Matteo Salvini (foto Imagoeconomica)

Velleitarismo più trucismo uguale Salvini

Giuliano Ferrara

I tifosi, i porti, i flop. La dimensione velleitaria del Truce aggiunge un aspetto di farsa alla tragedia di averlo al Viminale

Joseph Joubert non è un amico di Macron, ma uno scrittore francese tra Sette e Ottocento, e di poche parole. Sosteneva che il castigo dei cattivi principi o capi politici è che appaiono peggiori di quello che sono. Ecco, il Truce è anche un Velleitario. E’ meglio di come appare, nel senso che la sua sola attività conosciuta è apparire il peggio possibile. Porta voti, pensa, avere un cuore nutelloso grande così ma dissimularlo nel bolsonarismo ubriaco. In verità il Truce è buono, il buonsenso è mieloso. Adesso vedremo quanti voti portano la fatturazione elettronica, il copia-incolla sulle banche, la riduzione a una puzzetta della famosa riforma Fornero, l’incremento della pressione fiscale, lo stop virtuale agli investimenti e la persecuzione delle opere grandi e piccine in atto, il sussidio di pigranza.

 

Ora vediamo come se la cava con Conte e con l’Unione europea, con l’isolamento internazionale e le divisioni salutari nel governo dell’incasinamento. Dice e stradice che non molla. Ma che cosa avrebbe da mollare, poi, non si capisce, a parte le divise, il vangelo della mutua, il rosario e un posto al caldo di cui non fa uso perché occupato a comiziare sulla pelle dei povericristi, come un qualsiasi Di Battista, detto Ale, l’uomo di Auschwitz che sta per Austerlitz. Nemmeno i porti è riuscito in realtà a chiudere, come affermano unanimi le autorità portuali, in quella pantomima della fermezza prevedibile, inutile, vanagloriosa, ma senza poteri documentati, eccetto che l’intimidazione del ministro di Polizia alla quale seppe reagire da par suo la gloriosa Guardia costiera della Diciotti. Intanto il favoloso Napoli lo ha mandato a quel paese, con tutto il suo buonismo affettato verso i curvaioli violenti, di sua ordinaria e straordinaria frequentazione, dicendosi pronto a lasciare il campo in caso di brutalità e razzismo. I vigili della sicurezza lo bruciano in effigie: solite promesse non mantenute. I tifosi della Lazio fanno la loro guerricciola a Roma, a un paio di leghe dal Viminale, tanto per ricordare al Truce che comandano i più truci. CasaPound lo respinge con perdite minacciando il Capitano del solito bagno di sangue. Squadristi immaginari o anche troppo effettuali picchiano e lo idolatrano, ma così, per apparenza da cattiverio. Padroni e padroncini del nord trasecolano di fronte alla Finanziaria della decrescita infelice. Ma il Velleitario non molla, twitta. Si vuole tenere il governo e il ruolo di uomo forte in divisa da pompiere, il burro e i soldi che servono a comprarlo, le beurre et l’argent du beurre, botti piene e fidanzate ubriache. Però non molla, twitta. Non ci fosse quel furbone di Giorgetti, sarebbe già a casa.

 

Non si può escludere che il castigo dei cattivi principi debba tardare, ma è in incubazione. Gli strongman agiscono senza straparlare, sebbene questo sia un mondo in cui azione e parola si confondono nel blob dei sondaggi continui. Ma up to a point, voglio sperare. La dimensione velleitaria del Truce aggiunge un aspetto di farsa alla tragedia di averlo al Viminale e alla direzione della Lega nazional-sovranista, un doppio ruolo che avrebbe dovuto essere contestato e sanzionato da subito e che ci lascia tutti più insicuri da quando trucismo e velleitarismo si sono alleati incarnandosi nel de cuius, nel qualsiasi Salvini.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.