Medvedev e Djokovic alla finale del torneo Paris Masters (LaPresse) 

piccola posta

Perché quella mania dei tennisti per gli orologi?

Adriano Sofri

Finita una finale importante, la prima cosa che fanno i due giocatori è rimettersi l'orologio. Ma perché? Sul campo incombono orologi di ogni forma e dimensione. Basta una breve ricerca online per capire

Finisce una finale importante, i due tennisti si salutano a metà campo, affettuosamente o a denti stretti, lanciano al pubblico una palla e qualche accessorio, vanno a sedersi e asciugarsi il sudore, bevono un sorso, frugano nel borsone e la prima cosa che fanno è di estrarne un orologio e metterselo al polso. È così che ho scoperto, riscoperto cioè, di essere cretino. Mi sono chiesto perché fosse così urgente per loro riallacciarsi l’orologio: un modo di tornare al tempo ordinario dopo la sospensione della partita, il respiro corto della sfida? Tuttavia la partita è scandita anche lei da una quantità di cadenze cronometrate, tempo del servizio, tempo della pausa, durata dello scambio, durata del game, del set... Il campo incombe di orologi di ogni forma e dimensione. Correre a rimettersi l’orologio è come riprendere fiato, rimettere piede a terra dopo l’alto mare dell’agonismo? Ho un’attenuante: non ho mai posseduto un orologio in vita mia, nemmeno da ragazzo: tanto era inesorabilmente pieno di orologi dappertutto, e prima, ai miei tempi, era normale chiedere a un passante: “Scusi, sa che ora è?”. 

Per fortuna ho guardato su Google: tennisti e orologi. Un’alluvione di link, magnificamente esaurienti, grandi marche e campioni sponsorizzati, le cifre astrali di Federer, l’orologio da un milione di dollari al polso di Nadal, la refurtiva dei furti in casa di tennisti sempre ricca di Rolex, le foto in cui i vincitori sollevano il trofeo ed espongono in primo piano il polso che porta l’orologio – sollevano l’orologio, insomma.

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