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Cos'è il modello Emiliano

David Allegranti

Il disastro dell'Ilva. La lotta contro il Tap. Il caos della Xylella. E poi l'economia che non va e la gestione della pandemia. Su cosa si gioca la pelle il governatore uscente. Indagine

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Michele Emiliano balla la Taranta insieme a quindici liste, che però sono gonfiate, dice il centrodestra. Fitto i suoi si sono messi a contare quanti sono i candidati veri e non i doppioni: non i 750 annunciati ma 449, dunque 301 in meno. Non mancano nel conto dei rigonfiamenti pure le dichiarazioni contraddittorie lunghe cinque anni. Sull’Ilva, sul Tap, sulla Xylella. E ora non staremo a rifarvi il pezzo dell’altra volta su quel fantastico Zelig che risponde al nome del governatore uscente della Puglia, con tutti i cambi di posizionamento sui principali temi di sviluppo regionale pugliese.

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Michele Emiliano balla la Taranta insieme a quindici liste, che però sono gonfiate, dice il centrodestra. Fitto i suoi si sono messi a contare quanti sono i candidati veri e non i doppioni: non i 750 annunciati ma 449, dunque 301 in meno. Non mancano nel conto dei rigonfiamenti pure le dichiarazioni contraddittorie lunghe cinque anni. Sull’Ilva, sul Tap, sulla Xylella. E ora non staremo a rifarvi il pezzo dell’altra volta su quel fantastico Zelig che risponde al nome del governatore uscente della Puglia, con tutti i cambi di posizionamento sui principali temi di sviluppo regionale pugliese.

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Adesso casomai ci resta da capire se le liste fantasma, tra cui i neoborbonici, uno Psi e una Dc (anche Raffaele Fitto ha i suoi socialisti e pure una Dc che ha impugnato il simbolo di quella emilianista), serviranno a colmare la distanza dal centrodestra. A febbraio era di quattordici punti e dopo lo scoppio dell’emergenza sanitaria s’è ridotto a 7-8. Un risultato ottenuto grazie anche al presenzialismo di Emiliano che – insieme al professor Pierluigi Lopalco, incidentalmente oggi candidato con il centrosinistra – ha colonizzato le tivù, in virtù del fatto che oltre a essere presidente della Regione è pure assessore alla Sanità. Del suo lavoro come assessore di un settore che da solo copre l’80 per cento del bilancio regionale non rimane traccia. O meglio, forse qualche traccia resta. Si sa infatti che nel 2018 la Regione Puglia – secondo la classifica che analizza i LEA, Livelli essenziali di assistenza, cioè le prestazioni e i servizi che il Sistema sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini – era al quintultimo posto, appena sotto il Lazio e appena sopra il Molise. Non che abbia fatto meglio come assessore all’Agricoltura, ruolo che ha assunto nel 2019 dopo le dimissioni di Leo Di Gioia, che nel frattempo si è candidato al consiglio regionale con Forza Italia contro il suo ex presidente.

  

A giugno, lo spericolato Emiliano ha detto durante una diretta Facebook che “siamo riusciti a fermare il batterio e da quattro anni la Xylella è ferma in Puglia. Caso vuole che io sono presidente da 4 anni”. Caso vuole che la settimana prima di questa affermazione fossero stati abbattuti cinque alberi malati nel Barese, in Valle d’Itria. Sicché è vero il contrario: la Xylella avanza e in cinque anni la superficie infetta è passata da 230 mila ettari a 600 mila. E non è l’unica: quello che va avanti, nonostante tutto, è proprio Emiliano, che pur di battere Raffaele Fitto, candidato di centrodestra indicato da Fratelli d’Italia, avrebbe fatto l’alleanza con i Cinque stelle.

