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Non solo Prodi. Ecco perché tutto il Parlamento fa la corte al Cav.

Valerio Valentini

Il Professore pensa al Quirinale. Nel Pd temono il subbuglio, e sospendono lo scouting. Renzi lusinga gli azzurri sulla giustizia, Salvini prova a comprarli con la legge elettorale. E tutti, però, bussano a Forza Italia

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Ci sta che certe volte i corteggiamenti troppo spudorati risultano molesti; o forse, più semplicemente, ci sta che a sentirsi desiderato, fatto oggetto di attenzioni, chiunque diventa vanitoso, esibisce ritrosia con modi da sciantosa. La politica è anche dissimulazione. E così chi ha avuto modo di parlare col Cav., poche ore dopo l’inaspettata lusinga rivoltagli da Romano Prodi (“FI in maggioranza? Nessun tabù”), s’è sentito dire che no, non basta questo per seppellire vent’anni di dissidi: “Un giusto ma tardivo riconoscimento”, lo avrebbe giudicato Berlusconi. “Come un Saulo folgorato sulla via di Damasco – se la ride Giorgio Mulè – Prodi ha visto la luce e s’è sentito chiedere: ‘Io sono il Nazareno, che tu perseguiti’”.

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Ci sta che certe volte i corteggiamenti troppo spudorati risultano molesti; o forse, più semplicemente, ci sta che a sentirsi desiderato, fatto oggetto di attenzioni, chiunque diventa vanitoso, esibisce ritrosia con modi da sciantosa. La politica è anche dissimulazione. E così chi ha avuto modo di parlare col Cav., poche ore dopo l’inaspettata lusinga rivoltagli da Romano Prodi (“FI in maggioranza? Nessun tabù”), s’è sentito dire che no, non basta questo per seppellire vent’anni di dissidi: “Un giusto ma tardivo riconoscimento”, lo avrebbe giudicato Berlusconi. “Come un Saulo folgorato sulla via di Damasco – se la ride Giorgio Mulè – Prodi ha visto la luce e s’è sentito chiedere: ‘Io sono il Nazareno, che tu perseguiti’”.

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Ma non è certo una mossa pensata per produrre ricadute immediate, quella di Prodi. Ché del resto, data l’instabilità dell’equilibrio su cui si regge la maggioranza, qualsiasi scossone, assai meno brusco di quello che servirebbe per far accettare il Cav. ai grillini, produrrebbe disastri. “Stiamo fermi”, va infatti ripetendo, da giorni, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini: che cauto lo è di natura, ma che qualche segnale deve avere reso ancora più timoroso, se è vero che ha catechizzato la sua pattuglia nel Pd dicendo che, prima di tutto, va scongiurata del tutto l’ipotesi, di per sé già vaga, di una capitolazione degli eventi in estate che porterebbe al voto a settembre. Forse anche per questo due senatori azzurri, già pronti a lasciare la truppa in nome del loro anti-salvinismo, si sono sentiti pregare, per paradossale che sembri, di rimandare il trasloco: “Non è il momento”. La finestra elettorale va insomma chiusa, sigillata, prima di tornare alle tattiche di Palazzo. Che Prodi d’altronde ben conosce: e infatti la sua tentata riconciliazione col Cav. mira semmai a un altro gioco, più alto e più lontano: e consiste nel preparare il terreno per una sua corsa al Quirinale, nel 2022, per la quale i voti di FI sarebbero, se non indispensabili, quantomeno importanti (specie per chi a fidarsi dei voti dei “suoi”, e solo su quelli, c’ha già provato: e non gli è andata bene). “Prodi al Colle? Lo voteremmo solo nel caso in cui garantisse a Berlusconi l’elezione a senatore a vita”, scherza – scherza? – Mulè, consapevole che nel gioco del corteggiamento, l’adulato deve saper farsi desiderare dallo spasimante, e alzare il prezzo.

 

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E lo sanno anche i renziani, che infatti provano ad adulare, pure loro, gli azzurri. Non a caso ieri Davide Faraone, capogruppo di Iv al Senato, ha incalzato il Guardasigilli grillino, Alfonso Bonafede, sulla vicenda giudiziaria dei diritti tv che ha portato alla condanna del Cav., “l’uomo che ha guidato più a lungo un governo nella storia d’Italia”, per poi proporre un commissione d’inchiesta parlamentare al riguardo. E casuale, dicono nel pd, non è stata neppure l’inconsueta accondiscendenza con cui Luigi Marattin, rinomato per la sua pignoleria perfino eccessiva, da relatore del Dl Rilancio alla Camera ha lasciato passare un po’ troppi emendamenti proposti da FI. “Ma in questo caso il gioco a più breve scadenza”, dice Andrea Cangini, senatore azzurro vicino a Mara Carfagna. “C’è che tutti danno per scontato che a settembre l’instabilità sarà altissima, e ci si pone il problema di come rafforzare questa maggioranza barcollante. E siccome le elezioni non sono all’orizzonte, si pensa a usare FI come truppa di riserva”. E certo le lusinghe sono arrivate pure a Cangini. “Però io – dice – preferisco restare dove sto, piuttosto che fare da stampella a Conte. Ma non è un mistero che parecchi, dentro il gruppo, la pensino diversamente”. Ed è su quelli, evidentemente, che punta Matteo Renzi, tornato iperattivo e piacione come non mai, nei confronti degli azzurri. Del resto, attendere lo spostamento in blocco di FI, come al Cav. suggerisce Gianni Letta, è un azzardo destinato a restare sospeso. “Berlusconi non si staccherà mai da Salvini”, ha detto, tra un brindisi e un karaoke, ai suoi parlamentari riuniti al ristorante Lavernale, sull’Aventino, martedì sera.

 


E forse ha ragione, se è vero che nei prossimi giorni il centrodestra, compatto, presenterà alla Camera una proposta di riforma della legge elettorale, dando prova di unità sulla madre di tutte le battaglie parlamentari: sarà una via di mezzo tra il Rosatellum e il Mattarellum, con metà dei seggi assegnati coi collegi uninominali e metà col proporzionale. Soluzione perfetta, per Salvini, per fare pure il filo ai forzisti: perché così potrà promettere i collegi, magari quelli blindati, agli azzurri, e così attrarre a sé i parlamentari che in mancanze di garanzie di rielezione diretta (come sarebbe col proporzionale pure voluto da Pd e M5s) cercherebbero altri lidi. E però, al contempo, il capo della Lega scanserebbe la rogna di reinventarsi federatore della coalizione, come sarebbe costretto in caso del maggioritario vagheggiato da Renzi: restare lui, insomma, fedele a se stesso e al suo ruolo di capopolo da Papeete, leader del Carroccio che attrae a sé i dispersi azzurri.

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