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Come nasce la rottura totale tra il Pd e l’ad della Rai Fabrizio Salini

Al Nazareno sono convinti che il preannunciato giro di nomine (molto atteso dal Partito democratico) non ci sarà nemmeno nel prossimo consiglio d’amministrazione che è stato convocato per il 14 gennaio

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Ormai è rottura totale tra il Pd e l’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini. “Non ci fidiamo più di lui” fanno sapere ai piani alti del Nazareno. Ma qual è il capo d’accusa? “Salini – spiegano sempre al Nazareno – mira a tenere in piedi l’attuale assetto della tv di stato, che è tutto sbilanciato in favore della Lega di Matteo Salvini e del movimento 5 stelle. La sua è una Rai sovranista: l’ad di viale Mazzini non sa che cosa sia il pluralismo”. Insomma, il Pd è sul piede di guerra. Al Nazareno sono convinti che Fabrizio Salini non darà il via libera al prossimo, preannunciato, giro di nomine (molto atteso dal Partito democratico) nemmeno nel prossimo consiglio d’amministrazione che è stato convocato per martedì 14 gennaio. “Si vuole tenere stretti Salvini e Di Maio e noi ne prendiamo atto”, fanno sapere al Nazareno dove meditano gesti clamorosi contro l’amministratore delegato della Rai. Al Nazareno, infatti, sono in molti ormai a pensare che “l’unico modo per cambiare la Rai sia far saltare Salini”. Ha scritto ieri su twitter il vicesegretario del Pd Andrea Orlando: “Davvero pensate che la cosa più grave che sta facendo un’azienda evidentemente allo sbando come la Rai sia quella di invitare Rita Pavone a Sanremo?”.

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Ormai è rottura totale tra il Pd e l’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini. “Non ci fidiamo più di lui” fanno sapere ai piani alti del Nazareno. Ma qual è il capo d’accusa? “Salini – spiegano sempre al Nazareno – mira a tenere in piedi l’attuale assetto della tv di stato, che è tutto sbilanciato in favore della Lega di Matteo Salvini e del movimento 5 stelle. La sua è una Rai sovranista: l’ad di viale Mazzini non sa che cosa sia il pluralismo”. Insomma, il Pd è sul piede di guerra. Al Nazareno sono convinti che Fabrizio Salini non darà il via libera al prossimo, preannunciato, giro di nomine (molto atteso dal Partito democratico) nemmeno nel prossimo consiglio d’amministrazione che è stato convocato per martedì 14 gennaio. “Si vuole tenere stretti Salvini e Di Maio e noi ne prendiamo atto”, fanno sapere al Nazareno dove meditano gesti clamorosi contro l’amministratore delegato della Rai. Al Nazareno, infatti, sono in molti ormai a pensare che “l’unico modo per cambiare la Rai sia far saltare Salini”. Ha scritto ieri su twitter il vicesegretario del Pd Andrea Orlando: “Davvero pensate che la cosa più grave che sta facendo un’azienda evidentemente allo sbando come la Rai sia quella di invitare Rita Pavone a Sanremo?”.

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Il Pd sembra invece mostrare minore preoccupazione per le elezioni regionali del 26 gennaio, che pure potrebbero segnare le sorti della segreteria Zingaretti e anche del governo. La vittoria di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna viene ormai data per acquisita, nonostante l’offensiva finale di Matteo Salvini che sta girando la regione in lungo e in largo. Da qualche giorno in qua sembra esserci un certo e cauto ottimismo anche per quel che riguarda la Calabria. Le divisioni del centrodestra, dove non tutti sono convinti della candidatura della forzitalista Iole Santelli, e le manovre di Pippo Callipo, che sta corteggiando con grande impegno le sardine locali, lasciano ben sperare il Pd.

 

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Lunedì 13 gennaio si apre in una abbazia del reatino la due giorni del Pd voluta dal segretario Nicola Zingaretti. L’incontro non sarà un seminario vero e proprio. Infatti, nonostante la due giorni si svolga ufficialmente a porte chiuse, l’appuntamento è stato fissato per rimandare all’esterno l’immagine di un Pd compatto e saldo, che si accinge ad andare alla verifica di governo con delle sue proposte. Perciò vi saranno numerosi briefing e incontri con la stampa. Nicola Zingaretti vuole scrollare di dosso dal suo partito l’immagine di una forza politica che alla fine, in nome della responsabilità, accetta tutti i diktat del Movimento 5 stelle. “Non è così ed è il tempo di reagire”, ha spiegato ai suoi il segretario del Partito democratico. La decisione di riunirsi in un’abbazia non è del resto una novità per Zingaretti. Da presidente della provincia prima e da presidente della regione poi il leader del Pd ha sempre cominciato l’anno con incontri di questo genere. E ora ha deciso di estendere questo metodo anche al Partito democratico. Non mancano comunque le perplessità interne su questa iniziativa. “O usciamo con due tre idee forti e slogan efficaci – dicono le minoranze interne – o rischiamo di fare la figura di un partito che non ha una prospettiva”. In questo quadro c’è da dire che anche nella dirigenza del Pd si nutre qualche preoccupazione: la due giorni reatina potrebbe essere l’occasione propizia per chi vuole attaccare il segretario avendo addosso tutte le luci dei riflettori. 

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