Silvia Romano è tornata a casa a Milano (Foto Claudio Furlan / LaPresse)

L'ostracismo contro Silvia Romano

Redazione

Non solo insulti. Si sta perdendo la nozione democratica di cittadinanza

Nella democrazia ateniese l’ostracismo era un procedimento giuridico che comminava fino a dieci anni di esilio ai cittadini che venivano giudicati un possibile pericolo per la città. Perché la condanna fosse valida dovevano votarla almeno seimila cittadini (ben più di una piattaforma Rousseau, diciamo) e si scriveva il nome dell’ostracizzato su un coccio di terracotta. Oggi a determinare una sorta di ostracismo basta vomitare epiteti sui social media o persino in Parlamento. Dall’appartenenza o meno alla “città” dipendeva l’identità e spesso anche la vita di chi veniva escluso (per i romani, l’esilio poteva essere “aqua et igni”, senza la possibilità di ricevere sostentamento). Il caso di Silvia Romano, osservato dallo specifico punto di vista di una simbolica esclusione dalla cittadinanza, è significativo e preoccupante. C’è qualcosa di ancora più grave del leghista che le ha dato di “neo-terrorista”.

 

A Silvia Romano è stato rinfacciato, da una parte dell’opinione pubblica, da giornali, di non essere più “di noi”. Sia nel senso di italiana (ora sarebbe somala) sia in senso “religioso” (non appartiene più alla religione che qualcuno considera, evidentemente, di stato). Dunque ha perso il diritto a restare (“torna in Africa”) e a essere difesa da parte della comunità (il riscatto non andava pagato) anzi si possono tirare bottiglie contro le sue finestre. L’impressione è di essere davanti a un crollo dell’idea di cittadinanza. Analfabetismo costituzionale. Siamo al punto di dover ribadire che la cittadinanza è diritto di tutti, senza restrizioni di sesso, religione, idee politiche e che lo stato garantisce pari dignità e sicurezza a ognuno.

 

La regola dell’ostracismo ad Atene non era, in realtà, una contraddizione o uno svuotamento della democrazia. Semplificando, Atene era una democrazia ristretta, non si era ancora “riempita” del concetto di universalità che la parola ha oggi. Viceversa, la faccenda del rigetto – il non appartenere alla “nostra” città – nei confronti di Silvia Romano (ma è già accaduto in passato con altre figure controverse, magari a tifoserie politiche invertite) è il segno di uno svuotamento e di una corruzione profonda della concezione di democrazia repubblicana: stato e diritto.

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