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Ricordate l’indagine che spinse il M5s a Parma? Smontata, dieci anni dopo

Ermes Antonucci

Il ribaltone politico-giudiziario che portò i grillini alla guida della città viene smontato solo oggi: l'ex primo cittadino Vignali e gli altri indagati sono stati completamente scagionati

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A distanza di ben dieci anni, è finita con l’archiviazione una delle inchieste principali che tra il 2010 e il 2011 travolsero il comune di Parma, costringendo l’allora sindaco di centrodestra Pietro Vignali alle dimissioni e aprendo la strada alla prima vittoria del Movimento 5 Stelle in una grande città, con l’elezione a sindaco di Federico Pizzarotti nel 2012. “Sarà un trionfo, Parma sarà come la presa della Bastiglia”, gridò all’epoca Beppe Grillo in piazza durante la campagna elettorale, solleticando gli impulsi giacobini degli elettori. Il trionfo ci fu (anche se più tardi Pizzarotti sarà disconosciuto dal M5s) e a determinarlo fu soprattutto la bufera mediatico-giudiziaria abbattutasi sulla giunta comunale. Tra il 2010 e il 2011, il comune fu travolto da una serie impressionante di inchieste giudiziarie. Svariate le accuse: corruzione, concussione, abuso d’ufficio, spreco di risorse pubbliche, favoritismi personali. Il culmine venne raggiunto il 24 giugno 2011, quando undici persone tra dirigenti comunali, vigili urbani e imprenditori vennero arrestati. Una folla di centinaia di persone si riunì all’ingresso del comune per protestare e chiedere le dimissioni del sindaco Vignali, tra urla e lancio di monetine, come ai tempi di Bettino Craxi all’Hotel Raphael. Non fu l’unico episodio a ricordare l’epoca di Mani pulite. La rabbia degli “indignati” venne cavalcata dai grandi organi di informazione, allora sostenitori della linea anti casta. Sul Corriere della Sera venne pubblicato un lungo articolo di Aldo Cazzullo dedicato a Parma, dal titolo “La città sotto inchiesta dove tutti rubavano tutto”.

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A distanza di ben dieci anni, è finita con l’archiviazione una delle inchieste principali che tra il 2010 e il 2011 travolsero il comune di Parma, costringendo l’allora sindaco di centrodestra Pietro Vignali alle dimissioni e aprendo la strada alla prima vittoria del Movimento 5 Stelle in una grande città, con l’elezione a sindaco di Federico Pizzarotti nel 2012. “Sarà un trionfo, Parma sarà come la presa della Bastiglia”, gridò all’epoca Beppe Grillo in piazza durante la campagna elettorale, solleticando gli impulsi giacobini degli elettori. Il trionfo ci fu (anche se più tardi Pizzarotti sarà disconosciuto dal M5s) e a determinarlo fu soprattutto la bufera mediatico-giudiziaria abbattutasi sulla giunta comunale. Tra il 2010 e il 2011, il comune fu travolto da una serie impressionante di inchieste giudiziarie. Svariate le accuse: corruzione, concussione, abuso d’ufficio, spreco di risorse pubbliche, favoritismi personali. Il culmine venne raggiunto il 24 giugno 2011, quando undici persone tra dirigenti comunali, vigili urbani e imprenditori vennero arrestati. Una folla di centinaia di persone si riunì all’ingresso del comune per protestare e chiedere le dimissioni del sindaco Vignali, tra urla e lancio di monetine, come ai tempi di Bettino Craxi all’Hotel Raphael. Non fu l’unico episodio a ricordare l’epoca di Mani pulite. La rabbia degli “indignati” venne cavalcata dai grandi organi di informazione, allora sostenitori della linea anti casta. Sul Corriere della Sera venne pubblicato un lungo articolo di Aldo Cazzullo dedicato a Parma, dal titolo “La città sotto inchiesta dove tutti rubavano tutto”.

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Questo fino a quando non era arrivato “il Di Pietro di Parma, Gerardo Laguardia, a scoperchiare il sistema” e costringere il sindaco alle dimissioni. Nessuno poteva immaginare che alcuni anni dopo, nel 2017, Gerardo Laguardia, capo della procura di Parma per nove anni e grande inquisitore della giunta comunale di centrodestra, proprio come Di Pietro sarebbe sceso in politica, candidandosi in una lista di centrosinistra (raccoglierà la miseria di settanta voti). Il ribaltone politico, comunque, si realizzò. La bufera giudiziaria spalancò la strada al primo trionfo grillino in una grande città, nel nome della lotta alle ruberie della politica. Sono trascorsi dieci anni e gran parte dei procedimenti non sono ancora giunti a sentenza, lasciando nel limbo gli imputati. In alcuni filoni minori si sono avute sentenze di condanna, seppur ancora provvisorie. In un altro filone ancora, nato più tardi nel 2013, Vignali ha deciso di patteggiare (due anni con pena sospesa), una scelta dettata non da un’ammissione di colpa ma “dall’esigenza per me vitale di voltare pagina, chiudendo un periodo di grande dolore fisico ed emotivo”. Pochi giorni fa è arrivata l’ennesima svolta paradossale della vicenda. Una delle inchieste principali che nel 2010 si abbatté sul comune è stata archiviata dal gip di Parma, su richiesta dello stesso pubblico ministero. L’inchiesta ha coinvolto non solo Vignali, ma anche due segretari comunali, il direttore generale, il direttore del personale e un assessore, tutti accusati di abuso d’ufficio per aver assunto diciotto dirigenti in modo clientelare, provocando un danno erariale di 3,2 milioni di euro. L’inchiesta, come spesso accade nei casi di presunto abuso d’ufficio, paralizzò per mesi l’attività del comune, spingendo i dirigenti a non firmare alcun atto per paura di doverne risponderne penalmente.

 

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Dieci anni dopo scopriamo che non ci fu nessuna assunzione clientelare. Per il pm Paola Dal Monte, anzi, “gli investigatori sono incorsi in alcuni errori di valutazione”, poiché quelle assunzioni rientravano nell’ambito della legittima attività discrezionale del sindaco e sono state ampiamente giustificate: “Il criterio previsto dalla legge per l’assunzione appare del tutto rispettato e non può essere invocata la violazione”. Il gip, pur condividendo le osservazioni del pm, ha deciso di accogliere la richiesta di archiviazione senza entrare nel merito, disponendo così l’archiviazione per intervenuta prescrizione. Nella sostanza, Vignali e gli altri indagati sono stati completamente scagionati.

 

La vicenda è significativa non solo perché riporta all’attenzione, ancora una volta, i danni provocati all’attività della pubblica amministrazione da un reato aleatorio come l’abuso d’ufficio, ma anche perché ci ricorda le origini forcaiole di molte fortune a 5 stelle. Il caso di Parma fu solo il preludio della vittoria a Roma di Virginia Raggi nel 2016 sull’onda dello scandalo “Mafia Capitale”. Una mafia che, come ormai accertato dai giudici, in realtà non fu mafia.

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