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L’insidia della sfida populista: il caso italiano

Giacomo Delledonne, Giuseppe Martinico, Matteo Monti, Fabio Pacini

Un approccio mimetico e parassitario alla Costituzione. Il populismo endemico delle politiche di bilancio. Un libro da studiare

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Il volume Italian Populism and Constitutional Law, pubblicato per i tipi dell’editore Palgrave, si propone di analizzare l’uso che i populisti fanno delle categorie della teoria costituzionale e degli strumenti del diritto costituzionale (per esempio, il referendum). Perché dedicare un volume al rapporto fra populismo e costituzionalismo? E perché concentrare l’attenzione sul caso italiano? Populismo è una delle parole-chiave della discussione pubblica contemporanea: ora è adoperato in chiave polemica (“fare argine al populismo”), ora è apertamente rivendicato (così il presidente del Consiglio Conte, per esempio in un discorso tenuto all’Assemblea generale dell’Onu nel settembre 2018). Il nostro paese ha un rapporto di lunga durata con populismi variamente declinati e il populismo italiano, inoltre, si colloca e si sviluppa in un “ambiente” costituzionale peculiare. Uno delle caratteristiche fondamentali della Costituzione repubblicana, elaborata nel segno della reazione ai totalitarismi e della valorizzazione del pluralismo, è la valorizzazione di garanzie contro-maggioritarie che non si pongono in antitesi rispetto alla democrazia, ma ne costituiscono parte integrante.

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Il volume Italian Populism and Constitutional Law, pubblicato per i tipi dell’editore Palgrave, si propone di analizzare l’uso che i populisti fanno delle categorie della teoria costituzionale e degli strumenti del diritto costituzionale (per esempio, il referendum). Perché dedicare un volume al rapporto fra populismo e costituzionalismo? E perché concentrare l’attenzione sul caso italiano? Populismo è una delle parole-chiave della discussione pubblica contemporanea: ora è adoperato in chiave polemica (“fare argine al populismo”), ora è apertamente rivendicato (così il presidente del Consiglio Conte, per esempio in un discorso tenuto all’Assemblea generale dell’Onu nel settembre 2018). Il nostro paese ha un rapporto di lunga durata con populismi variamente declinati e il populismo italiano, inoltre, si colloca e si sviluppa in un “ambiente” costituzionale peculiare. Uno delle caratteristiche fondamentali della Costituzione repubblicana, elaborata nel segno della reazione ai totalitarismi e della valorizzazione del pluralismo, è la valorizzazione di garanzie contro-maggioritarie che non si pongono in antitesi rispetto alla democrazia, ma ne costituiscono parte integrante.

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I populisti di governo non si pongono in completa antitesi con il testo costituzionale, ma cercano di apparire in sintonia con quest’ultimo e, così facendo, di legittimarsi, piegando il testo costituzionale alla loro idea di democrazia

Come descrivere l’atteggiamento del populismo rispetto alla democrazia costituzionale? Se l’approccio classico tende a concepire populismo e costituzionalismo come entità antitetiche, pare più corretto prendere in considerazione il fenomeno in tutta la sua complessità. A ben vedere, i populismi adoperano continuamente categorie proprie del costituzionalismo: popolo, maggioranza, sovranità, democrazia, solo per citare alcuni esempi. Ciò rivela l’insidia della sfida populista (specie nel caso dei populismi di governo): almeno in prima battuta, questa tende a presentarsi come compatibile con la struttura delle democrazie costituzionali, salvo poi tentare di alterarne il nucleo essenziale.

