Giulio Tremonti (foto LaPresse)

Lontano dalla politica, il cervello di Tremonti si è rimesso in cammino

Giuliano Ferrara

Ora il brillante d’antan è divenuto un commentatore equilibrato. I sovranisti si dovranno accontentare di Rinaldi e Borghi

Abbiamo un nuovo Tremonti, dico nuovo di zecca, e me ne compiaccio. L’ho intravisto, di un’eleganza un po’ antica e un po’ dandy, arbasiniana, quando era consulente del ministro delle Finanze Rino Formica, mio idolo della prima e unica Repubblica. L’ho rivisto nel governo del cambiamento, quello che nel 1994 ci diede l’alternanza, l’incarnazione del maggioritario, e una lunga stagione di riforme o azioni liberali in reazione ai progetti golpisti della magistratura militante, liberali nel linguaggio e nelle cose e nelle benedette successive leggi ad personam, scioccamente rifiutate da quella stessa sinistra che poi non è stata capace di impedire, anzi ha favorito, gli eventi attuali nazionalpopulisti e davighisti, una colpa che non cade in prescrizione perché non è oggetto di processo. Ora il caro Ezio Mauro si lamenta per Macerata, ma doveva pensarci quando spingeva contro la “casta” e faceva leva sul “comune senso del pudore” contro il nazionalpop e internazionalpop di Berlusconi e Bossi, molti anni prima della deriva dell’Impostore arancione. Mai una Repubblica fu abbattuta per l’irritazione moralistica contro una lap-dance. Cose che solo in Italia. Lui, l’Intravisto, nel frattempo si è fatto le ossa da ministro lavorando al Tesoro per far fuori il capo del governo, incessantemente, senza sbavature, per anni e anni, fino a che Napolitano, liberatosi di Trem come di un grimaldello arrugginito, ha messo al posto del Cav. il professor Monti, ed è cominciato un altro ciclo. Nell’intermezzo l’Intravisto, cioè Tremonti, ha scritto saggi brillanti contro l’Europa, l’euro, l’austerità, la globalizzazione, la sovranazionalità, il capitalismo con il turbo finanziario, i rischi fatali, il mondo cane rabbioso, e in nome delle partite Iva ha provato ad anticipare di qualche anno temi e stilemi dell’attuale sovranismo. Saggi brillanti, ma una carriera politica derelitta, finita nella fondazione di un partito con Vittorio Sgarbi e per programma Michelangelo Buonarroti, e ho detto tutto.

 

Ora il brillante d’antan è divenuto un commentatore equilibrato. Non crede che il cambiamento si possa fare con quelli che elevano inni al presidente Ping, barriere tariffarie eventuali a parte, con quelli che vogliono sbaraccare l’Europa, con quelli che hanno trasformato una dottrina critica in ideologia truce e del Truce. E scriveva al Corriere, proprio ieri, una correttissima lettera, piena di idee di nuovo brillanti, ma stavolta molto equilibrate, che fanno risuonare concetti già affidati alla Chirichessa in una precedente, magnifica, intervista al Foglio. Il nuovo Trem vuole che la Commissione, in nome e per conto di una razionale impalcatura di potere sovranazionale globalizzato, radicato nei mercati e nel mercatismo, si impegni a essere sé stessa e a funzionare nel senso della giustizia fiscale, che è un tema che riguarda anche i produttori in serie di dati, oggi si dice Data, e di algoritmi, si dice tuttora algoritmi. Riconosce a Bruxelles quel che è di Bruxelles, l’autorevolezza di una buona proposta di web tax e spera che esista la volontà di perseguirla. Trem è di nuovo un conservatore liberale illuminato da una mente eccelsa, con un tocco di socialdemocratismo che non guasta, sia detto senza ironia, da una cultura giuridica economica e storica a prova di bomba, e il suo cervello si è rimesso in cammino, finalmente lontano dalla malattia della politica e del comando, sulla via di Damasco, che passa per Parigi Berlino L’Aia e appunto Bruxelles. Congratulazioni vivissime. I sovranisti si dovranno accontentare del professor Rinaldi, e di quel Borghi, noi abbiamo recuperato, e poi dicono che le sconfitte non servono, la testa, almeno quella, del professor Tremonti.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.