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capitale sinistra

D'Alema chi? Orfini boccia la candidatura del leader Massimo al Campidoglio

Domenico Di Sanzo

"I nomi a effetto servono a vincere, ma non a governare. Roma è cambiata dai tempi di Veltroni. Ma il Pd capitolino ha grandi nomi: Gualtieri, Gentiloni, Sassoli". Il parricidio gentile dell'ex giovane turco

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D'Alema chi? Matteo Orfini, deputato del Pd, già dalemiano e "giovane turco", ex commissario dei dem romani, pare cadere dalle nuvole non appena gli si fa cenno delle voci che vorrebbero Massimo D'Alema come prossimo candidato sindaco del comune di Roma alla guida della coalizione di centrosinistra. "Come D'Alema?", si stupisce. Sì proprio lui, quel leader di cui Orfini è stato per molti anni allievo e stretto collaboratore. "Diciamo che l'ho allevato male", disse di lui D'Alema in un'intervista al Corriere del 2016, quando Matteo era un fedele scudiero del Matteo più famoso, Renzi. Ora Orfini nicchia e interpreta le intenzioni del suo ex mentore: "Bah, non mi sembra una cosa all'ordine del giorno, penso che D'Alema non abbia mai avuto questa ambizione".

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D'Alema chi? Matteo Orfini, deputato del Pd, già dalemiano e "giovane turco", ex commissario dei dem romani, pare cadere dalle nuvole non appena gli si fa cenno delle voci che vorrebbero Massimo D'Alema come prossimo candidato sindaco del comune di Roma alla guida della coalizione di centrosinistra. "Come D'Alema?", si stupisce. Sì proprio lui, quel leader di cui Orfini è stato per molti anni allievo e stretto collaboratore. "Diciamo che l'ho allevato male", disse di lui D'Alema in un'intervista al Corriere del 2016, quando Matteo era un fedele scudiero del Matteo più famoso, Renzi. Ora Orfini nicchia e interpreta le intenzioni del suo ex mentore: "Bah, non mi sembra una cosa all'ordine del giorno, penso che D'Alema non abbia mai avuto questa ambizione".

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A maggior ragione adesso, con una Roma che è cambiata più che mai rispetto agli anni in cui al Campidoglio spadroneggiavano Francesco Rutelli e Walter Veltroni, entrambi di qualche anno più giovani rispetto all'immarcescibile ex presidente del Consiglio. "Servono persone che abbiano competenze su Roma, quando si pescano questi nomi inventati si rischia sempre di fare un danno, e poi la Roma di oggi non è la Roma di venti anni fa, quando era amministrata da Veltroni e Rutelli". È un parricidio gentile, quello di Orfini. Che sottolinea come D'Alema sia fuori sincrono rispetto alla Capitale del 2020: "Questa è una città che politicamente va conosciuta e vissuta ogni giorno, magari il nome ad effetto può servire a vincere ma di certo non a governare". Ma, al tempo stesso, spiega Orfini, "bisogna sfatare il mito di una città impossibile, che non si può gestire, dobbiamo scardinare questa narrazione secondo cui Roma non ce la può fare".

 

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Resta il fatto che ci vorrebbe un nome ben inserito nelle dinamiche cittadine e che, a parere di Orfini, questa carta non può essere rappresentata da D'Alema, che pure è a pieno titolo un romano d'adozione. "Roma è cambiata in venti anni, bisogna porre l'attenzione sulle diseguaglianze sociali, ci sono interi pezzi della città che sono controllati dalla criminalità organizzata, quello della Roma di Veltroni e Rutelli era un altro mondo". E nel pacchetto è incluso l'ex maestro politico, relegato a una vecchia fase storica. Altro che D'Alema, dunque.

 

E cosa e chi ci vorrebbe allora? La domanda è d'obbligo, data la confusione in cui sta arrancando il Pd nella scelta dello sfidante dell'uscente Virginia Raggi e del rampante centrodestra che in città è a trazione meloniana. "Ora Ferragosto è passato – insiste Orfini – a settembre dovremmo muoverci". Per l'ex presidente del Pd il partito capitolino soffre di una sorta di complesso di inferiorità: "Se entriamo in battaglia siamo i favoriti, siamo il primo partito della Capitale, e lo dicono i numeri, possiamo vincere anche perché dal Pd romano proviene parte della nostra più importante classe dirigente". E i nomi sono sempre gli stessi tre: "Roberto Gualtieri, Paolo Gentiloni, David Sassoli". Figure "ad effetto" come quella di D'Alema però. "Io dico che i migliori esponenti del Pd vengono proprio da Roma, è un esempio per far capire come il nostro partito in città abbia la migliore classe politica, a partire dai municipi fino all'Europa".

 

La strada per tirare fuori il candidato dal cilindro saranno le primarie. "Un passaggio importante", conferma Orfini. Che precisa: "Al netto delle primarie bisogna costruire un progetto e da questo progetto dipenderà anche il nome del candidato, che potrà avere un profilo più politico o più civico, a seconda di come costruiremo la coalizione". E però nell'incertezza resta un punto fermo: D'Alema chi?

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