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In questo senso l’approccio populista alla Costituzione è, allo stesso tempo, mimetico e parassitario. I populisti di governo non si pongono in completa antitesi con il testo costituzionale, ma cercano di apparire in sintonia con quest’ultimo e, così facendo, di legittimarsi, piegando il testo costituzionale alla loro idea di democrazia usando come leva la loro interpretazione del principio maggioritario. Basti qui citare il riferimento che spesso, in Italia, viene fatto all’art. 1 della Costituzione: i populismi di governo si “nascondono” dietro un uso strumentale e manipolatorio del dettato costituzionale, omettendo volutamente che lo stesso art. 1 fa riferimento ai limiti all’esercizio della sovranità popolare. I populisti, in altre parole, nel momento in cui si presentano come compatibili con la Costituzione cercano di appropriarsi di alcuni suoi concetti, proponendone allo stesso tempo un’interpretazione alternativa, se non una vera e proprio contro-narrazione costituzionale che è funzionale all’alterazione delle gerarchie valoriali proposte dal testo fondamentale.

 

Qui entra in gioco la componente “parassitaria” del populismo. Sulla scia di Arditi e Urbinati, Fournier ha sostenuto, infatti, che il populismo si alimenti delle categorie e delle opportunità offerte dal costituzionalismo per alterare in maniera – appunto – parassitaria le gerarchie (valoriali e giuridiche) delle democrazie costituzionali. In tal senso, almeno quattro importanti ingredienti della retorica populista vengono spesso utilizzati per erodere i pilastri della democrazia costituzionale: 1) la concezione riduttiva (se non “riduzionistica”) del complesso concetto di democrazia, intesa dai populisti come mera regola della maggioranza; 2) la tendenza a rappresentare la volontà popolare come fonte assoluta della verità politica e giuridica e come concetto non mediabile; 3) la contrapposizione fra la “maggioranza” e gli “altri” (le minoranze), spesso descritti come élites corrotte; 4) l’uso di una concezione riduzionistica della democrazia – sub specie di mero principio maggioritario – come “asso pigliatutto”, una carta che prevale sempre e comunque sugli altri principi costituzionali.

 

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Su questo sfondo, il volume sviluppa un’analisi esaustiva delle questioni costituzionali legate all’ascesa del populismo italiano, osservandone da diverse prospettive le problematiche rispetto all’ordinamento costituzionale. A tal fine, il libro è strutturato in due parti: nella prima si affronta il tema dell’impatto delle rivendicazioni populiste sulle istituzioni italiane, mentre nella seconda si analizzano le implicazioni costituzionali dell’approccio populista rispetto all’elaborazione delle politiche pubbliche in vari settori cruciali.

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Le due parti sono precedute da un saggio di apertura, in cui Blokker considera il peso delle argomentazioni populiste nella stagione della riforma costituzionale in Italia dall’inizio degli anni Novanta: il populismo italiano sembra venire da lontano e forse andrà lontano, acuendo ulteriormente la tensione tra costituzionalismo e populismo.

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La posizione antipluralista dei populisti si pone in un rapporto di forte tensione con uno dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano, quello della laicità. Il paradosso del primo governo Conte

