(foto LaPresse)

Una Sanremo politica. Il Pd non molla l'assedio a Salini. Chi scommette su Gori

Redazione

Al Nazareno spirano venti di guerra. Così a viale Mazzini si mormora che l’amministratore delegato starebbe pensando a come venire incontro alle esigenze dei dem

Il Pd non seppellisce l’ascia di guerra contro l’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini. Anzi la differenza nei suoi confronti da parte del Partito democratico sembra aumentare sempre di più. “Non gli faremo nessuno sconto”, fanno sapere al Nazareno, dove puntano l’indice contro i dati pubblicati da Agcom “che vedono uno strapotere di Matteo Salvini e Luigi Di Maio a scapito di Nicola Zingaretti sia nei telegiornali che nelle trasmissioni Rai”.

 

Al Nazareno perciò spirano venti di guerra. E il Partito democratico sta predisponendo la suo controffensiva. “Siamo stufi di essere presi in giro”, sostengono ai piani alti della sede del Pd. Dove è stata istituita una task force per monitorare tutti i Tg della Rai, a cominciare dal Tg1. In questo scontro ormai senza quartiere potrebbe andarci di mezzo (ed è già diventata bersaglio degli strali del Nazareno) anche la Sanremo condotta da Amadeus. Al Pd ormai attribuiscono al conduttore della gara canora più famosa l’Italia anche la colpa di essere in rapporti di lavoro con il manager Lucio Presta, “grande amico di Matteo Renzi”. A nessuno sono passati inosservati gli attacchi delle parlamentari del Pd alle frasi definite “sessiste” di Amadeus sulla fidanzata di Valentino Rossi. E questa offensiva avrà un crescendo perché al Nazareno la task force punterà gli occhi anche su Sanremo.

 

In questo scontro il Partito democratico punta non tanto a fare fuori Salini quanto a piegarlo, per ottenere la direzione di uno dei tre telegiornali della Rai. E a viale Mazzini si mormora che l’amministratore delegato starebbe pensando a come venire incontro alle esigenze del Pd. Le possibili mosse sarebbero queste: sostituire l’attuale direttore del Tg1 con Giuseppina Paterniti che ora è alla guida del Tg3. Anche lei è in quota Movimento 5 stelle, ma è considerata meno ostile al Partito democratico di quanto invece venga considerato al Nazareno l'attuale direttore Carboni. In questo modo si libererebbe la direzione del Tg3 per colui che la segreteria del Pd vorrebbe alla guida in quel ruolo: Mario Orfeo. Sul suo nome però resta ancora il veto di Luigi Di Maio. L’operazione quindi è tutt’altro che semplice. Per questa ragione nel Pd non accennano a sotterrare l’ascia di guerra.

 

Ma se il Pd dovesse andare in crisi, dopo l'Emilia Romagna, l’alternativa all'attuale segretario chi sarebbe? La leadership di Nicola Zingaretti è più salda di quello che possono lasciare intendere le polemiche con gli scissionisti del Pd. Ma è in dubbio che una sconfitta domenica in Emilia Romagna farebbe crescere lo spazio di competizione all'interno del Partito democratico. Con quali nomi? Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che ieri ha pubblicato su queste colonne un suo manifesto per una nuova stagione, viene considerato da un pezzo importante della corrente di Base riformista come un’alternativa naturale. Ieri, il capogruppo al Senato del Pd, Andrea Marcucci, vecchio renziano di ferro, ha espresso apprezzamento per il manifesto del sindaco di Bergamo: “Condivido i giudizi che ha espresso sul Foglio il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e in modo particolare con Gori sono d’accordo nel giudicare debole la posizione del Pd sulla protezione sociale, quando il vero enorme problema del Paese è la crescita: senza crescita non c'è redistribuzione. Condivido anche il suo giudizio sul M5S, che non può essere in alcun modo considerato un movimento di sinistra o riformista”. Gori o non Gori l'impressione nel Pd è che a giocarsi un posto per competere con Zingaretti sarà comunque un sindaco. E tra i nomi da seguire ci sono senz’altro quello di Dario Nardella, sindaco di Firenze, e quello di Antonio Decaro, sindaco di Bari.

Di più su questi argomenti: