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Nonsense Open Arms

Luca Gambardella

Frasi sconnesse, dichiarazioni contraddittorie, fatti travisati. I risvolti surreali del voto in Giunta

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Roma. “Se vi ricordate, la Diciotti era una nave italiana. In questo caso la nave era spagnola, batteva bandiera spagnola e per la legge, i trattati del mare, il porto di sicurezza (sic) per i soggetti che erano sopra quella nave doveva essere spagnolo”. Il diritto del mare visto dal senatore Mario Giarrusso potrebbe indurre a sospettare che in tutte le riunioni in cui la Giunta per le autorizzazioni a procedere è stata chiamata a esprimersi nell’ultimo anno a proposito dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini – sul caso Diciotti, su quello della Gregoretti fino a quello di martedì, che ha negato il processo al leader leghista per il caso Open Arms – l’ex M5s non abbia colto appieno su cosa stesse davvero votando. L’inaccuratezza delle sue parole – in punta di diritto il “porto sicuro” non dipende dallo stato di bandiera della nave – induce a sospettare che il voto di martedì in Giunta, al netto di ogni sacrosanto garantismo, sia stato macchiato dal più classico dei paradossi: quello di dovere dare un parere politico su una questione giuridica. Un’impresa impossibile, secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi): “Battaglie da pollaio” , le chiama.

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Roma. “Se vi ricordate, la Diciotti era una nave italiana. In questo caso la nave era spagnola, batteva bandiera spagnola e per la legge, i trattati del mare, il porto di sicurezza (sic) per i soggetti che erano sopra quella nave doveva essere spagnolo”. Il diritto del mare visto dal senatore Mario Giarrusso potrebbe indurre a sospettare che in tutte le riunioni in cui la Giunta per le autorizzazioni a procedere è stata chiamata a esprimersi nell’ultimo anno a proposito dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini – sul caso Diciotti, su quello della Gregoretti fino a quello di martedì, che ha negato il processo al leader leghista per il caso Open Arms – l’ex M5s non abbia colto appieno su cosa stesse davvero votando. L’inaccuratezza delle sue parole – in punta di diritto il “porto sicuro” non dipende dallo stato di bandiera della nave – induce a sospettare che il voto di martedì in Giunta, al netto di ogni sacrosanto garantismo, sia stato macchiato dal più classico dei paradossi: quello di dovere dare un parere politico su una questione giuridica. Un’impresa impossibile, secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi): “Battaglie da pollaio” , le chiama.

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La legge costituzionale numero 1 del 1989, quella che modifica l’articolo 96 della Costituzione sui reati ministeriali, starebbe lì proprio per chiarire che il compito del Parlamento è quello di stabilire se “l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo”. Insomma la questione, con buona pace di Giarrusso, non è se i migranti dovevano andare in Spagna, ma se Salvini abbia abusato dei suoi poteri. Invece persino un avvocato come la senatrice grillina Alessandra Riccardi – anche lei contraria all’autorizzazione a procedere contro l’ex ministro – è arrivata a dire di “avere fatto un’analisi” e, alla fine di questa, di essere arrivata alla conclusione che Salvini ha agito “all’interno della politica del governo di contenimento dei flussi migratori”. Peccato che la storia del “anche Conte sapeva” tecnicamente non fosse oggetto del voto. “E se fosse davvero come riferito da Riccardi, allora ogni mezzo sarebbe lecito. Regolarizzare i flussi non può essere fatto violando la legge”, spiega Schiavone.

 

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E invece parrebbe di sì, come si evince dal voto di martedì. L’ex ministro dell’Interno, secondo la Giunta, sarebbe stato legittimato a ritardare lo sbarco di 161 migranti per 19 giorni nell’agosto del 2019 per due motivi: il primo perché c’era il rischio della presenza di terroristi a bordo, il secondo è che il governo intendeva contenere l’afflusso di irregolari. Peccato che, al termine dell’agonia, nessuno dei migranti a bordo sia stato identificato come terrorista e che, negli stessi giorni in cui Open Arms restava al largo di Lampedusa, gli sbarchi autonomi continuavano indisturbati.

 

Dalle indagini condotte finora sono emerse svariate violazioni da parte di Salvini (o almeno violazioni contestate). Lo scorso agosto, il Tribunale dei minori di Palermo descrisse il caso della nave spagnola come “una situazione che equivale, in punto di fatto, a un respingimento o diniego di ingresso a un valico di frontiera”. Cioè, dicevano i giudici, si tratta di un respingimento che però è vietato dalle leggi italiane (art. 19 co. 1 Bis D. L.vo. 286/98 come integrato dall’articolo 3 della legge 47/17) e da quelle internazionali (articolo 33 della Convenzione di Ginevra). Il 14 agosto scorso pure il Tar aveva ribadito che Salvini stava abusando dei suoi poteri e che Open Arms doveva subito attraccare a Lampedusa per “prestare l’immediata assistenza alle persone soccorse”. Nel sospendere l’applicazione del decreto sicurezza bis, quello che di fatto impediva alla nave di attraccare in porto, i giudici amministrativi avevano parlato di “eccesso di potere per travisamento dei fatti” e di una “violazione delle norme del diritto internazionale in materia di soccorso”. “L’autorità pubblica aveva consapevolezza della situazione d’urgenza e il dovere di porvi fine ordinando lo sbarco delle persone”, aveva scritto il pm di Agrigento, Luigi Patronaggio, negli atti dell’inchiesta sul caso Open Arms. Per non parlare dell’emergenza sanitaria a bordo, testimoniata dallo stesso pm in una perizia depositata agli atti.

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Un’urgenza di cui si erano resi testimoni anche i membri di una delegazione del Parlamento che in quei giorni drammatici si era recata in visita a bordo della nave. Tra questi c’era pure Davide Faraone, senatore di Italia viva, che il 14 agosto 2019 scriveva su Facebook: “I 19 membri dell’equipaggio faticano a contenere i contrasti che nascono sul cibo, sui posti all’ombra, per la fila verso i bagni, due in uno spazio complessivo di 180 metri quadri, e molti non possono chiamare i propri cari a casa. Altri hanno cominciato uno sciopero della fame, le tensioni crescono, da giorni sono in mezzo al mare”. Stavolta Italia viva si è astenuta sull’autorizzazione a procedere e Faraone ha spiegato in una nota che quanto visto un anno fa non c’entrava con il voto di martedì, perché questi “sono temi seri, non si va a simpatia ma si studia e si approfondisce”. E in questo anno Italia viva ha deciso pure che “non sembrerebbe emergere l’esclusiva riferibilità all’ex ministro dell’Interno dei fatti contestati”, come spiega una nota di martedì a firma del senatore Francesco Bonifazi. E dire che, sempre nell’agosto 2019, le idee tra i renziani sembravano più chiare: “Salvini continua a comandare imponendo un divieto di sbarco per Open Arms che il Tar ha bocciato – scriveva Faraone lo scorso anno –, infischiandosene di Conte che aveva chiesto di far sbarcare i minori e storcendo il naso al ministro Trenta che ha allertato le navi della Marina militare in soccorso dei 32 minori. Sapete una cosa? I pieni poteri Salvini se li è presi e prima lo cacciamo meglio è”. Sembra una vita fa, era l’estate scorsa.

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