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Bello anche un governo senz’anima

Giuliano Ferrara

Perché continuare a evocarla alla guida dello stato quando quello straccio d’anima che c’era (con Renzi) è finito all’inferno? Visto il trattamento riservato ai leader, più semplice accettare la realtà e venirci a patti. Aspettando che la Bestia si consumi

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Molti invocano un governo forte, e dannano l’avvocato Conte e i suoi ministri e sostenitori. Vogliono una radicale “discontinuità” con il governo del contratto Di Maio-Salvini, e questo sa di formulismo politicistico, ma non importa. I più arditi chiedono che il governo si doti addirittura di un’anima, il che fuori dalla metafora spiritualistica vuol dire una visione accoppiata a un tasso di realismo, credo. Molti altri pensano che sia venuto il momento di tirare le somme, visto che i grillini non se la passano un gran che: abolire i decreti Salvini, altro che buon lavoro e discreto della Lamorgese, e rimettere a posto la sconclusionata e offensiva misura che mette a disposizione dell’accusa penale un tempo quasi infinito per incastrare il reo, visto che gli innocenti possono aspettare, tanto non esistono, almeno secondo il dottore magistrato Davigo. C’è chi persegue, visto che adesso ci sono e non ci sono, addirittura un’alleanza strategica con i resti dell’armata a 5 Stelle. Non bastano le piccole cose di pessimo gusto del tinello gozzaniano. Si invocano grandi cose: una vera politica estera, una ristrutturazione del sistema istituzionale, a partire dalla legge elettorale, al posto di una restaurazione del proporzionale, ch’è guardata di sbieco. E c’è parecchio d’altro che si vorrebbe dal governo, mentre si consumano le ultime generose battaglie contro l’Idra rousseauiana che, per la verità, ha perso il carattere di mostro mitologico pronto a mangiarsi la democrazia rappresentativa.

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Molti invocano un governo forte, e dannano l’avvocato Conte e i suoi ministri e sostenitori. Vogliono una radicale “discontinuità” con il governo del contratto Di Maio-Salvini, e questo sa di formulismo politicistico, ma non importa. I più arditi chiedono che il governo si doti addirittura di un’anima, il che fuori dalla metafora spiritualistica vuol dire una visione accoppiata a un tasso di realismo, credo. Molti altri pensano che sia venuto il momento di tirare le somme, visto che i grillini non se la passano un gran che: abolire i decreti Salvini, altro che buon lavoro e discreto della Lamorgese, e rimettere a posto la sconclusionata e offensiva misura che mette a disposizione dell’accusa penale un tempo quasi infinito per incastrare il reo, visto che gli innocenti possono aspettare, tanto non esistono, almeno secondo il dottore magistrato Davigo. C’è chi persegue, visto che adesso ci sono e non ci sono, addirittura un’alleanza strategica con i resti dell’armata a 5 Stelle. Non bastano le piccole cose di pessimo gusto del tinello gozzaniano. Si invocano grandi cose: una vera politica estera, una ristrutturazione del sistema istituzionale, a partire dalla legge elettorale, al posto di una restaurazione del proporzionale, ch’è guardata di sbieco. E c’è parecchio d’altro che si vorrebbe dal governo, mentre si consumano le ultime generose battaglie contro l’Idra rousseauiana che, per la verità, ha perso il carattere di mostro mitologico pronto a mangiarsi la democrazia rappresentativa.