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Non era l’unico, a dire il vero. In diversi nel Pd speravano che alla fine i grillini cedessero. Il deputato Alberto Losacco a giugno rilanciava l’appello di Nicola Zingaretti per la santa alleanza e dopo il no dei Cinque stelle ha iniziato a prendersela con Antonella Laricchia, candidata grillina che è rimasta in campo: “La consigliera regionale Antonella Laricchia predica bene ma razzola male. Dice di voler rinunciare a ‘poltrone certe e prestigio assicurato’ ma poi, nei fatti, sapendo di non avere chance come candidata Governatrice della regione Puglia, si dota di un bel paracadute. Infatti, unica tra i candidati governatori, si candida anche come consigliera regionale. Insomma una poltrona assicurata soprattutto dopo aver fatto espellere Mario Conca suo diretto competitor. Una distanza abissale tra i suoi proclami e i gesti concreti”.

 

E dire che con la “paracadutata” Laricchia, Losacco e il Pd ci volevano fare un accordo, che consisteva nel ritiro della sua candidatura e nell’appoggio a quella di Emiliano. Alla fine è Laricchia quella che è rimasta più fedele a se stessa. I Cinque stelle per anni hanno combattuto Emiliano, dicendo no ai tentativi del presidente di coinvolgerli in giunta. Emiliano invece è più fluido: porta avanti le battaglie grilline da sempre. Rino Formica in un’intervista al Quotidiano di Bari l’ha definito un “uomo dotato di anima populista mercantile, in salsa barese, cioè opportunista. Va dove tira il vento, per intenderci senza chiari punti di riferimento ideologici”. Si viene e si va, comunque ballando.

  
La Regione Puglia nel 2018 ha pure aderito come socio ordinario alla Fondazione Tatarella, intitolata a Giuseppe e Salvatore, mettendoci 15 mila euro. Come ha osservato la rivista Grande Salento, “il presidente pugliese, che di recente ha rinunciato alla sua iscrizione al Pd per incompatibilità col suo essere magistrato, sta infatti costruendo intorno a sé una rete di liste civiche con esponenti provenienti dalla destra, in vista delle prossime elezioni regionali del 2020. C’è chi in questa adesione alla Fondazione Tatarella vede, in realtà, una manovra elettorale utile a Michele Emiliano per continuare a costruire intorno a sé quella rete di civismo che lo dovrebbe sostenere alle prossime elezioni. Un civismo che per qualcuno fa rima con qualunquismo e che è sempre più lontano e autonomo dal partito che lo ha eletto alla Regione, il Pd”. Emiliano dunque non si fa problemi a ingaggiare avversari, come ha osservato Ivan Scalfarotto, candidato presidente di Iv in Puglia, in un’intervista al Foglio di qualche giorno fa: “Si è preoccupato di costruire consenso nominando persone di schieramenti opposti al suo, anche ex avversari. Come Simeone Di Cagno Abbrescia, ex sindaco di Bari, all’Acquedotto Pugliese, Francesco Schittulli, suo ex rivale, consulente per la sanità, Massimo Cassano all’Arpal. Dice di essere di sinistra, Emiliano, ma ha infarcito le sue squadre di persone di destra”. Tutte persone che poi lo aiutano in qualche modo: l’Agenzia regionale per le politiche del lavoro diretta dall’ex sottosegretario Cassano, ex Forza Italia, ha annunciato pochi giorni fa un maxiconcorso che assumerà a breve 948 persone.

