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Giggino l'Africano

Il Nyt dà del razzista a Di Maio abbronzato. I giornali americani non capiscono niente di Italia

Salvatore Merlo

Potevano rinfacciare al ministro degli Esteri la firma sui dl sicurezza di Salvini, e invece criticano dei meme satirici sul web

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Hanno preso Giggino l’Africano (che non parla neanche bene l’italiano, come nella canzone di Vasco) e gli hanno dato del razzista, come se fosse dell’Illinois e non di Pomigliano. E lo hanno fatto non perché chiamava le Ong “taxi del mare” o firmava i decreti “Sicurezza” di Matteo Salvini – e si sarebbe potuto capire – ma lo hanno fatto perché, per una volta, anziché fare il mollusco permaloso, lui ha fatto finta di stare al gioco.

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Hanno preso Giggino l’Africano (che non parla neanche bene l’italiano, come nella canzone di Vasco) e gli hanno dato del razzista, come se fosse dell’Illinois e non di Pomigliano. E lo hanno fatto non perché chiamava le Ong “taxi del mare” o firmava i decreti “Sicurezza” di Matteo Salvini – e si sarebbe potuto capire – ma lo hanno fatto perché, per una volta, anziché fare il mollusco permaloso, lui ha fatto finta di stare al gioco.

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La storia è che, dopo essere stato preso in giro da mezza Italia per la sua abbronzatura eccessiva, da venditore di cocco o frequentatore del Billionaire (“Ha abolito anche le creme solari insieme alla povertà”), dopo aver subìto quarantotto ore di sfottò via internet attraverso una miriade di fotomontaggi in cui la sua faccia nera d’abbronzatura era appiccicata sul corpo di uomini e donne di colore (giocatori di basket, attori, calciatori e persino i quattro mori della bandiera sarda), insomma dopo tutto questo, gli hanno dato del razzista perché ne ha sorriso: “La prossima estate prometto che metterò la crema 50”.

 

     

Il New York Times ieri ha dunque scritto che il ministro “razzista” avrebbe dovuto prendere le distanze da quelle immagini e non riderne, e lo ha fatto in un articolo che in definitiva, però, parla più del Nyt stesso che di Di Maio, visto che il giornalismo d’accatto, pubblicato sul giornale più importante del mondo, stride almeno quanto la faccia troppo abbronzata di Di Maio sul corpo di un ministro degli Esteri. Il punto è infatti che Giggino non sa la geografia, non conosce il congiuntivo, chiama “Ping” il presidente della Cina, insomma è abbastanza inadeguato, ma di sicuro quest’estate non si è abbronzato per assomigliare a Ray Charles o a Duke Ellington, non si è colorato la faccia di nero ma era nero di suo, ed è semmai il Nyt a essere irriconoscibile, a essersi travestito da giornaletto, a essersi colorato la faccia.

      

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Nessuno degli autori di quei fotomontaggi satirici stava infatti, in tutta evidenza, applicando il famigerato black face, cioè l’usanza di imitare i neri dipingendosi il volto, una cosa che appartiene alla storia americana e non certo a quella d’Italia, dove nessuno sa nemmeno cosa voglia dire. Fred Buscaglione non si tingeva la faccia di nero quando faceva musica all’americana, come usavano invece alcuni jazzisti bianchi statunitensi, e nemmeno lo faceva Renato Carosone, perché il jazz in Italia era americano, appunto, non era nero, in un paese che non ha conosciuto la segregazione né la schiavitù.

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Noi, in Italia, facciamo i conti con un’altra tradizione: quella di abbronzature eccessive e volgari in una penisola stordita dal sole. E questa è la storia provinciale di Di Maio. D’altra parte il finto giovin signore italiano da sempre fa le vacanze così: di notte si sbronza e di giorno s’abbronza. Trattasi di moda antica, celebrata nella musica del maestro Franco Cassano, “sei diventata nera come il carbòn”, e nelle canzoni di Edoardo Vianello (“a-a-abbronzatissima / sotto i raggi del sole”). Abbronzatura tutto l’anno.

 

   

 

Quando non c’è il sole, si ricorre alle lampade, tipo Carlo Conti, una roba che non c’entra niente con il black face, ma fa tanto finto signore con il motoscafo da cento metri, ragione per la quale, Giggino, diligente parvenu col mignolo alzato, ha piacere nel ricevere in tali condizioni da semi abbrustolito i rappresentanti della diplomazia internazionale. Più strano è il Nyt che scambia un abbronzato per un nero, cosa che al massimo un tempo capitava a Silvio Berlusconi: “Barack Obama? E’ giovane, bello e abbronzato”.

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