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Il processo a Salvini nella Repubblica del “ma anche no”

Redazione

L'ex vicepremier va giudicato per aver ritardato lo sbarco dalla Open Arms? La giunta dice no, ora spetta all'Aula di Palazzo Madama. I cortocircuiti di un sistema assurdo

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Matteo Salvini va giudicato per aver ritardato lo sbarco dalla Open Arms? Era in vigore un trattato che imponeva al paese più vicino di accogliere i migranti, contestato dal governo di allora ma vigente. Quindi la decisione di non rispettarlo costituisce una violazione della quale è ragionevole identificare i responsabili. Se poi si trattasse solo di Salvini o, come dice lui, di una scelta politica condivisa, è appunto un argomento da chiarire in un dibattimento. Questo stando ai fatti. Ma non sempre i fatti bastano, in un paese dove vige tanto spesso la regola autodissolvente del “ma anche no”.

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Matteo Salvini va giudicato per aver ritardato lo sbarco dalla Open Arms? Era in vigore un trattato che imponeva al paese più vicino di accogliere i migranti, contestato dal governo di allora ma vigente. Quindi la decisione di non rispettarlo costituisce una violazione della quale è ragionevole identificare i responsabili. Se poi si trattasse solo di Salvini o, come dice lui, di una scelta politica condivisa, è appunto un argomento da chiarire in un dibattimento. Questo stando ai fatti. Ma non sempre i fatti bastano, in un paese dove vige tanto spesso la regola autodissolvente del “ma anche no”.

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Se si comincia a ragionare sui contorni della vicenda infatti il profilo del reato si fa più indefinito, l’obbligo di soccorso prevede varie eccezioni, a cominciare dall’indefinibile rischio di infiltrazioni terroristiche, la garanzia di un processo equo e imparziale è messa in discussione dalle trame emerse nelle intercettazioni dei magistrati, arrivare a una sentenza definitiva sarebbe assai difficile, e nel frattempo si offrirebbe a Salvini una tribuna per presentarsi come vittima e per tenere viva la questione, ormai pressoché dimenticata dell’immigrazione clandestina. 

  

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Si dirà che così si gira intorno alla questione, che non c’è certezza del diritto, che manca la “chiarezza”. Vero, verissimo, anzi probabile, come recitava il titolo di un film di tanti anni fa. Ma nella Repubblica del “ma anche no” si può davvero pensare di chiudere una questione politica di prima grandezza, quella dell’emergere di una posizione sovranista che raccoglie molti, se si vuole troppi consensi, con una interminabile procedura giudiziaria per giunta già all’origine contaminata da sospetti di faziosità? E’ vero anche il contrario naturalmente: il peso politico non dovrebbe esimere nessuno dal rispondere dei reati la cui responsabilità penale è personale, non politica. Ma se si applica questo principio sarà difficile sostenere che la responsabilità è proprio solo di Salvini. A ogni affermazione se ne può giustapporre un’altra che la mette in dubbio o la capovolge. Così è se vi pare è l’unica conclusione sconsolatamente pirandelliana che sembra adatta a questa vicenda paradossale in un sistema assurdo.

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