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Un ministro italiano non è un caudillo sudamericano

Giuliano Ferrara

Per il suo operato al Viminale, l’ex Truce merita di essere giudicato dal Tribunale dei ministri. Nonostante i “liberali per Salvini” si preparino a strepitare in sua difesa

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Bisognerebbe occuparsi d’altro, ché il mondo è più grande e terribile del Papeete, però il senatore Salvini, che non sarà mai condannato come finge di credere a quindici anni di carcere per sequestro plurimo aggravato, merita un esame della giustizia politica unica autorizzata a giudicare chi governa per atti di governo, il Tribunale dei ministri, a proposito del suo operato al Viminale. Luca Gambardella ha già spiegato tutto qui nei giorni scorsi sulla pelosa autodifesa dell’ex ministro, trasformata in piattaforma insieme di fuga dalle responsabilità e di autoincensamento a scopi elettorali, il defensor Patriae. Si può solo aggiungere qualche glossa, specie in relazione all’inaudita e crassa campagna dei “liberali per Salvini”, la più stupida genia di parapolitologi e parasociologi che la stramba Italia si potesse inventare di questi tempi. 

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Bisognerebbe occuparsi d’altro, ché il mondo è più grande e terribile del Papeete, però il senatore Salvini, che non sarà mai condannato come finge di credere a quindici anni di carcere per sequestro plurimo aggravato, merita un esame della giustizia politica unica autorizzata a giudicare chi governa per atti di governo, il Tribunale dei ministri, a proposito del suo operato al Viminale. Luca Gambardella ha già spiegato tutto qui nei giorni scorsi sulla pelosa autodifesa dell’ex ministro, trasformata in piattaforma insieme di fuga dalle responsabilità e di autoincensamento a scopi elettorali, il defensor Patriae. Si può solo aggiungere qualche glossa, specie in relazione all’inaudita e crassa campagna dei “liberali per Salvini”, la più stupida genia di parapolitologi e parasociologi che la stramba Italia si potesse inventare di questi tempi. 

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Intanto, dopo l’abolizione per tutti tranne che per i ministri dell’articolo 68 della Costituzione, quello che imponeva l’autorizzazione delle Camere per procedere contro gli eletti, se mai ci sarà un processo, sarà autorizzato dal Parlamento. E questa è già una cosa importante e giusta, che toglie all’iniziativa della magistratura il sapore della supplenza indebita. In secondo luogo, il comportamento del senatore Salvini al governo, quando era il Truce, pone un problema che potrebbe un giorno ripresentarsi. Un politico nazipop, ovvero nazionalpopulista, può dire delle cose che non stanno né in cielo né in terra, nessuno glielo vieta, ma se va al governo non può fare cose che non stanno né in cielo né in terra, la legge glielo vieta.

 

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Come Trump non poteva imporre per ricatto a un presidente di uno stato estero di sputtanare un suo rivale elettorale, e paga il fio di aver tentato di farlo, così Salvini non poteva fregarsene della collegialità, della legalità e della conformità internazionale e interna dei suoi atti pubblici. Che poi potesse esagerare in bassa disumanità, è affar suo, ma non con gli strumenti del governare. Se decide di attaccare bassamente, con dati e cifre gonfiati, le politiche dei governi precedenti, che sono all’origine di un incrementato controllo dell’immigrazione, va bene. Lo giudicheranno e correggeranno i media (oooppps!) e l’opinione pubblica. Se gonfia il petto contro l’Europa dei governi partner, che per la verità una strapazzata alla “porti chiusi” dopo tante ipocrisie idealmente se la meritava, ma non se la meritavano i sequestrai delle navi e le Ong, va bene. Ma quel che non può fare un ministro, segnatamente un ministro dell’Interno, carica che mai e poi mai dovrebbe tornare nelle mani di un energumeno, anche nel caso improbabile di una vittoria elettorale del centro-destra a trazione, si diceva una volta ma è sempre meno così, salviniana, è fottersene della differenza tra dirette Facebook e circolari, tra leggi e decreti e istruzioni date agli organismi della forza pubblica, del coordinamento e del raccordo con altri ministri competenti e presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Insomma il famoso processo, che potrebbe anche essere autorizzato dal Senato, verte sul fatto che un ministro italiano non è un caudillo sudamericano, che l’impeachment rispetto a comportamenti illegali o gravemente irregolari, in cui non è in questione l’urgente difesa di interessi nazionali, ma la onnivora tendenza a incorporare la Patria nel ristretto concetto nazipop di territorio infeudato al potere, è doveroso. Quelle mezze tacche dei “liberali per Salvini” si preparano a strepitare in difesa del loro beniamino, e dei suoi metodi che alla fine hanno portato lui e i suoi trucissimi seguaci alla perdizione politica, ma in realtà non hanno argomenti seri da opporre, per una volta, a parte la prescrizione che un giorno dovrebbe intervenire, malgrado tutto, all’idea di un ristabilimento anche giudiziario, previa autorizzazione della Camera di appartenenza, di un dovere di condotta dignitosa e autorevole che è l’essenza costituzionale del governare.

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