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Non potendo abbattere il governo, Salvini dà la spallata alla Meloni

Valerio Valentini

Riunito il consiglio federale della Lega, il Capitano mette sul tavolo la corsa solitaria alle regionali: mai la Puglia a FdI

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Roma. Un po’ è l’odore del proporzionale, che al naso di Matteo Salvini deve arrivare con la puntura urticante del fetore; un po’ è che ai tempi lunghi della traversata nel deserto s’è rassegnato pure lui che per mesi s’è dimenato nel preparare la spallata al governo. E insomma il segretario della Lega ha deciso che, più che prendersela con Giuseppe Conte, ciò che serve ora è inaugurare le ostilità con Giorgia Meloni. Nella logica tutta proporzionalistica per cui il peggiore avversario è chi ti è più vicino. E così il congresso federale del Carroccio, ieri, ha pianificato due mosse che servono a smarcarsi dall’abbraccio asfissiante di Fratelli d’Italia.

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Roma. Un po’ è l’odore del proporzionale, che al naso di Matteo Salvini deve arrivare con la puntura urticante del fetore; un po’ è che ai tempi lunghi della traversata nel deserto s’è rassegnato pure lui che per mesi s’è dimenato nel preparare la spallata al governo. E insomma il segretario della Lega ha deciso che, più che prendersela con Giuseppe Conte, ciò che serve ora è inaugurare le ostilità con Giorgia Meloni. Nella logica tutta proporzionalistica per cui il peggiore avversario è chi ti è più vicino. E così il congresso federale del Carroccio, ieri, ha pianificato due mosse che servono a smarcarsi dall’abbraccio asfissiante di Fratelli d’Italia.

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“Perché l’autonomia deve tornare un punto centrale del nostro programma”, ha tuonato il presidente lombardo Attilio Fontana. “La pazienza è finita”, gli è andato dietro Luca Zaia, rassegnato ormai a doversi ricandidare in Veneto – cosa che non lo esalta granché – e di farlo, soprattutto, senza potere rivendicare ciò che pure aveva promesso come imminente alla sua gente. Per questo, su impulso dei governatori, si è deciso che nella discussione dei prossimi programmi elettorali, anche a livello locale, non si potrà accettare di stringere alleanze con partiti che non condividano l’urgenza dell’autonomia. Pretesa, questa, che inevitabilmente complica i rapporti con la Meloni, che in nome del suo romanico patriottismo ha sempre digerito con malanimo il regionalismo differenziato. “Può generare una spinta centrifuga rispetto all’unità nazionale”, ripete la leader di FdI. Inaccettabile, per Salvini.

 

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Il quale, del resto, la sua battaglia contro la Meloni ha deciso di combatterla fino in fondo anche in vista delle regionali di maggio. “Dobbiamo fare un altro incontro a breve, come centrodestra. Cercheremo i candidati migliori con la squadra più forte”, ha ribadito ieri, sibillino, davanti ai microfoni. Non dicendo però che, nel conclave di Via Bellerio, si è deciso che, se un’intesa accettabile non verrà trovata, la Lega correrà da sola. Promuovendo, cioè, suoi candidati. Strategia che verrà adottata, in particolare, in Puglia, che nella spartizione concordata mesi fa spetterebbe a FdI. “Ma Raffaele Fitto non va proprio bene”, insiste Salvini. Col tono di chi, più che a sostituire l’ex governatore con un altro esponente meloniano, punta in verità ad accaparrarsi la Puglia per sé, costi quel che costi. “I nostri spingono per Nuccio Altieri”, diceva giorni fa, in Transatlantico, il leghista barese Nicola Sasso. “Per Matteo non è facile digerire uno come Fitto”.

 

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Né sarà più agevole, per l’ex ministro, gestire un’altra rogna. Stavolta tutta interna alla Lega. E ciò la definizione dell’organigramma della nuova segreteria. Ieri, il consiglio ha assegnato solo alcuni dei “dipartimenti”, tra cui quello delle Infrastrutture a Edoardo Rixi e quello della Cultura a Lucia Borgonzoni. Sono rimasti vacanti quelli economici. Fosse per Giorgetti, il responsabile sarebbe Massimo Garavaglia. E però Salvini indugia, sapendo che anche Claudio Borghi e Alberto Bagnai reclamano il loro posto al sole, tanto più che tra qualche mese dovranno rinunciare anche alla presidenze di commissione. Si è ipotizzato allora di spacchettare le deleghe, creando un sub-dipartimento per le Finanze: e però il più preparato sarebbe a quel punto Massimo Bitonci, o in alternativa Alberto Gusmeroli. Significherebbe, però, marginalizzare la componente anti-euro, tanto più che la guida del settore Esteri è stata assegnata a Giorgetti, che ha rimpiazzato l’altro alfiere dell’Italexit, quel Marco Zanni che guida il gruppo sovranista Identità e azione al Parlamento europeo. 

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