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Cari cialtro libertari giù la mascherina

Claudio Cerasa

Indossare la mascherina non è un cedimento al politicamente corretto ma è il segno di un impegno condiviso oltre che un atto d’amore. Salvini e gli stati d’emergenza. Come vaccinarsi dai finti difensori della libertà

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Chiamarli negazionisti è forse un po’ troppo perché non basta comportarsi da cazzoni per poter essere considerati dei propalatori di bufale, dei diffusori di menzogne, dei megafoni di sciocchezze scientifiche e verità alternative. Chiamarli negazionisti è forse un po’ troppo. Ma allo stesso tempo chiamarli menefreghisti è forse troppo poco. Perché dietro all’idea di mostrare la propria virilità politica rifiutandosi di utilizzare la mascherina – come ha fatto Matteo Salvini due giorni fa a un convegno sul coronavirus, in cui ha sostenuto che il virus sia stato utilizzato dalla Cina per indebolire paesi come l’Italia e per permettere ai comunisti cinesi di poter acquistare sottocosto i gioielli del nostro paese – non c’è solo un atteggiamento irresponsabile ma c’è un filone di pensiero, dai tratti eversivi, che avrebbe persino un suo interesse culturale se fosse qualcosa di diverso da una semplice e poco seria strategia dettata da puro opportunismo politico.

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Chiamarli negazionisti è forse un po’ troppo perché non basta comportarsi da cazzoni per poter essere considerati dei propalatori di bufale, dei diffusori di menzogne, dei megafoni di sciocchezze scientifiche e verità alternative. Chiamarli negazionisti è forse un po’ troppo. Ma allo stesso tempo chiamarli menefreghisti è forse troppo poco. Perché dietro all’idea di mostrare la propria virilità politica rifiutandosi di utilizzare la mascherina – come ha fatto Matteo Salvini due giorni fa a un convegno sul coronavirus, in cui ha sostenuto che il virus sia stato utilizzato dalla Cina per indebolire paesi come l’Italia e per permettere ai comunisti cinesi di poter acquistare sottocosto i gioielli del nostro paese – non c’è solo un atteggiamento irresponsabile ma c’è un filone di pensiero, dai tratti eversivi, che avrebbe persino un suo interesse culturale se fosse qualcosa di diverso da una semplice e poco seria strategia dettata da puro opportunismo politico.

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Quando Matteo Salvini dice di non voler utilizzare la mascherina all’interno di un luogo chiuso aperto al pubblico, cioè in uno di quei contesti in cui a norma di legge le mascherine dovrebbero essere obbligatorie, non compie, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, un atto libertario, ovvero un gesto di disobbedienza civile simile a quelli visti in Michigan durante il lockdown. Ma compie semplicemente un atto di presunta ribellione rivolto a chi governa l’Italia perché dietro a quel “no, io la mascherina no, grazie” c’è una precisa linea politica finalizzata a instillare nella testa degli elettori un messaggio che suona grosso modo così e che non è così differente dal messaggio che la Lega un tempo offriva agli elettori quando parlava di vaccini: non fidatevi di questi politici, non fidatevi di questi scienziati, non fidatevi di questi virologi, non fidatevi di questo stato, fidatevi solo di voi stessi, fidatevi solo della vostra sensibilità, fidatevi solo della vostra capacità di scelta e non fatevi imbrigliare la vita da chi vuole alimentare la paura solo per potervi controllare meglio.

    

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Non c’è nulla di libertario nelle parole di Salvini perché le polemiche contro le mascherine non nascono da una valutazione attenta dei dati scientifici (la nostra libertà dipende dalla capacità di difenderci dal virus non dalla nostra capacità di difenderci dai dispositivi di protezione dal virus) ma nascono dall’idea che il famigerato sistema politico voglia nascondere la verità ai cittadini da un lato instillando il terrore (lo stato d’emergenza, rinnovato ieri fino al 15 ottobre, a questo serve, no?) e dall’altro importando il virus da dove si può (i porti aperti a questo servono, no?).

  

Fabrizio Pregliasco, virologo della Statale, ieri, ricordando che in Italia la mascherina è ancora obbligatoria sui mezzi di trasporto, nei locali chiusi aperti al pubblico, all’esterno quando vi sono assembramenti, ha detto, giustamente, che non si può fare a meno della mascherina e che per gli italiani la mascherina deve diventare un po’ come gli occhiali da sole da portare con noi quando serve e quando non si può rispettare il distanziamento. Non c’è nulla di libertario nella scelta della Salvini Associati di ribellarsi alle mascherine per queste ragioni ma anche per altre ragioni. Perché in questo caso la libertà di scelta non ha a che fare solo con la propria salute ma ha a che fare anche con quella delle persone che ci stanno accanto e l’idea che vi possano essere individui disposti a mettere in pericolo gli altri per portare avanti battaglie antisistema è un’idea che dovrebbe far accapponare la pelle.

  

Davvero – e lo diciamo anche ai volti autorevoli, da Nicola Porro a Vittorio Sgarbi, che due giorni fa hanno osservato senza colpo ferire lo show di Salvini al Senato – possiamo permetterci di considerare normale che chi non vede alcuna minaccia per se stesso possa essere messo nelle condizioni di diventare una minaccia per le persone più vulnerabili? Lo ha capito persino Donald Trump, che dopo mesi di ritardo non ha più vergogna a farsi vedere con una mascherina. Lo ha capito persino Boris Johnson, che dopo mesi di ritardo la scorsa settimana ha reso obbligatorie le mascherine in tutti i negozi del Regno Unito e che oggi non passa giorno senza far sapere di considerare “un pazzo” chi non indossa la mascherina.

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C’è un tema, dunque, che ha a che fare con il rispetto della libertà altrui, perché un vero libertario, cosa che Salvini non è, sa che la libertà di ogni individuo deve essere difesa fino a quando quella libertà non diventa un pericolo per la libertà altrui. C’è un tema che ha a che fare con la tendenza di una certa politica estremista, da Bolsonaro in giù, a considerare inaccettabile la circostanza di avere uno stato che si impiccia della tua vita, e anche Boris Johnson ha dovuto fare i conti con l’ala fintamente libertaria del suo partito che da giorni posta sui social immagini di tessere dei Tory tritate strappate accompagnate dall’hashtag #NoMasks.

 

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C’è però in definitiva un tema che ha un carattere di natura diversa quando si parla di mascherine e quando si parla di rispettare le regole basilari della convivenza civile al tempo del Covid e che coincide con una questione che in una stagione come quella vissuta dall’Italia non dovrebbe essere negoziabile: indossare la mascherina quando serve non è un cedimento al politicamente corretto ma è un segno di impegno condiviso ed è un atto di fiducia nei confronti di un sistema sanitario che, camici o non camici e Svizzera o non Svizzera, ha permesso all’Italia di tornare a vivere in una post normalità così vicina alla normalità da consentire anche alle fregnacce politiche di avere di nuovo una loro cittadinanza. Cari cialtro-libertari, giù la mascherina.

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