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Combattere le emergenze false, denunciare le emergenze vere

Claudio Cerasa

La fuffa della Sea Watch, la realtà dell’economia. Ilva, decrescita, sfiducia. La nave da affondare è quella del governo

No. Non esiste alcuna emergenza migranti. Non esiste alcuna emergenza ong. Non esiste alcuna invasione dall’Africa. Non esiste nessun complotto di Soros. Non esiste alcuna emergenza Capitana. Non esiste alcun porto chiuso. Non esiste alcuna possibilità di negare il diritto del mare. Eppure, grazie alla forza della propaganda, grazie ai media sottomessi all’agenda sovranista e grazie alla debolezza dei suoi avversarsi, il fenomenale sbruffoncello del Viminale, ops, è riuscito magicamente a convincerci del contrario ed è riuscito magistralmente a trasformare in un’emergenza nazionale una non emergenza come il caso di una nave ong carica di quarantadue migranti che ha passato tredici giorni in mare chiedendo semplicemente all’Italia di non negarle un porto sicuro.

 

Il caso della Sea Watch 3 può essere considerato un’emergenza nazionale perché segnala l’incredibile ottusità con cui la maggioranza gialloverde si è rifiutata in un anno di governo di sfruttare l’occasione d’oro dell’assenza di un’emergenza immigrazione per creare in Europa le condizioni giuste per affrontare una possibile e futura e reale emergenza, riscrivendo il trattato di Dublino, rendendo più solidali i paesi meno solidali e rivedendo i criteri di distribuzione dei migranti nel nostro continente.

 

Per il resto l’emergenza semplicemente non c’è, è inventata, è farlocca (il 26 giugno, mentre si discuteva se far sbarcare o no 42 migranti della nave ong, in Italia sbarcavano 55 migranti) e come tutte le emergenze false anche questa nasconde un obiettivo strategico: creare problemi falsi per nascondere problemi veri. Il sociologo francese Marc Lazar sostiene giustamente che il populismo, essendo la semplificazione di tutto e l’accelerazione della temporalità, tende a muoversi come se tutto fosse un’emergenza e come se tutto fosse un allarme. E la tendenza diventa necessaria quando sotto al tappeto delle emergenze farlocche si nascondono le emergenze vere. E mentre l’Italia della fuffa è concentrata a mettere l’uno contro l’altra il Capitano e la Capitana, l’Italia della realtà è concentrata a mettere uno dopo l’altro i numeri della vera emergenza nazionale: l’economia.

 

Parlare di Sea Watch è più semplice che parlare di tasse, perché quello stesso leader politico che ha promesso di abbassare le tasse intanto le tasse le ha portate a livelli da record: la pressione fiscale, in dodici mesi, è cresciuta dello 0,3 per cento, a livelli che non si vedevano dal 2015, e tra i comuni italiani sono 469 quelli che hanno già scelto di aumentare l’addizionale Irpef dopo la scelta di questo governo di eliminare il blocco degli incrementi di tutte le tasse locali. Parlare della figlia di papà della ong è più semplice che parlare di crescita perché se si dovesse parlare di crescita bisognerebbe dire che due giorni fa anche Standard & Poor’s ha tagliato le stime dell’Italia per il 2019, passando da +0,7 a +0,1/0,2; bisognerebbe dire che il governo ha reso tecnicamente possibile la chiusura di Ilva; bisognerebbe dire che il governo ha fatto aumentare il debito pubblico; bisognerebbe dire che nei primi tre mesi del 2019 la quota di profitto che riguarda le società non finanziarie è in calo di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e ha raggiunto il valore più basso dal 1999 a oggi. Parlare della brutalità delle ong è più facile che parlare dei consumi perché se si volesse parlare di consumi bisognerebbe dire che negli stessi mesi in cui in Francia il tasso di fiducia delle famiglie è salito di due punti in Italia come certificato ieri dall’Istat la flessione della fiducia dei consumatori a giugno rispetto al mese precedente si caratterizza “per un marcato peggioramento delle opinioni sulla situazione economica del paese e sulle prospettive della disoccupazione”.

 

Parlare di immigrazione, in assenza di problemi reali legati all’immigrazione, è più facile che parlare delle condizioni reali del nostro paese, perché parlare delle condizioni reali dell’Italia significherebbe infilare un dito dentro agli occhi degli elettori dovendo ammettere che nel giro di un anno il nostro paese piuttosto che diventare più forte è diventato più debole, piuttosto che diventare più credibile è diventato meno affidabile, piuttosto che diventare più attraente è diventato più respingente, piuttosto che accogliere più investitori ha scelto di accoglierne di meno, piuttosto che creare più occupazione ha creato più disoccupazione, piuttosto che abbassare il debito per riacquisire sovranità ha aumentato il debito facendoci perdere più sovranità. I problemi dell’Italia di oggi non sono quelli che si nascondono dietro alle emergenze farlocche ma sono quelli che si nascondono dietro alle emergenze vere occultate quotidianamente dalle emergenze farlocche. E se un domani il governo cadrà non sarà a causa di quello che il governo non riesce a fare ma sarà a causa di quello che ha fatto nell’ultimo anno e che nessuno oggi ha il coraggio di rivendicare. Finché si può, per Salvini, meglio buttarla in caciara, meglio conquistare voti giocando su un campo in cui gli avversari non riescono neppure a scendere sul terreno da gioco, meglio trovare una qualsiasi scusa per non guardare in faccia la realtà. Nell’attesa di trovare la scusa giusta per mandare alla deriva un equipaggio che anche Salvini sa essere mille volte più pericoloso di quello della Sea Watch: l’orrendo e pericoloso e dannoso cambiamento populista. Fare presto, please.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.