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Sia lode a De Luca, uomo di popolo e di partito

Giuliano Ferrara

È un leader della vecchia Italia che non si è piegato alle nuove normatività dei social, ha preferito piegarle a sé e alla sua cultura di amministratore e di politico. Come si fa a non tifare per lui?

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Da tempo tifo Vincenzo De Luca, un tipo d’uomo con molti difetti, un esageratore professionale, spesso sopra le righe. Però si sente l’uomo di partito, con una esperienza alle spalle di severa e tignosa milizia nella politica, con un retroterra amministrativo di prima classe (la sua Salerno è una specie di Salisburgo del sud), e si sente l’uomo di popolo, autentico come solo a Salerno e a Napoli e in genere nel Mezzogiorno è ormai possibile. Pare che la sua ultima sfida, quella di essere un leader d’opinione, uno che non le manda a dire quando si deve prendere di petto la stupidità che è nell’avversario, sia premiata nei sondaggi da una schiacciante maggioranza di consensi, che gli fa superare con lo stato di emergenza della pandemia, governato con rumore e furore, difetti e debolezze di altro genere.

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Da tempo tifo Vincenzo De Luca, un tipo d’uomo con molti difetti, un esageratore professionale, spesso sopra le righe. Però si sente l’uomo di partito, con una esperienza alle spalle di severa e tignosa milizia nella politica, con un retroterra amministrativo di prima classe (la sua Salerno è una specie di Salisburgo del sud), e si sente l’uomo di popolo, autentico come solo a Salerno e a Napoli e in genere nel Mezzogiorno è ormai possibile. Pare che la sua ultima sfida, quella di essere un leader d’opinione, uno che non le manda a dire quando si deve prendere di petto la stupidità che è nell’avversario, sia premiata nei sondaggi da una schiacciante maggioranza di consensi, che gli fa superare con lo stato di emergenza della pandemia, governato con rumore e furore, difetti e debolezze di altro genere.

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De Luca è uno che spiega, dice la parte, recita il ruolo, ma poi tira le somme e si vota allo sterminio delle fesserie, manda il lanciafiamme contro i festaioli, che ci hanno rovinato l’estate, castiga le prostatiti polmonari, scudiscia con garbo velenoso i politici di basso conio che chiedono di fare una gita turistica in ospedale per farsi propaganda. Dietro questo successo c’è qualcosa di un Di Vittorio, il grande sindacalista della ricostruzione che non si levava il cappello quando passava il padrone, e De Luca quando passa il nuovo padrone, cioè il cretino mainstream, non si scappella, spara. Se porti la camicia fuori dai pantaloni, e confesso che a me capita ma nel privato o nel circolo ristretto, non lo farei mai davanti a quell’uomo in giacca blu e cravatta funzionariali, contento del suo sé e senza complessi, mai in cerca di una scombiccherata associazione pubblicitaria a qualcosa di nuovo e di “populista”, c’è Vincenzo che ti mette in mutande per la tua sciatteria convenzionale, per il tuo scollacciato conformismo. Se sei una bambolina pericolosa, non importa se insediata al Campidoglio con il 60 per cento dei voti dell’onestà-tà-tà, per lui quello sei, e il sessismo nemmeno troppo sottile si incontra con le necessità del pensiero e della lingua, vivaddio.

 

La Campania pernacchiosa è stata incubatrice di successi a 5 Stelle, e si capisce lo spirito beffardo dei loro fuochi d’artificio, ma i grillozzi trovarono uno più pernacchioso di loro, all’occorrenza, uno che usa il vernacolo e la maldicenza per affermare i diritti popolari a una classe dirigente che abbia un senso e faccia delle cose. L’uomo ha il gusto del rischio, si butta, cazzeggia imperturbabile, inventa un canale di trasmissione che più vecchio non si può, la tv locale, e lo trasforma in spettacolo e avanspettacolo imperdibili con l’arte della parola e della battuta.

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E non è solo questo, De Luca. Sarà talvolta sciatto nella gestione dei beni culturali, come gli rimproverano, ma gli architetti li ha saputi trattare, li ha fatti lavorare, invece di lucrare sulla chiusura dei porti ha fatto costruire un porto. In De Luca vive quel senso della realtà, quella fiducia nel fatto che alla fine sarà riconosciuta anche da chi adesso sembra rifiutarla, che è tipico delle vecchie classi dirigenti di formazione comunista e democristiana. E’ un leader della vecchia Italia che non si è piegato alle nuove normatività dei social e compagnia, ha preferito piegarle a sé e alla sua cultura di amministratore e di politico. Come si fa, con lo spettacolo mesto e volgaruccio di ogni giorno, a non tifare per lui, uno che stava perdendo quota nel sistema e lo ha rovesciato con l’uso provocatorio e sapiente del suo potere istituzionale, lanciafiamme compreso?

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