario, e via sulla scia del nemico. 

    

Il problema del Pd, alla fine, per dirla con le categorie progressiste di Ezio Mauro, è che ha un’anima, è l’ultimo partito costituzionale e il perno di un’alleanza contro il salvinismo-sopranismo, ma ha solo quella, e le politiche, che mi paiono accettabili o addirittura giuste, ne sono un’appendice governativa decisiva ma insufficiente. La populace dell’anima se ne impipa, adora i travestimenti, il senso della festa e dello spettacolo, la pompa e la cerimonia, predilige chi adotta politiche vantaggiose per il maggior numero ma sa anche inscenarle in un linguaggio o musicarle in uno spartito risonante. Anche una certa medietà può convincere, se non piacere, ma non bastano i valori sebbene limpidi e irrinunciabili, e tra questi valori difettoso e noioso e fomentatore di Antipa è quello dell’infinito dibattito interno, una specialità valoriale che dovrebbe essere sostituita da qualche schiaffo e da una stilla di sangue.

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