La prima parte comprende contributi di Fasone, Martinico, Faraguna, Pacini, Delledonne e Boggero. Gli autori affrontano alcuni dei principali problemi posti dall’approccio dei populisti italiani all’architettura istituzionale prevista in Costituzione. L’ampio utilizzo delle funzioni non legislative del Parlamento – sulle quali si concentra Fasone – ha accentuato alcune tendenze già in atto e ulteriormente marginalizzato il ruolo del Parlamento, anche in ragione della continua contestazione dei presunti “privilegi” dei membri delle Camere, della pretesa di arrivare a una totale trasparenza e della spettacolarizzazione della politica, associata all’eccessivo uso di strumenti classici del parlamentarismo quali le commissioni d’inchiesta e le interrogazioni parlamentari. Martinico guarda a un altro aspetto cruciale della strategia populista: l’uso del referendum, in cui le rivendicazioni populiste svolgono un ruolo primario. Nel discorso populista, l’enfasi sulla democrazia diretta e partecipativa va generalmente di pari passo con la messa in discussione della democrazia rappresentativa e dei suoi strumenti. Un’analisi comparata indica che il diritto costituzionale dovrebbe tendere a limitare i rischi politici sottesi agli strumenti di democrazia diretta, valorizzandone al contempo, la capacità di arricchire la democrazia rappresentativa. Faraguna si sofferma invece sui rapporti tra populismo e riforma costituzionale, rilevando come i populisti tendano a rifiutare qualsiasi distinzione tra la politica “costituzionale” e politica “quotidiana”. Fabio Pacini prende in considerazione un altro obiettivo naturale del populismo: il procedimento legislativo, fatalmente accusato dai populisti di complicare senza costrutto il processo decisionale. Delledonne si chiede se e come l’esecutivo italiano sia stato influenzato dall’ascesa di partiti e movimenti populisti o, più in generale, da argomentazioni e discorsi populisti. Il paradosso del governo Conte I è evidente. Da un lato, il rafforzamento dell’esecutivo è al centro del progetto costituzionale populista. Dall’altro lato, però, il primo governo Conte dava luogo a un esperimento particolarmente insolito: basti pensare al ruolo dei due vicepremier Di Maio e Salvini. Chiude questa prima sezione del volume l’analisi di Boggero, che dimostra come in Italia sembri prevalere un approccio populista in materia di bilancio, a prescindere dai governi. In tal senso, il tentativo di porre un freno al deterioramento delle finanze pubbliche, effettuato con le riforme costituzionali e legislative degli anni 2009-2012, si è rivelato infruttuoso.

 

Nella seconda parte, il focus dell’analisi si sposta dalle istituzioni alle politiche. Questa parte del libro comprende i capitoli di Monti, Bassini, Tomasi, Annicchino, Penasa, Sterpa e Selvaggi. Monti esplora gli strumenti e i rimedi offerti dal diritto costituzionale italiano per affrontare l’uso delle fake news sulla Rete. Bassini, invece, studia un caso molto particolare di partecipazione politica mediante Internet, quello del Movimento 5 stelle: fin dall’inizio il Movimento ha individuato nella Rete uno strumento per ridefinire l’essenza stessa della rappresentanza politica e per far fiorire la democrazia diretta. Tomasi si interroga sull’impatto altamente problematico delle ideologie anti-elitarie e del populismo sulle questioni scientifiche e sanitarie: la controversia sui vaccini e il caso Stamina dimostrano che lo scetticismo e il sospetto rischiano di compromettere il rapporto tra le istituzioni politiche e la comunità scientifica. Il capitolo di Annicchino studia l’approccio populista al rapporto tra le religioni e lo stato: la posizione antipluralista dei populisti si pone in un rapporto di forte tensione con uno dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano, quello della laicità. Penasa valuta, invece, la “sostenibilità costituzionale” delle politiche populiste in materia di migrazioni in Italia e rileva come queste abbiano finito per attivare quegli “anticorpi” tipici del nucleo essenziale del costituzionalismo. Nel capitolo di Sterpa, l’oggetto dell’analisi si sposta dal livello nazionale a quello regionale: dal momento che al centro delle rivendicazioni populiste si trova la presunta superiorità della volontà contingente del popolo, indipendentemente da eventuali restrizioni imposte dal diritto, anche la volontà popolare della comunità regionale può formalizzare scelte politiche in contrasto con la Costituzione. Infine, il capitolo di Selvaggi mostra come l’interazione tra populismo e giustizia penale porti con sé il rischio di un vero e proprio passo indietro rispetto alle garanzie costituzionali e possa alimentare una sorta di “estremismo penale” dalle conseguenze imprevedibili.

 

Nel loro carattere polifonico, i capitoli di questo libro si sforzano di offrire una presentazione convincente dell’interazione tra il populismo e l’ordinamento costituzionale italiano, resa in tutta la sua complessità. Il libro, inoltre, mette in luce le ragioni che rendono il caso italiano interessante anche in una prospettiva comparata: il successo e la persistenza di alcune argomentazioni populiste, e la sfida che queste pongono a una Costituzione che rientra nel più vasto filone del costituzionalismo del secondo Dopoguerra.

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