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il governo alla prova della riapertura

Nel pantano sulla scuola ci finisce anche Speranza. E ora Conte teme per il 14 settembre

Valerio Valentini

Il ministro della Salute accusato di subalternità al Cts. La Azzolina alle prese coi sindacati sui corsi di recupero. E sulla quarantene delle intere classi decideranno le Asl: si andrà in ordine sparso

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Roma. Si sarebbe magari potuto sperare che il giorno dopo, l’alba seguita al vertice non proprio indolore di Palazzo Chigi con mezzo governo a scervellarsi sulla riapertura scolastica e tutte le sue incognite, potesse concedere un risveglio sereno a Lucia Azzolina, giusto il tempo di concederle di godere degli auguri per il suo compleanno. Ma siccome a Viale Trastevere ogni giorno ha la sua pena, la sua piccola – fuggevole – vittoria politica la ministra grillina se l’è potuta gustare assai poco, perché nel frattempo i suoi tecnici l’avvisavano che no, sui corsi di recupero i sindacati non volevano proprio cedere. E anzi arrivavano perfino a minacciare: perché se il ministero non riconosce i 50 euro all’ora di straordinario ai docenti che dal primo settembre dovrebbero aiutare gli studenti zoppicanti a colmare le loro lacune (o almeno a far finta che), allora i prof si ammutinano: “Diremo a tutti i nostri iscritti – ecco il ricatto – di rimandare i corsi a metà settembre, dopo la riapertura, cosicché quelle ore in più figurino formalmente tra gli straordinari”.

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Roma. Si sarebbe magari potuto sperare che il giorno dopo, l’alba seguita al vertice non proprio indolore di Palazzo Chigi con mezzo governo a scervellarsi sulla riapertura scolastica e tutte le sue incognite, potesse concedere un risveglio sereno a Lucia Azzolina, giusto il tempo di concederle di godere degli auguri per il suo compleanno. Ma siccome a Viale Trastevere ogni giorno ha la sua pena, la sua piccola – fuggevole – vittoria politica la ministra grillina se l’è potuta gustare assai poco, perché nel frattempo i suoi tecnici l’avvisavano che no, sui corsi di recupero i sindacati non volevano proprio cedere. E anzi arrivavano perfino a minacciare: perché se il ministero non riconosce i 50 euro all’ora di straordinario ai docenti che dal primo settembre dovrebbero aiutare gli studenti zoppicanti a colmare le loro lacune (o almeno a far finta che), allora i prof si ammutinano: “Diremo a tutti i nostri iscritti – ecco il ricatto – di rimandare i corsi a metà settembre, dopo la riapertura, cosicché quelle ore in più figurino formalmente tra gli straordinari”.

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Istantanee di un governo che annaspa, che sembra accorgersi d’improvviso di come la scadenza che incombe, quel 14 settembre che già s’annuncia come un dies alliensis, rechi con sé una nuvolaglia d’angosce e di timori. E non vale, certo, solo per Azzolina. Che anzi, nella distribuzione delle responsabilità che Giuseppe Conte ha effettuato lunedì pomeriggio, s’è sentita quasi sollevata rispetto ad alcune delle rogne piovutele tra i piedi. I più maligni giurano d’aver perfino scorto un ghigno di perfida soddisfazione, nel volto della ministra dell’Istruzione, quando a un certo punto della riunione anche Paola De Micheli è sbottata con Roberto Speranza. “Perché tu – le ha detto la titolare dei Trasporti – segui la linea del Comitato tecnico scientifico, ma così di fatto imponi la tua linea, la loro linea, a tutti i ministri”. Del resto i tecnici del Mit, al solo pensare di dover approntare un piano che garantisca a nove milioni di persone di tornare a muoversi da metà settembre, e di farlo rispettando la profilassi del Cts, si mettono le mani nei capelli.

 

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Le mani le ha invece alzate la Azzolina davanti a chi le chiedeva, tra i colleghi di governo, se davvero non fosse il caso di mettere un medico a presidiare ciascuna scuola. E lei allora s’è schermita, dicendo che il suo ministero “ha provveduto alle assunzioni necessarie: 97 mila solo quelle a tempo indeterminato”. Come a far intendere che insomma se si vuole assumere un medico per ognuno dei 40 mila plessi scolastici da Bolzano ad Agrigento, ben venga, ma dovrà essere Speranza a pensarci, e a mettere mano al portafogli del suo ministero.

 

E lui, Speranza, a pensarci ci pensa pure, ma al tempo stesso si domanda perché non ricorrere ai fondi del Mes, a quel punto, visto che la riapertura in sicurezza delle scuole, e la loro corretta gestione nel corso dell’anno, rientrerebbe tra le spese sanitarie indirette che si potrebbero finanziare col Fondo salva stati: ma su quello Conte continua a fare ammuina, e il M5s in quest’ammuina trova l’asilo per la propria propaganda. E forse anche per questo il gruppo del Pd al Senato ha deciso che bisogna fare chiarezza, meditando di convocare già nei prossimi giorni la Azzolina a riferire in Aula.

 

D’altronde, sulla scuola, nel governo sembra un po’ una sfida a chi si sporca meno le mani. Perché i congedi per i genitori che avranno i figli positivi da accudire a casa durante la loro quarantena, sono argomento spinoso che nessuno al ministero del Lavoro sembra avere davvero messo a fuoco: e anche qui, le soluzioni non sono né facili né a costo zero. E perché sull’eventualità di mettere in quarantena intere classi che abbiano un solo loro alunno o un loro insegnante positivo, l’Istituto superiore di sanità, stando a quanto emerso durante il vertice di Chigi, lascerebbe ai Dipartimenti di prevenzione territoriale facoltà di scegliere la prassi da seguire: col rischio che ciascuna Asl si orienti a modo suo, con pratiche diverse tra una città e l’altra, tra una scuola e l'altra.

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Non una grande prospettiva. “Ma il risultato dipenderà dagli sforzi di tutti, nessuno si senta assolto”, ha ribadito Conte lunedì. Con l’aria di chi sa, forse, che se anche fosse solo il fallimento della Azzolina, o della Azzolina e di Speranza, o della Azzolina e di Speranza e della De Micheli, il 14 settembre potrebbe innescare un domino nel governo che vai a sapere dove si ferma, e se si ferma.

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