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La destra emilianista abbonda: Francesco Crudele, ex sindaco di Capurso e un passato in An è in campo oggi con Italia in Comune, una delle liste a sostegno del governatore uscente. Giancarlo Ragone, ex consigliere comunale di An, oggi è candidato con una lista chiamata I liberali. C’è poi Pippi Mellone, sindaco di Nardò, vicino a CasaPound, animatore della lista Emiliano sindaco di Puglia, con cui il governatore del Pd ama farsi fotografare. Ma naturalmente, come spiega Zingaretti, c’è da battere “le destre” purché non siano quelle che consentono a Emiliano di vincere le elezioni. Domanda: ce la farà? “I sondaggi che dicono ora il vantaggio di Emiliano e ora il vantaggio di Fitto, sono entrambi reali e in definitiva segnalano l’incertezza dell’esito elettorale, con la più che prevedibile ipotesi – salvo errore – che a decidere le elezioni sarà una percentuale minima di elettori”, dice al Foglio Fabiano Amati, consigliere regionale del Pd uscente e ricandidato dopo aver tentato di battere Emiliano alle primarie. “Nella coalizione di Fitto ci sono scimmiottamenti delle politiche da società chiusa di Salvini, pensando che le persone vivono di porti chiusi più che di pane, e si evita di citare il tema centrale della sanità perché Fitto fu il primo presidente della regione ad avviare il riordino ospedaliero con radicali riconversioni delle vecchie strutture ospedaliere”. Nella coalizione di Emiliano “della quale faccio parte, invece, si prova a correggere molti degli errori commessi e da me segnalati durante le elezioni primarie, a cominciare dai casi ex Ilva, Xylella, Tap, fondi in agricoltura eccetera. Ne deriva che se i pugliesi orientati verso i Cinque stelle avranno la consapevolezza che il voto alla Laricchia è inutile, come dicono peraltro molto pentastallati, e che in definitiva farebbe vincere Fitto, la bilancia penserà per Emiliano. Altrimenti vincerà Fitto con la partecipazione straordinaria, come si direbbe nei titoli di coda dei film, di Barbara Lezzi: la vera dura e pura della corsa solitaria Cinquestelle, sostenuta solo per vendicarsi di un ministero perduto”.

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Aver tentato di occupare tutto l’arco costituzionale con candidature che vanno dalla destra alla sinistra al centro sarà sufficiente? Il Pd ha molto da recuperare. Anche nel rapporto con chi sta sul territorio. Come la Cisl, che non ha fatto sconti al centrosinistra pugliese: “I cinque anni del governo regionale sono stati caratterizzati da una costante ricerca da parte della Cisl di un dialogo sociale che potesse aprire a una nuova stagione di riforme e di sviluppo  partecipati. L’interlocuzione, tuttavia, è stata difficile e a fasi alterne”, dice al Foglio Daniela Fumarola, segretaria regionale della Cisl e da poco entrata anche in segreteria nazionale. “Su diversi dossier i tavoli di confronto sono stati prevalentemente informativi, e hanno mancato a parer nostro l’opportunità di realizzare scelte condivise. La nostra proposta di ragionare sui contenuti di una agenda di fine legislatura avrebbe potuto contribuire a recuperare il terreno perso. Il pressing della Cisl si è concentrato sulla sanità e le politiche sociali, i temi dello sviluppo e della crescita dei territori, l’utilizzo delle risorse Ue, l’agricoltura con le sue potenzialità inespresse e le sue criticità, dalla Xylella al caporalato. Abbiamo poi incalzato il Governo regionale sugli investimenti e sulla formazione, sulle strategie industriali e la vertenza Ilva, sul rilancio dei trasporti e del pubblico impiego. Questioni che avrebbero dovuto essere affrontate con metodo concertato. Nella fase della pandemia si è recuperata, in parte, questa priorità, con accordi rilevanti sulla sanità, la cassa in deroga, il sostegno al lavoro e all’impresa attraverso la riprogrammazione dei fondi comunitari. Complessivamente, rileviamo un’azione sufficiente sotto il profilo difensivo, con strumenti di protezione sociale che hanno sostanzialmente tenuto. E’ mancata però l’accelerazione necessaria sotto il profilo della crescita, con lo sblocco di capitali produttivi che potessero consolidare la parziale ripresa registrata nei mesi precedenti al lockdown. Una strategia di sviluppo e coesione partecipata messa in atto da inizio legislatura, con un patto sociale di ampio respiro, avrebbe dato risultati di certo migliori. Le potenzialità economiche inespresse restano enormi, così come la domanda di servizi e protezione sociale”.

