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la via grillina allo sviluppo

Patuanelli 4.0: meno Pomigliano, più Confindustria

Valerio Valentini

La nuova geografia del Mise. Via Barca, amico di Di Maio, e al suo posto Panucci e Bianchi. Così il ministro del M5s s'insinua nelle divisioni di Viale dell'Astronomia per proteggersi dagli attacchi di Bonomi

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Roma. Qualcuno, con una punta di perfidia, l’ha definita la “depomiglianizzazione” del Mise, evidentemente irriguardoso nei confronti dello sforzo che in verità Stefano Patuanelli e Luigi Di Maio hanno compiuto, nelle ultime settimane, per ritrovare un po’ di concordia, dopo mesi di sospetti e di ingiurie sottaciute, di cattiverie reciproche e di vicendevoli screzi. E dunque, nel benservito che il ministro dello Sviluppo ha riservato a Salvatore Barca, segretario generale di Via Veneto voluto all’epoca del governo gialloverde dall’allora capo politico del M5s, non c’è da vedere la volontà di Patuanelli di liberarsi del “Gigio magico”, quell’intrico di relazioni e amicizie che Di Maio si portava dietro dai tempi del liceo Imbriani, e di cui s’era poi ricordato al momento della sua apoteosi nel 2018. No, l’operazione di Patuanelli è più sottile e più ambiziosa: e mira a ripararsi da attacchi ben più insidiosi di quelli che gli potrebbero arrivare dal capo della Farnesina, e cioè quelli che stanno piovendo, e pioveranno ancora, dal nuovo capo di Confindustria.

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Roma. Qualcuno, con una punta di perfidia, l’ha definita la “depomiglianizzazione” del Mise, evidentemente irriguardoso nei confronti dello sforzo che in verità Stefano Patuanelli e Luigi Di Maio hanno compiuto, nelle ultime settimane, per ritrovare un po’ di concordia, dopo mesi di sospetti e di ingiurie sottaciute, di cattiverie reciproche e di vicendevoli screzi. E dunque, nel benservito che il ministro dello Sviluppo ha riservato a Salvatore Barca, segretario generale di Via Veneto voluto all’epoca del governo gialloverde dall’allora capo politico del M5s, non c’è da vedere la volontà di Patuanelli di liberarsi del “Gigio magico”, quell’intrico di relazioni e amicizie che Di Maio si portava dietro dai tempi del liceo Imbriani, e di cui s’era poi ricordato al momento della sua apoteosi nel 2018. No, l’operazione di Patuanelli è più sottile e più ambiziosa: e mira a ripararsi da attacchi ben più insidiosi di quelli che gli potrebbero arrivare dal capo della Farnesina, e cioè quelli che stanno piovendo, e pioveranno ancora, dal nuovo capo di Confindustria.

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Che del resto non stia tutto lì, nella “depomiglianizzazione”, il senso della manovra che Patuanelli sta attuando, lo si capisce dal fatto che, Barca a parte, gli altri amici di Giggino restano tutti dove stanno. Resta Assia Montanino, che a Barca è legata da vincoli personali, pomiglianese doc, nel ruolo di capo della segreteria; resta Enrico Esposito, rampante avvocato di Acerra, come capo dell’Ufficio legislativo; e resta Daniel De Vito, avellinese, a guidare la segreteria tecnica. Barca invece no, proprio non si sarebbe potuto tenerlo più. Un po’ perché certe spigolosità del suo carattere non erano mai andate a genio di Patuanelli; e un po’ perché quest’ultimo ha capito che Di Maio, nell’aver promosso d’incanto quel suo concittadino ai vertici della segreteria generale del ministero, aveva scatenato i risentimenti di tutta la burocrazia di Via Veneto, vistasi scavalcare da quello che fino al giorno prima era un semplice impiegato di area seconda e ora, in barba alla prassi e ai regolamenti interni, era arrivato a dettare legge con toni perentori.

 

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Dunque, via. E silurato Barca (per lui si parla di un ruolo da ad di Consap, ma non è escluso che torni al vecchio incarico del Mise), a Patuanelli tocca trovare un sostituto. E qui parte l’operazione più raffinata che l’ingegnere triestino sta cercando di condurre. Perché, è cosa ormai nota nel settore, a prendere il ruolo di segretario generale del Mise sarà Marcella Panucci, che arriva al ministero direttamente da Viale dell’Astronomia, dove ricopriva dal 2012 l’incarico di direttrice generale di Confindustria (prima donna nella storia) dopo una parentesi in Via Arenula come capo della segreteria tecnica dell’allora ministro Paola Severino. E insieme a lei, come vice segretario generale, Patuanelli vorrebbe ingaggiare anche Andrea Bianchi: già direttore generali delle Politiche industriali nel secondo governo Prodi, tra i capofila di quella indimenticata “scuola bersaniana” che col nuovo corso dirigista del Mise si trova sicuramente a suo agio, anche Bianchi traslocherebbe al ministero – sempre che i colloqui di questi giorni con Patuanelli vadano a buon fine – direttamente da Confindustria.

 

E qui forse il gioco del ministro del M5s un poco si rivela: perché appare evidente la sua volontà di attrarre a sé alcuni tra gli elementi più apprezzati della precedente gestione di Confindustria, quella di Giorgio Squinzi e di Vincenzo Boccia, così da ripararsi, almeno in parte, dalla guerriglia quotidiana che il nuovo presidente di Viale dell’Astronomia, quel Carlo Bonomi sempre aspro nei confronti del governo e del grillismo in specie, conduce sin dal giorno della sua designazione. E non che questo avvenga in ostilità a Di Maio. Che anzi osserva, e asseconda, e ha benedetto l’operazione sia parlando con Patuanelli sia confrontandosi, come gli capita spesso di fare, con Boccia.

 

E non basta. Perché, in questa sorta di missione impossibile che sta nel tracciare una via grillina allo Sviluppo economico, Patuanelli ha deciso di richiamare a sé anche i protagonisti della stagione calendiana del Mise, con l’aria di chi un po’, forse, si cosparge il capo di cenere per avere con troppa sbrigatività accusato di una certa “conservazione” quella classe dirigente, e aver tentato di smantellare, almeno all’inizio, quel che ne aveva ereditato. E così Elio Catania, già presidente – manco a dirlo – di Confindustria digitale, lui che insieme a Stefano Firpo aveva fatto nascere il progetto di Industria 4.0, diventerà con ogni probabilità il nuovo senior advisor per la Politica industriale del ministro. E probabilmente lo farà a titolo gratuito, o quasi: il che farà sorridere chi ancora si ricorda quei post con cui Beppe Grillo lo dileggiava sul SacroBlog, ironizzando sui suoi incarichi milionari e dandogli ironicamente del “poveraccio” (cose così: “Se ne andò con un buco di 465 milioni di perdite e con sette milioni di euro di buonuscita”). E infine, a completare questa ristrutturazione, potrebbe essere Luigi Ferraris, l’ex grande capo di Terna che Patuanelli vorrebbe tanto come senior advisor per le Politiche energetiche. Dovevano scardinare il sistema, un tempo, i grillini. Ma alla fine, anche la scatoletta di tonno, a suo modo, sa essere confortevole. Di certo per Bonomi, da domani, sarà un po’ più difficile scagliarsi contro quel Mise al cui interno, e ai cui vertici, c’è un pezzo della sua Confindustria.

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