Il presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini (Foto LaPresse)

“Datemi autonomia”. Bonaccini ci spiega la sua sfida al governo

"Non voglio creare un fronte del Nord. Chiedo solo di gestire i nostri fondi, perché riteniamo di poter fare meglio". Parla il presidente dell’Emilia Romagna

Roma. Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, da tempo chiede l’autonomia. Sperava che arrivasse entro il 2018, così non è stato. Viene da chiedersi se non ci sia chi vuol perdere tempo nel governo? “Non mi formalizzo per un mese in più o in meno”, dice Bonaccini al Foglio, “stiamo realizzando una riforma molto importante, di rango costituzionale, che se andrà in porto rideterminerà parte degli assetti istituzionali e amministrativi del paese. Se il tempo in più sarà usato per calibrare meglio e costruire un consenso più largo ben venga, nei limiti della ragionevolezza. Il presidente Conte ha fissato ora termini precisi e stringenti, in particolare il 15 febbraio: rispettarli è responsabilità del governo, siamo alla prova del nove”. Che competenze chiede? “Abbiamo chiesto, nei termini e nei limiti fissati dall’articolo 116 della Costituzione, maggiore autonomia in 15 materie, su cui non abbiamo la pretesa di sostituirci tout-court allo stato, ma di poter gestire direttamente le parti che meglio possono essere programmate e gestite a livello territoriale.

 

L’obiettivo è rendere più efficaci i servizi, più efficienti i procedimenti, più snelli i tempi di risposta della pubblica amministrazione. Interpreto questa riforma come un’occasione di modernizzazione istituzionale e amministrativa, per accrescere la capacità di programmazione e risposta. Per me gli ambiti più qualificanti sono la programmazione scolastica, formativa e universitaria anche nel rapporto con le imprese; la programmazione degli interventi e lo snellimento degli iter autorizzativi nella gestione del territorio o per la realizzazione delle infrastrutture; la programmazione e l’autorizzazione degli interventi per l’adeguamento sismico e la rigenerazione urbana. Le nostre proposte sono già sottoforma di intesa, attendiamo quindi parole conclusive da parte del Governo”.

 

Teme l’opposizione al tema dei Cinque stelle? “Non entro nella dialettica tra le forze politiche di maggioranza e soprattutto non mi presto a strumentalizzazioni. Se l’autonomia decollerà sarà merito del governo e delle regioni che l’hanno intrapresa; se fallirà ne risponderanno tutte le forze politiche che sostengono il governo, visto che era negli impegni assunti davanti agli elettori e al Parlamento. Per parte nostra abbiamo avanzato una proposta organica che valorizza le capacità del nostro sistema regionale, nel rispetto sia dell’unità del paese che della solidarietà tra aree più forti e aree più svantaggiate, concetti per me sacri.

 

"E in Emilia-Romagna nessuna forza politica di maggioranza e opposizione ha espresso un solo voto contrario sul nostro progetto: lo considero un valore e toglie ogni alibi a chiunque. Senza dimenticare che fin dall’inizio abbiamo condiviso il progetto con tutte le parti sociali, sindacati e imprese, gli enti locali, le quattro università regionali, le associazioni del Terzo settore, tutti soggetti che abbiamo riunito a inizio legislatura nel Patto per il lavoro”. Pensa che la Lega, parecchio interessata soprattutto all’autonomia del Veneto e della Lombardia, abbia una posizione poco coraggiosa? “Come detto, io mi confronto col governo, non con questa o quella forza politica. Il rapporto di collaborazione con la ministra Stefani è stato oggettivamente buono, se è vero che siamo arrivati insieme fin qua. Ma le proposte in campo sono tre: io rispetto quelle degli altri, ma pretendo rispetto e risposte adeguate su quella dell’Emilia-Romagna. I giudizi li darò sui risultati, non sulle intenzioni o le dichiarazioni”.

 

Nel Pd c’è chi come Vincenzo De Luca è perplesso perché teme una restrizione di risorse. Vuole creare un fronte delle regioni del nord contro il resto d’Italia, in particolare contro il Mezzogiorno? “Non credo che De Luca possa riferirsi alle proposte avanzate dall’Emilia-Romagna, perché non contengono alcuna penalizzazione per il Mezzogiorno né alcuna rivendicazione egoistica in termini di risorse. Non abbiamo chiesto allo stato più soldi di quanti non ne spenda già oggi sul nostro territorio. Chiediamo invece di poterli gestire noi, perché riteniamo di poter fare meglio, visto che lo stesso ministero dell’Economia e delle Finanze certifica che l’Emilia-Romagna è la regione più veloce ed efficiente nella spesa delle risorse comunitarie e nazionali.

 

E soprattutto chiediamo di poter fare programmazione, che è la cosa che più manca in questo paese, dove tutto ha un respiro corto e dove l’incertezza sui singoli fondi, anno per anno, regna sovrana. Si tratta con ogni evidenza di proposte che non solo non indeboliscono il paese e nulla tolgono al Mezzogiorno, ma che sono pienamente replicabili anche nelle altre regioni. Non ho in mente nessun fronte del nord: a me interessa fare dell’Emilia-Romagna una regione ancor più dinamica, competitiva ed inclusiva. E per questo non serve uno stato debole, ma uno stato forte e moderno, dove anche le altre regioni possano fare meglio di oggi”.

 

C’è però forse il timore che l’autonomia accresca ulteriormente il divario tra nord e sud del paese, non crede? “L’Emilia-Romagna risulta negli ultimi 4 anni la regione più dinamica del paese, con le migliori performance di crescita, export e occupazione. Premesso che io credo si debba e si possa migliorare ancora, il nostro progetto di autonomia e riforma punta anche a questo. Ora chiedo: se noi invece rallentiamo, il resto del paese starà meglio o peggio? Il divario tra aree più forti e aree più deboli non lo si colma penalizzando le prime, ma al contrario stimolando le seconde a fare meglio. Anche in questo senso l'autonomia può essere una strategia vincente per il Mezzogiorno, posto che ho detto e ribadisco, occorrono sia una stato forte che solidarietà territoriale”.

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