 
La strada è insomma in salita per il Pd. Basta vedere i numeri delle altre elezioni per capirlo. Alle Europee del 2019 ha preso il 16,6 per cento, il M5s il 26,3 e la Lega il 25,3. Per questo le liste del Pd sono piene di pesi massimi a differenza di cinque anni fa. Basta leggere l’elenco dei candidati nel collegio di Bari. Persino Antonio Decaro, sindaco di Bari, ha messo uno dei suoi: Francesco Paolicelli, già vice capo di Gabinetto al Comune. Ci sono poi Anita Maurodinoia, consigliera regionale uscente nota come Lady Preferenze (nel 2019 si candidò al consiglio comunale con la sua lista Sud al Centro e prese da sola 6.234 preferenze) e Domenico De Santis, consigliere politico di Emiliano. Due sembrano essere gli obiettivi: il primo, portare molti voti al Pd; il secondo, mettere un cordone sanitario attorno a Emiliano, che riesce a essere ingombrante persino per l’incolore segreteria nazionale: “La legge elettorale per le elezioni regionali in Puglia prevede un premio di maggioranza variabile”, dice al Foglio il professor Alessandro Porcelluzzi, docente di Filosofia e storia e dottore di ricerca alla Fondazione Marco Biagi: “L’obiettivo, per avere una coalizione e una maggioranza stabile e sicura in consiglio regionale, è superare il 40 per cento come coalizione e ottenere così 29 consiglieri regionali. I sondaggi finora resi noti attribuiscono al M5S una percentuale poco superiore al 15 per cento. Mettendo assieme Laricchia, Scalfarotto e gli altri candidati minori si raggiunge facilmente il 20 per cento. Emiliano e Fitto, oltre a vincere, puntano a ottenere un risultato superiore al 40 per la propria coalizione. Così si spiega, dal lato di Emiliano, l’imponente numero di liste. Ma soprattutto la indiscutibile potenza di fuoco messa in campo questa volta dal Pd. Solo il Pd ha la forza per funzionare da collettore di voti. E in funzione di un prevedibile ottimo risultato, se dovesse prevalere Emiliano, costruirgli attorno un cordone sanitario, tentare di normalizzarlo”.

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Marco Lacarra, segretario regionale del Pd, pensa di vincere “però è dura”. Senz’altro, aggiunge sarebbe stato meglio l’alleanza con il M5s, “però andiamo avanti”, dice al Foglio. E sarà dura anche perché l’emergenza sanitaria non aiuta a far dimenticare la Taranta di Emiliano e le sue mille piroette. L’economia regionale ha risentito degli effetti del lockdown, a partire dalle industrie, come si legge in una nota della Banca d’Italia: “A partire dall’ultima settimana di marzo l’attività economica ha subito pesanti ripercussioni per via delle misure di distanziamento e di sospensione nei settori non essenziali disposte dal DPCM del 22 marzo del 2020 (modificato dal decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 25 marzo 2020); nell’industria la quota di valore aggiunto di questi ultimi è pari in Puglia al 47,0 per cento, un valore inferiore alla media italiana (56,1 per cento). Considerando il ricorso al lavoro agile, che ha consentito a molti lavoratori di prestare la propria attività anche durante il periodo di sospensione, riducendone gli effetti negativi sul valore aggiunto, e gli effetti di filiera, ovvero le interconnessioni tra comparti, il dato scende al 39,7 per cento (42,8 per cento in Italia)”.  Secondo l’indagine straordinaria della Banca d’Italia sugli effetti economici del Coronavirus, condotta su un campione di circa 200 imprese con sede in regione, “le aziende si aspettano un calo del fatturato nel primo semestre dell’anno in corso pari a circa un quinto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, un valore in linea con la media del Mezzogiorno e dell’Italia. Oltre il 40 per cento delle imprese pugliesi si attende un calo superiore al 30 per cento; l’incidenza è ancora maggiore tra quelle operanti nei settori sospesi. Tra i fattori che hanno influenzato negativamente le imprese pugliesi, il calo della domanda interna è stato segnalato come il più rilevante; altre difficoltà hanno riguardato il calo della domanda estera, l’approvvigionamento di materie prime o prodotti intermedi e problemi alla logistica”. Le quindici liste con i simboli della Prima Repubblica potrebbero non essere sufficienti a rianimare il consenso dell’Emiliano di Bari.

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