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Con tutto il rispetto per visioni, anime, programmi di trasformazione e alleanze strategiche, si possono avanzare osservazioni minime in favore di un ridimensionamento delle aspettative. Ragioni minime nell’apparenza formale, ma forti, ragioni forti, quanto alla sostanza. Infatti, sebbene l’esecutivo faccia anche buone cose, e per la verità perfino il ministero che si addossò l’abolizione della povertà e della pacchia, con notevole e violenta volgarità, non distrusse quanto avrebbe potuto, lasciando l’Italia fluttuare in buona disciplina tra una mancata infrazione e l’altra in Europa, bisogna dire che un governo con visione, un certo tasso di realismo, espressione di un processo politico interessante e anticipatorio, e stabile per tre anni, ce lo abbiamo pur avuto. Era il governo Renzi, che ora nel ricordo è idoleggiato dagli ammiratori ma tuttora disprezzato dai denigratori. La si può pensare diversamente e in modi opposti, ma quello è stato l’ultimo esperimento conosciuto, dalle nostre parti, di governo con un’anima eccetera. Renzi era ambizioso e, dopo aver conquistato una città, dopo aver preso un partito (a colpi di voti), rilevò il ministero da una guida modesta, lo configurò come un rinnovamento generazionale e di genere, gli diede la placca o il contrassegno del riformismo liberaleggiante che non è specificamente e ideologicamente di sinistra o di destra, coltivò il progetto di una leadership forte, macroneggiò anzitempo accennando al partito della nazione, eliminò le guarentigie laburiste di Brodolini, ministro nel 1968, organizzò un blocco di impronta innovatrice-imprenditoriale e finanziaria per il rilancio della crescita economica, fece qualche errore anche grave e qualche altra cosa piuttosto efficace e buona, e alla fine coronò il tutto con il miracolo di una riforma istituzionale non cesarista, ma semplificatrice, che fu sottoposta al voto popolare con Renzi da una parte e un’accozzaglia di nemici furenti dall’altra: vinse l’accozzaglia.

 

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Insomma, uno può sognare altro, per esempio un governo alla Sanders o alla Corbyn o alla Ocasio-Cortez che duri tre anni in nome del neosocialismo, d’accordo, ma quello che abbiamo avuto abbiamo avuto, in termini di governo politico fondato su una maggioranza, arrivata perfino al 40 per cento delle europee, e su un programma. Chi ha dato ha dato, e chi le ha prese, e con quali conseguenze, si sa.

 

Allora perché digrignare i denti contro un governo nato dalla resistenza trasformista ai pieni poteri del citofonatore? Perché continuare a evocare un’anima alla guida dello stato quando quello straccio d’anima che c’era è finito all’inferno? Non è più semplice e acconcio accettare la realtà e venirci a patti, aspettare che la Bestia si consumi ancora nella sua imbelle ferocia, accudire come si può la cosa pubblica senza illusioni (entro certi limiti), gradualeggiare con una maggioranza parlamentare esaurita nel paese ma senza alternativa (come si è visto in Emilia) e capace di sollecitare tuttavia perfino le anime delle Sardine, aspettare un nuovo presidente della Repubblica, barcamenarsi con accortezza mettendo pesi al tempo, e allungandolo?

Lo sappiamo, non è impresa eroica. Ma è meglio. Visto il trattamento riservato ai leader e capi politici in questo paese, e dalle origini, forse è la soluzione meno grottesca. Quando un sogno diventa un incubo, preferibile smettere di sognare ossia svegliarsi.

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P.S. Viene in mente che uno storico della nazione, e con l’eccezione non gradita del professor Orsina sono in parecchi a poterlo fare, dovrebbe elaborare una ricerca su questo tema: come mai in Italia chi comanda finisce sempre e regolarmente male? Alcuni nomi li conosciamo: De Gasperi (isolato e battuto), Fanfani (stappato dopo il divorzio), Segni (accuse di golpismo), Moro (assassinato), Andreotti (processato per mafia e omicidio), Craxi (esiliato o latitante), Forlani (servizi sociali), Berlusconi (inseguito in camera da letto), Renzi (messo in angolo e referendato). A parte Cossiga e Pannella, che erano o si finsero pazzi, di sopravvissuti felici e abbastanza contenti non se ne trovano, al contrario di quanto accade negli altri paesi cugini d’Europa. Che vorrà dire, nell’Italia ordinaria dell’avvocato Conte?

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