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Il furbo e il fesso

La commedia dei Matteo

Salvatore Merlo

Da due anni Renzi è il vero troll di Salvini. Prima il governo Conte, poi la Gregoretti e ora pure Open Arms

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Matteo R. gliela faceva credere e Matteo S. s’illudeva. E allora quello, il leghista, poveretto, affranto da umori e livori, confessava ai suoi: “Vedrete che alla fine una mano me la dà nel voto sul processo”, e l’altro però, mentre quasi quasi gli tendeva una mano, intanto con l’altra barattava tutto con il Pd e i 5 stelle: quanto vale Matteo S.? Una presidenza in commissione finanze, una presidenza in commissione Sanità, una ai Trasporti, una alla Cultura… E’ da due anni che va avanti così, la commedia dei due Matteo. Uno è il furbo e l’altro è il fesso.

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Matteo R. gliela faceva credere e Matteo S. s’illudeva. E allora quello, il leghista, poveretto, affranto da umori e livori, confessava ai suoi: “Vedrete che alla fine una mano me la dà nel voto sul processo”, e l’altro però, mentre quasi quasi gli tendeva una mano, intanto con l’altra barattava tutto con il Pd e i 5 stelle: quanto vale Matteo S.? Una presidenza in commissione finanze, una presidenza in commissione Sanità, una ai Trasporti, una alla Cultura… E’ da due anni che va avanti così, la commedia dei due Matteo. Uno è il furbo e l’altro è il fesso.

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E infatti ieri pomeriggio, dopo aver ascoltato nell’Aula del Senato le parole del suo omonimo, parole che lo inchiodavano a finire processato nel caso Open Arms, ecco che negli occhi di Salvini si andava specchiando gradatamente un caleidoscopio di emozioni. Un climax. Un crescendo rossiniano. La sorpresa, l’offesa, un’angosciata protesta, e infine l’impeto d’una ribellione: “Preferisco il silenzio del M5s  alle gratuite supercazzole di Renzi”. Poi: “E’ passato dall’avere come modello De Gasperi a comportarsi  come uno Scilipoti qualunque”. E ancora: “Ormai non gli crede più nessuno, neanche i suoi genitori”.

 

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E se non fosse chiaro: “Renzi ha la credibilità di una pianta grassa”. E infine, insistendo chissà perché sui genitori dell’altro, come una specie di fratello tradito, umiliato e offeso: “Non lo voteranno nemmeno suo padre e sua madre figurarsi gli italiani”. Ieri, per tutto il pomeriggio in Senato, e poi in televisione durante la sera, il tono del povero Salvini si sforzava di parere calmo, ma le contrazioni del volto, un certo rossore, e la durezza degli occhi – ci sono le immagini al tg4 – rivelavano un’ira e una delusione profonde.

 

E si capisce allora che davvero il Matteo leghista c’aveva creduto, sul serio, e incredibilmente, ancora una volta, come per la Gregoretti, quando l’altro – con grazia acrobatica – proprio come ieri era passato dall’ambiguità sibillina di “noi siamo sempre garantisti anche se non siamo noi a doverlo giudicare” a un’improvvisa avversione senz’appello, manifestata, per sadico soprammercato, lasciando spifferare dagli occhi una pernacchia brutale: “Voterò a favore della richiesta del Tribunale che accusa Matteo Salvini di sequestro di persona aggravato”.

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Eterno schema eterna tenaglia. E chissà se la ciclica illusione di Salvini, che pensa di trovare una sponda in Renzi, derivi anche dalle chiacchiere con il suo quasi suocero, e amico dell’altro Matteo, cioè Denis Verdini. Ma resta un fatto innegabile: è sempre la stessa storia che si ripete. Identica.

 

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Una sceneggiatura composta di segnali ambigui, mezze parole, carezzine accennate, coi giornali impegnati a tessere il racconto di una relazione amichevole che c’è ma forse non c’è affatto, e che infatti si conclude immancabilmente con Renzi, dotato d’una sfacciataggine o una sapienza di istrione, che incassa qualcosa di buono dal Pd mentre Salvini incassa solo un processo, una cocente disillusione o una sconfitta micidiale, come ai tempi del Papeete, quando l’altro Matteo diede l’avvio al governo del Bisconte.

 

E anche quella volta, su quella “mossa del cavallo” Renzi ci ha costruito il titolo del suo ultimo libro, che gli ha pure fatto guadagnare qualche soldo, mentre Salvini in quell’evento, per lui esiziale, ha trovato (insieme alla miopia e ai conseguenti occhiali da vista) il coraggio e le risorse motivazionali per mettersi finalmente a dieta rinunciando, per scaramanzia forse, al mojito, al rum e allo zucchero di canna.

 

E a quei tempi, proprio come oggi, Salvini s’arrabbiava, riempiva l’altro d’insulti. L’ultima volta fu una raffica di “poveretto”, “incapace” e “becchino”. Però poi passa un po’ di tempo, i due si telefonano, e allora Salvini dimentica e perdona, al punto che Renzi racconta con l’espressione d’avvoltoio satollo: “Mi ha chiamato e mi ha detto che gli piacerebbe incrociare le lame con me”.

 

Dunque ritornano complici, ancorché avversari, l’articolazione di un unico protagonista, ciascuno in guerra con il proprio doppio, legati come il caldo con il freddo, il nord con il sud, il giorno con la notte. E via così, in un eterno ripetersi dell’uguale, fino al prossimo pacco che alla prima occasione Matteo R. tirerà a Matteo S. Fratelli, praticamente.

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