Cadetti ucraini si esercitano in un rifugio anti bomba (LaPresse) 

piccola posta

La bomba di Putin e il paradosso del bluffatore

Adriano Sofri

Minaccia l'uso dell'atomica e dice: "Questo non è un bluff". Quindi quelli precedenti lo erano? Ma allora è un bluffatore, e come possiamo a questo punto credergli ancora? Eppure, non c'è niente di più cretino di questo paradosso

Putin ha offerto un’interessante variazione del paradosso del mentitore, o del cretese. Che risalirebbe, secondo Paolo, a Epimenide: “E’ vero che i Cretesi sono tutti bugiardi”. Ma Epimenide era cretese, dunque come se ne usciva? Una variazione stringata che anticipava quella di Putin era attribuita a Eubulide di Mileto: “Io sto mentendo”. (Per le ulteriori variazioni vedete Wikip.). Ora, Putin ha detto distintamente, e sottolineando la gravità: “Questo non è un bluff”. La prima reazione, istintiva, sbigottita, era di prenderlo in parola: “Aiuto! Sta dicendo sul serio!”. Dopo si pensava: ma se sottolinea così drammaticamente che questo non è un bluff, allora le altre volte era un bluff. Dunque lui è un tipo che bluffa. E che cosa c’è di più tipico di uno che, bluffando, dichiara: “Io non sto bluffando”? Certo, per arrivare a questo punto, deve essere al lumicino, fino a giocarsi il tutto per tutto col piatto di questa mano. Rinfrancato, l’altro giocatore si dice: vado a vedere! Ma resta ancora quel rovello: e se avesse davvero il suo punto?

La soluzione, letteralmente, sembra stare nel futuro: chi vivrà vedrà. Già. Chi vivrà? E che cosa vedrà? 

Che frustrazione, e che privilegio, essere uno dei miliardi che non dispongono di una valigetta nucleare. Io, quando ho sentito così nitidamente pronunciare da Putin l’avvertimento: “Eto ne blef”, e l’ho visto in faccia, ho sentito che non c’è niente di più cretino del paradosso del bluffatore. In un mondo decente, a Putin sarebbe vietato l’ingresso in tutte le case da gioco della terra. Poiché è stato un dittatore di riguardo, potrà avere un piccolo tavolo tondo e un mazzo di carte nella sala comune in cui incontrare per un paio d’ore al giorno Shoigu, Peskov e la Zacharova, e fare carte e puntare dei fagioli secchi, e spaventarli a muso duro: “Questo non è un bluff”.

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