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Calcoli e garantismo

Valerio Valentini

“Gli avversari non si sconfiggono in tribunale”. Ma nella scelta di Renzi su Salvini c’è anche della tattica

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Roma. Verrebbe da liquidarla subito così, citando quel Matteo Orfini che spesso Matteo Renzi amava tirare in ballo, e che di recente ha ripreso a blandire: e dire insomma che “quando si entra nel merito non c’è più la politica”. E per Renzi, invece, soprattutto per questo Renzi, esiste solo la politica. “E noi è con la politica, nell’agosto scorso, che abbiamo mandato a casa Salvini”, rivendica Roberto Giachetti, deputato di Iv, “mentre in una certa sinistra persiste il vizio di sconfiggerli per via giudiziaria, gli avversari”. E tuttavia “nel merito” bisogna pur entrarci, per sgomberare almeno un po’ di ipocrisie da questa commedia degli equivoci in cui ciascuno gioca un ruolo che non gli si confà. E allora ecco Giuseppe Cucca che arriva a Palazzo Madama col suo bel faldone di fogli e precisa: “La vicenda va chiarita meglio, perché è più controversa di quelle precedenti”. 

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Roma. Verrebbe da liquidarla subito così, citando quel Matteo Orfini che spesso Matteo Renzi amava tirare in ballo, e che di recente ha ripreso a blandire: e dire insomma che “quando si entra nel merito non c’è più la politica”. E per Renzi, invece, soprattutto per questo Renzi, esiste solo la politica. “E noi è con la politica, nell’agosto scorso, che abbiamo mandato a casa Salvini”, rivendica Roberto Giachetti, deputato di Iv, “mentre in una certa sinistra persiste il vizio di sconfiggerli per via giudiziaria, gli avversari”. E tuttavia “nel merito” bisogna pur entrarci, per sgomberare almeno un po’ di ipocrisie da questa commedia degli equivoci in cui ciascuno gioca un ruolo che non gli si confà. E allora ecco Giuseppe Cucca che arriva a Palazzo Madama col suo bel faldone di fogli e precisa: “La vicenda va chiarita meglio, perché è più controversa di quelle precedenti”. 

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Quelle precedenti, cioè la Diciotti e la Gregoretti, videro i renziani sempre compatti a concedere l’autorizzazione a procedere a Matteo Salvini. “E però già sulla Gregoretti, a gennaio, ci astenemmo in Giunta – spiega Cucca – per poi studiare le carte, nel merito”. Ed è proprio nel merito, allora, che la storiaccia della Open Arms – su cui i renziani martedì si sono astenuti in Giunta contribuendo a “salvare Salvini”, come recita la vulgata manettara – si rivela ancor più ingarbugliata delle altre. “Ora tutti a dirci che siamo di destra”, sbuffa Davide Faraone, capogruppo di Iv al Senato. “Ricordo che io su quelle navi tenute in ostaggio da Salvini sono salito. Ricordo che la regolarizzazione dei migranti l’ha voluta la nostra Teresa Bellanova. Ricordo ai moralisti che, fosse per noi, i decreti sicurezza andrebbero cambiati domani mattina. Ma prima di mandare a processo qualcuno, chiunque sia, vogliamo approfondire”.

 

Perché nel caso della Open Arms ci sono scambi epistolari tra l’allora premier gialloverde, Giuseppe Conte, e il suo ministro dell’Interno, fin troppo pubblici per essere ignorati. E le lettere tra il “caro Giuseppe” e il “caro Matteo”, in quell’agosto del Papeete, dimostrano che una condivisione di scelte da parte dell’intero governo non poté non esserci, nella decisione rivendicata da Salvini di tenere in mare 150 disgraziati. Sennonché a un certo punto, durante il pranzo di ferragosto, il premier scrisse a Salvini e ne diede notizia su Facebook, certificando di fatto il suo pieno coinvolgimento. Perché, in breve, il 13 agosto Conte aveva detto a Salvini di far sbarcare i minori. E i minori erano stati fatti sbarcare subito. Poi, però, il premier non pretende null’altro dal suo ministro. Anzi. E allora la domanda dei renziani sorge spontanea: “Bastava che Conte chiedesse di far sbarcare tutti i migranti tenuti in ostaggio sulla Open Arms, e la faccenda si sarebbe risolta”. Lineare, cristallino.

 

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Ma questo, appunto, è il merito. Poi invece c’è la politica. Ed è in nome di quella che il Pd, che pure accusava Conte di essere “succube” e “complice” di Salvini, quando Conte era premier gialloverde, sorvola sulla subalternità e la complicità di Conte, ora che Conte è il premier giallorosso. Poi c’è il M5s, per cui la politica è caos e paura, che in tre diversi casi, in Giunta, è riuscita a prendere tre posizioni diverse: contro l’autorizzazione sulla Diciotti, astenuto sulla Gregoretti, a favore sulla Open Arms, e nel mezzo s’è perso per strada quattro dei suoi otto membri in giunta, passati al Misto, alla Lega, o dissidenti.

 

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Ed è così, dicendo che è “la politica”, che Renzi martedì, a cose già decise, ha informato i suoi senatori del perché dell’astensione. Perché è vero che martedì è finita 13 a 7 contro l’autorizzazione a procedere, a causa di due defezioni grilline e il voto a favore della Svp, e dunque anche i tre renziani astenuti sono risultati ininfluenti. I 17 voti di Italia viva sono stati decisivi per salvare il ministro Bonafede la settimana scorsa, lo saranno anche per decidere le sorti di Salvini il mese prossimo. Quando serviranno 161 voti per sottrarre al processo il capo della Lega, e senza Iv, a quella soglia, il centrodestra non può arrivarci. “Sui temi del garantismo noi valutiamo nel merito, non ci sarà vincolo di maggioranza che tenga”, annuncia Faraone. Ma di nuovo, sopra al merito c’è la politica. Perché alzare la bandiera del garantismo nei giorni in cui si scoperchia di nuovo il putridume che ruota intorno al Csm e ai magistrati che fanno politica con la toga, per Renzi significa occupare lo spazio mediamo, quello da cui si può taglieggiare il passante, oppure graziarlo. Non è un caso che anche nel gruppo delle Autonomie, al Senato, ci sia chi si oppone all’eccessiva “deriva filocontiana” di un pezzo della Svp: “Perché invece restando più neutrali, in scia ad Iv, possiamo contare di più”. E la giustizia è un terreno ideale, per questa strategia. Lo si capirà anche alla Camera, nelle prossime settimane, quando la proposta di legge avanzata dalla Camere penali sulla separazione delle carriere dovrebbe approdare in Aula. “E gli unici contrari, al momento, sono i grillini”, dice il forzista Enrico Costa.

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