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La De Micheli minaccia. Renzi pure. Conte rinvia. Ecco il governo boh

Valerio Valentini

Sul Mes il Senato decide di non decidere, il Cdm fa altrettanto su Autostrade. Il rodeo sulle nomine scontenta Italia viva, ma l'ex premier ottiene una nomina sull'Authority dei Trasporti

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Nel M5s, a quanto pare, hanno fatto anche un piccolo sondaggio interno, alla buvette di Palazzo Madama, per capire chi, nel loro gruppo, sia il più agile. “Appena il premier dirà buongiorno, ci sarà la corsa. Ogni partito ha allertato i suoi atleti migliori: il primo che arriva sotto il banco della presidente Casellati, vince una mozione”. Emma Bonino la prende con ironia, “ché a prenderla sul serio ci sarebbe da andare ai matti”. E allora la senatrice di + Europa, alla vigilia dell’informativa di Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo del 17 luglio, se la ride con un certo disincanto. “So che anche stavolta, come un mese fa, s’inventeranno di tutto, pur di non dover dire come la pensano sul Mes”. 

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Nel M5s, a quanto pare, hanno fatto anche un piccolo sondaggio interno, alla buvette di Palazzo Madama, per capire chi, nel loro gruppo, sia il più agile. “Appena il premier dirà buongiorno, ci sarà la corsa. Ogni partito ha allertato i suoi atleti migliori: il primo che arriva sotto il banco della presidente Casellati, vince una mozione”. Emma Bonino la prende con ironia, “ché a prenderla sul serio ci sarebbe da andare ai matti”. E allora la senatrice di + Europa, alla vigilia dell’informativa di Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo del 17 luglio, se la ride con un certo disincanto. “So che anche stavolta, come un mese fa, s’inventeranno di tutto, pur di non dover dire come la pensano sul Mes”. 

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E tra le ipotesi vagliate, la più originale è appunto quella della corsa in Aula. “Perché, a norma di regolamento, conta l’ordine di presentazione durante la seduta”, dice la Bonino, ammettendo che sì, nei colloqui in corso tra i partiti di maggioranza si vagliano anche altre soluzioni per scongiurare il rischio dell’incidente che farebbe precipitare gli eventi e forse il governo. Perché, nella sua linearità, la mozione della Bonino è banale: “Chiediamo al presidente del Consiglio di richiedere quanto prima i prestiti del Mes. E d’altronde, il ministro Speranza ci ha appena illustrato in Aula un interessante piano di spesa per rafforzare la Sanità. Senza i fondi del Salva stati, però, non è finanziabile”. E però è proprio questa nettezza della richiesta a spaventare la maggioranza. E così Pd e M5s, i loro capigruppo Marcucci e Perilli, si stanno dannando l’anima – il primo per dovere di fedeltà alla linea, il secondo per sincera paura – pur di scrivere una mozione che sì, tra gli strumenti che l’Europa mette a disposizione per la crisi del Covid, citi anche il Mes, ma solo di striscio, quasi per caso, e comunque in un secondo momento, magari in futuro, forse in caso di assoluta necessità e previo vaglio parlamentare. Insomma un pastrocchio, che però permetta comunque di considerare decaduta la mozione della Bonino. “E poi c’è una terza strada che stanno valutando”, prosegue la senatrice. “Quella, cioè, di dichiarare il nostro testo estraneo alla materia, appellandosi al fatto che che il prossimo consiglio europeo sarà sul piano Next Generation Eu, e dunque non sul Mes”. E certo ce ne vuole di fantasia. “Ma del resto – conclude la Bonino, che alle astruserie parlamentari è vaccinata da tempo – la complessità della scappatoia pensata è proporzionata alla debolezza del governo”.

 

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Che di sicuro, a guardarla dai corridoi di Palazzo Madama, a misurarla dalle sillabe intercettate tra un conciliabolo e l’altro, ieri appariva notevole. Tanto più che Italia viva osserva la faccenda con l’aria distaccata di chi minaccia: “Sul Mes noi abbiamo le mani libere”, diceva ieri mattina il capogruppo Davide Faraone. E libere, Matteo Renzi, vuole tenersele anche sull’altra surreale faccenda in cui il governo s’è impantanato, quella di Autostrade. Al punto che, alle sue ministre Bonetti e Bellanova, ha ventilato l’ipotesi di disertare il Cdm di stasera – quello che pareva dovesse essere decisivo, e che invece è diventato la scusa per un ennesimo rinvio – o quantomeno di abbandonarlo un attimo prima di votare l’eventuale revoca (sempre più improbabile): perché, su una questione del genere, il rischio di rimetterci anche in termini legali, in futuro, sarebbe alto. “E tutto questo per non fare fare brutta figura ai grillini? Suvvia”. Del resto il clima è quel che è, se perfino il ministro Paola De Micheli, ha fatto sapere a Palazzo Chigi che lei di ogni colloquio a proposito del pasticcio su Aspi, di ogni singolo scambio di pareri e di documenti conserva traccia e prova provata: come a dire che difficilmente accetterà di fare il capro espiatorio sull’altare della propaganda della Casalino e Associati.

 

E d’altronde, ad alimentare i risentimenti di Renzi, c’è anche l’approssimarsi dell’esito della trattativa sulle presidenze di commissione che l’ex premier reputa tutt’altro che soddisfacente. Alla Camera Iv otterrà, a quanto pare, la Trasporti con Raffaella Paita e la Finanze con Luigi Marattin. Al Senato, invece, oltre alla Cultura per Riccardo Nencini, la pattuglia renziana lotterà per ottenere la Lavoro con Annamaria Parente. Nessuna, però, tra le commissioni più ambite: né la Bilancio alla Camera (andrà, sembra, a Fabio Mellili del Pd) né la Affari costituzionale del Senato (destinata al dem Dario Parrini). Ma siccome le negoziazioni sono infinite, e legate l’una all’altra, Renzi avrebbe strappato la garanzia di un nome pesante sulla prossima Autorithy da rinnovare, quella sui Trasporti. Sempre che, beninteso, sul Mes non venga giù tutto. Ma meglio non dirlo alla Bonino, ché lei ci crede poco.

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