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Lettera agli scontenti

Claudio Cerasa

Esiste un populismo dell’anti populismo che rischia di essere un alleato involontario di Salvini. Essere contro, per principio, al governo trasformista che ha allontanato i “pieni poteri” ha una sola alternativa: far governare lui. O no?

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Cari amici scontenti, ma esattamente cosa avete da lagnarvi? L’anno che si è appena concluso è stato dominato da un numero rilevante di discussioni relative alla natura e alla radice del populismo e la presenza da due anni all’interno del governo del nostro paese di partiti dichiaratamente anti sistema (prima M5s e Lega, ora solo il M5s) ha ovviamente contribuito a trasformare l’Italia in un avamposto del populismo mondiale.

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Cari amici scontenti, ma esattamente cosa avete da lagnarvi? L’anno che si è appena concluso è stato dominato da un numero rilevante di discussioni relative alla natura e alla radice del populismo e la presenza da due anni all’interno del governo del nostro paese di partiti dichiaratamente anti sistema (prima M5s e Lega, ora solo il M5s) ha ovviamente contribuito a trasformare l’Italia in un avamposto del populismo mondiale.

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Da tempo, dunque, discutiamo tutti su cosa sia il populismo, con i suoi limiti, i suoi difetti, i suoi orrori, le sue oscenità, ma chi si occupa di indagare il fenomeno del populismo tende a concentrarsi poco su un altro grande problema che riguarda ancora il nostro paese ma che ha a che fare con un fenomeno speculare che costituisce l’altro lato della medaglia: il populismo degli anti populisti. Il populismo degli anti populisti si divide in due grandi filoni di pensiero e anche su questo fronte l’Italia può offrire spunti per essere per così dire un laboratorio di livello mondiale.

 

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C’è un primo populismo degli anti populisti che è quello che porta i partiti in teoria anti populisti a far propria la grammatica anti populista, nella speranza di portare dalla propria parte gli elettori che hanno votato per i partiti populisti, e negli ultimi due anni la grande sfida di molti partiti è stata quella di iniettare un po’ di populismo degli altri nelle proprie vene per provare a prosciugare il bacino di una forma particolare di populismo: quello grillino. E’ stato così per la Lega, che nei mesi in cui si è trovata al governo con il M5s ha incrementato la sua dose di populismo facendo proprie le battaglie più oscene del grillismo. E su alcuni punti è stato così anche per il Pd, che sui temi della giustizia, dall’Ilva fino alla prescrizione passando per le norme sulle intercettazioni non ha avuto la forza o il coraggio o la volontà di combattere il giustizialismo grillino anche per paura di perdere consenso, oltre che per paura di perdere il potere. C’è un populismo dell’anti populismo che tende a trasformare l’anti populismo in una forma di populismo nel momento in cui incorpora alcuni tratti del populismo altrui (vale per il Pd di oggi, arrivato a considerare Giuseppe Conte un punto di riferimento per le forze progressiste, vieni avanti tu che a noi viene da ridere, ma vale anche per alcuni tratti del Pd di ieri, basti pensare al modo in cui l’ex segretario del Pd ha cercato di trasformare il referendum costituzionale anche in una battaglia anti casta).

 

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Esiste tutto questo ma esiste poi una forma ancora più sofisticata di anti populismo populista che è quella portata avanti da tutti coloro che provano a combattere il populismo demonizzando chi cerca di fermarlo. All’interno di questa forma di populismo, sono presenti molti politici e osservatori a cui vogliamo molto bene ma che, pur identificando lo sfascismo leghista come una delle minacce più importanti del nostro paese, faticano ancora a capire una verità che, per quanto sia dura da accettare, resta comunque una verità: non si può essere contemporaneamente nemici di Salvini e nemici di un governo che nasce anche per fermare Salvini. Questo governo, lo sappiamo, non è il migliore dei governi possibili, Giuseppe Conte purtroppo non è il nuovo conte di Cavour, alla Farnesina non abbiamo un Talleyrand, Casaleggio non è Bismarck, Zingaretti non è Mitterrand, Bonafede non è Beccaria e stare dalla stessa parte di Travaglio è come ordinare una buona pizza versandoci sopra del ketchup scaduto piuttosto che una buona passata di pomodori.

