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Grillini gentiloni col Mes

Simone Canettieri

Domani l’audizione del Commissario Ue sui fondi europei. “Non faremo i matti”, dicono dal M5s

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Roma. Dice chi lo conosce molto bene: “Paolo sarà molto rispettoso sul tema Mes. Ha già fatto un’audizione poche settimane fa è andata liscissima”. Anche perché nel frattempo si fa largo sempre di più la convinzione che – anche se non bisogna ancora urlarlo perché siamo sempre sotto regionali – sul Mes andrà tutto bene.

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Roma. Dice chi lo conosce molto bene: “Paolo sarà molto rispettoso sul tema Mes. Ha già fatto un’audizione poche settimane fa è andata liscissima”. Anche perché nel frattempo si fa largo sempre di più la convinzione che – anche se non bisogna ancora urlarlo perché siamo sempre sotto regionali – sul Mes andrà tutto bene.

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Ma il vino di questa bottiglia per, essere bevuto da tutti, dovrà decantare ancora un po’. Tuttavia martedì mattina Paolo, che di cognome fa Gentiloni e che nella vita fa il commissario europeo per l’Economia, si troverà davanti (in videoconferenza) alle commissioni bilancio e politiche Ue. L’ex premier – con un intervento di circa quindici minuti – illustrerà le magnifiche sorti e progressive del Recovery fund. Insistendo, come ha ribadito in più di un’occasione pubblica, “che in generale non si tratta di finanziare spese, ma riforme e investimenti per lo sviluppo sostenibile”. Obiettivo: uscire dalla morsa, dalle strozzature che da venti anni limitano la crescita del paese. Una cosa buona e giusta a cui nessuno difficilmente dirà di no, anche tra le opposizioni più turbo sovraniste.

 

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Fin qui, appunto, Gentiloni. Attento e rispettoso del pendolo che scandisce la vita della maggioranza rossogialla. Trattandosi però di quattro commissioni parlamentari (due della Camera e due del Senato) ci sarà anche il secondo tempo dell’audizione. Quello delle domande. Ma anche degli interventi provocatori, delle accuse e dei mezzi trabocchetti. Una vetrina per finire sulle agenzie, e magari trovarsi nei titoli del siti e dei tg e, soprattutto, nella propaganda social network. L’opposizione farà il suo duro e sporco mestiere: Borghi&Bagnai, o chi per loro nella Lega purché ben istruito sul tema, sono pronti a nominare la parolina magica: Mes. Cercando così l’effetto rimbalzo, o meglio sponda, nel M5s. Sarà così? Scoppierà un putiferio o, meglio, l’ennesimo stress test per la maggioranza con vista su Palazzo Chigi? A sorpresa, l’ordine di scuderia tra i pentastellati, sempre più ormai divisi in micro e macro satelliti, è diverso: “Non faremo i matti sul Mes”. Ma solo oggi o mai più?

 

Racconta al Foglio un’importante fonte di governo grillina: “Sul Mes non ci saranno squilli di tromba da parte nostra, né oggi né in futuro, però…” Cosa? “Il problema è il Sure che ha condizionalità ben più pressanti, peccato che persino tra i nostri chi dovrebbe parlare invece tace”.

 

I “nostri”, giusto per fare i nomi e i cognomi, sono Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro M5s, oggetto non ancora identificato – per molti – nell’esecutivo. Nemmeno tra i suoi colleghi pentastellati che in più di un’occasione la criticano con una certa forza. E quindi c’è chi vorrebbe aprire un fronte sul Sure, facendo così passare contestualmente il Mes (ma senza condizionalità). “Purché Conte lo racconti bene”, dicono sempre i grillini che siedono nelle stanze che contano. Tattiche e strategie, certo.

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Intanto si inizia con le audizioni. “Sì, prende il via un ciclo di incontri per fare in modo che il Parlamento dia gli indirizzi, con una relazione al governo sul Recovery prima che sia presentato”, dice Fabio Melilli, presidente delle commissione Bilancio della Camera in quota Partito democratico. Dopo Gentiloni, sempre martedì, sarà la volta di Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei; poi a seguire nei prossimi giorni toccherà ai ministri Enzo Amendola, Giuseppe Provenzano e Roberto Gualtieri. In mezzo: il 9 settembre il governo inizierà a gettare le basi, nero su bianco, dei progetti da presentare per accedere al Recovery fund. Una corsa contro il tempo con scadenza 14 ottobre. Un percorso che sarà puntellato dai voti del Parlamento a suon di risoluzioni. Con al centro, magari dopo le regionali, anche quella sul Mes. Un altro totem destinato a cadere in maniera rovinosa in casa grillina. Se n’è accorto Alessandro Di Battista che non a caso ieri è tornato a battere un colpo – in furia iconoclasta anti-Dragi – giusto per vedere l’effetto che fa. Evocando, “politici inclini alla dittatura del vincolo esterno che sostengono che i 36 miliardi del Mes siano indispensabili” .

 

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E allora si ritorna a Gentiloni che da buon montessoriano, come rimarcato oggi, ha sempre pronto il piano B davanti agli euroscettici. E cioè mettere in pratica il metodo inventato dalla pedagogista che “si basa sull’indipendenza, sulla libertà di scelta del proprio percorso educativo (entro limiti codificati) e sul rispetto per il naturale sviluppo fisico, psicologico e sociale del bambino”.

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