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Primarie o tesi? La geopolitica del congresso dopo il voto in Emilia-Romagna

David Allegranti

Per ora l’unica cosa chiara è che il nuovo congresso sarà fatto dopo il voto in Toscana, Puglia, Veneto, Marche e Campania

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Roma. E ora il congresso? “Si fa dopo le altre regionali”, sintetizza Matteo Orfini, convinto che grazie al risultato in Emilia-Romagna la strada è lunga e che l’annunciato “scioglimento” del Pd è “congelato”. “Il Pd sta meglio, ma non sta bene”, dice. “Vincere aiuta, ma non può mutare il nostro obiettivo: cambiare tutto e farlo davvero. Con coraggio. Perché problemi e limiti restano tutti lì e vanno affrontati di petto”.

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Roma. E ora il congresso? “Si fa dopo le altre regionali”, sintetizza Matteo Orfini, convinto che grazie al risultato in Emilia-Romagna la strada è lunga e che l’annunciato “scioglimento” del Pd è “congelato”. “Il Pd sta meglio, ma non sta bene”, dice. “Vincere aiuta, ma non può mutare il nostro obiettivo: cambiare tutto e farlo davvero. Con coraggio. Perché problemi e limiti restano tutti lì e vanno affrontati di petto”.

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Per questo, però, serve un congresso. Già, ma come? Vero o, come sembra suggerire qualcuno nella maggioranza del Pd, “a tesi”, in stile conferenza programmatica? Questo sarà argomento di discussione nelle riunioni delle varie correnti, in attesa di un’assemblea e di una direzione nazionale del Pd. Ieri sera si sono visti i parlamentari di Base Riformista, il cui portavoce Andrea Romano è sempre stato a favore di un “congresso vero, con le primarie”. Per ora l’unica cosa chiara è che il nuovo congresso sarà fatto dopo il voto in Toscana, Puglia, Veneto, Marche e Campania. Nel frattempo il Pd cercherà, come ha detto il segretario Nicola Zingaretti, di consolidare il rapporto con i Cinque stelle, anche se c’è chi come Andrea Orlando vorrebbe anzitutto di cambiare l’agenda pubblica della maggioranza, per evitare che il Pd si grillizzi ulteriormente. Il nervosismo del vicesegretario è stato notato: “Come molti di noi si era ‘illuso’ di un risultato diverso, e sperava di prendere il Pd sconfitto a un’asta fallimentare”, dicono dal Pd al Senato.

 

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Il voto in Emilia-Romagna ha però rafforzato la guida di Zingaretti e la sfera di influenza di Dario Franceschini. Sicché per la componente riformista potrebbe essere più difficile cercare l’assalto al cielo del Pd al congresso. Il tema è sempre lo stesso: chi scegliere come frontman dei riformisti che non hanno seguito Matteo Renzi nella sua Italia Viva (che questo fine settimana farà la sua assemblea nazionale)? “Il Pd ha ripreso quota e coraggio, ora può affrontare la sfida delle idee, dell’apertura alla società e del cambiamento. Il congresso può essere un grande cantiere sociale e politico delle idee”, dice Dario Nardella al Foglio. “Non sta a me decidere i tempi e i modi, ma certo credo che la proposta di un congresso ‘aperto’ sia affascinante e convincente”. Aperto, sottolinea Nardella, “come lo intende Prodi”. Per Nardella la questione primarie sì o no non è importante. “Il modo di eleggere i gruppi dirigenti viene dopo. Per me ora è urgente che il Pd spalanchi le porte alla società italiana, alle energie emergenti per darsi un nuovo profilo ideale, comunicativo e identitario”, aggiunge il sindaco di Firenze. C’è dunque un problema di identità per il Pd. “Il risultato delle regionali conferma che un Pd aperto, plurale, naturalmente attratto dalla società civile, è un partito vivo e competitivo”, dice al Foglio il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci. “Credo che un congresso serva a ribadire la natura di partito di centrosinistra, e a valorizzare la sua fondamentale componente riformista”, aggiunge Marcucci. Un congresso vero, peraltro, sarebbe l’occasione per affrontare definitivamente il rapporto con il M5s dopo le elezioni vinte da Stefano Bonaccini: “Questo risultato non dimostra che dobbiamo allearci col M5s. Anzi, vinciamo senza allearci col M5s”, dice Orfini. “Il M5s scompare perché riconquistiamo tantissimi suoi voti. E noi invece di continuare sulla strada che ci ha fatto vincere riproponiamo l'alleanza? E’ incomprensibile da un punto di vista logico prima che politico”. Il congresso “per tesi” intanto sembra averne almeno due: una a favore dell’alleanza strutturale con i Cinque stelle, un’altra per la via solitaria al progressismo.

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