 

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Tutto questo è chiaro, cari amici scontenti, ma c’è qualcosa che andrebbe ribadito una volta per tutte e quel qualcosa può essere più o meno sintetizzato così: chi pensa che in questo momento la minaccia più pericolosa per l’Italia sia quella di far avvicinare al governo un partito desideroso di mettere i pieni poteri a servizio di politiche anti europeiste declinate nel nome del cuore immacolato di Maria dovrebbe avere il coraggio di dire che oggi il governo Conte non è il meglio che si possa desiderare dalla vita ma è purtroppo quanto di meglio possa esistere sul mercato della politica per provare a limitare i danni veicolati dal cialtronismo populista in versione salviniana. Il populismo dell’anti populismo usa spesso come arma di distruzione di massa il tema della “coerenza” (la coerenza, ricordava giustamente Giuseppe Prezzolini, di solito è la virtù degli imbecilli) ma il tema della coerenza, cari amici scontenti, applicato a questa fase storica continua ad avere un suono tanto seducente quanto inutile. E così capita che il populista dell’anti populismo di fronte a un populista che cambia idea non si interroga se sia importante che quell'idea sia cambiata ma si interroga se quel populista sia coerente con se stesso perché, così si dice, il politico che non è coerente è un politico inaffidabile e quindi al fondo è un politico populista.

 

 

E così capita che se un partito passa dall’essere contro l’Europa a essere a favore dell’Europa il problema non è se quella trasformazione sia stata giusta oppure no ma è se quella trasformazione sia duratura oppure no, perché, così si dice, le svolte improvvise, per quanto giuste, sono spesso svolte inaffidabili e quindi al fondo populiste. E così capita che se un Parlamento sceglie di non cedere alla propaganda di un leader in mutande desideroso di mettere la democrazia italiana al servizio del suo mojito il problema non è se il Parlamento si sia schierato dalla parte giusta della storia ma è se sia accettabile o no avere, come si dice, un Parlamento formato da voltagabbana. E così capita che se un governo sbagliato nato per una causa giusta costringe il leader dell’opposizione a rivedere alcune sue posizioni estremiste (è capitato e negarlo è un altro atto di bullismo anti populista) il punto non è aver dimostrato a un leader estremista che la politica dello sfascio è controproducente ma è chiedersi quanto sia opportuno combattere un leader estremista alleandosi con un partito che era prima il suo alleato. Il populismo dell’anti populismo, in nome della purezza e dei suoi ideali, tende a chiudere gli occhi di fronte alle trasformazioni del populismo – domanda: ma avere un governo europeista è meglio o no che avere un governo anti europeista? – e non si rende conto che l’alternativa del governare con un pericoloso populismo morente è ancora oggi quella di mettere il paese nelle mani di un pericoloso populismo vitale. Il populista dell’anti populismo tende insomma a vedere populisti ovunque (lì vedi quelli? Governano insieme, dunque sono tutti uguali, dunque sono tutti populisti) e spesso lo fa con l’intenzione più o meno involontaria di portare a termine un’operazione che più populista non si può: individuare, estendendone il perimetro, la grande casta del populismo e offrire agli elettori e ai lettori una qualche proposta terzista per non stare né con il modello veicolato da Salvini né con quello veicolati da coloro che sostengono il modello Conte.

 

Ma quando in un paese si manifestano alcuni pericoli concreti essere terzisti non significa essere sopra le parti ma significa già aver fatto una scelta. E la scelta in questione oggi è sempre la stessa: considerare il salvinismo di governo come un male minore da sperimentare rispetto a un anti salvinismo di governo. Negli ultimi anni l’Italia ha potuto sperimentare sulla sua pelle che il populismo è una minaccia grave per l’Italia ma in prospettiva il populismo degli anti populisti può rivelarsi un problema non del tutto minore. E a meno di non augurarsi presto un governo guidato da Salvini, e di fronte a questa domanda oggi non si può scappare: si può essere contemporaneamente nemici di Salvini e nemici di un governo che nasce anche per fermare Salvini? Per quanto quel governo possa non essere il governo dei sogni, cari amici scontenti, la risposta è no: semplicemente non si può. O di qua o di là. Non trovate?

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