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Nel caso Giffoni, il ministero degli Esteri non ha scuse

Adriano Sofri

In una nota la Farnesina fa sapere che “le ragioni che determinarono la destituzione dal servizio del Consigliere d'Ambasciata, non riguardano l’oggetto dell’azione penale". Difficile crederlo, visto che il ministero stesso era costituito parte civile nel processo

Ancora su Michael Giffoni. Per precisare, intanto, che Emma Bonino si limitò a firmare la sospensione cautelare nei suoi confronti, sulla base di un’inchiesta di Eulex, la missione europea in Kosovo; di lì a poco Bonino fu sostituita al ministero dal nuovo governo presieduto da Renzi e deciso a rinnovare tutto, o almeno a darne l’impressione. La ministra subentrante, Federica Mogherini, firmò la destituzione, che stava alla prima misura come una condanna capitale a un’apertura d’indagine. A differenza di Bonino, se non fraintendo, Mogherini non ha creduto di dire una parola sugli sviluppi della vicenda. È lecito dubitare che, promossa allora così impetuosamente a un incarico tanto rilevante, non avesse voluto obiettare a un provvedimento di giustizia (voce del verbo giustiziare) esemplare promosso dalla dirigenza ministeriale, o se ne fosse addirittura compiaciuta. 

Qui veniamo al ministero, che ha creduto di pubblicare un comunicato (si legge su Huffington Post) sulla “dolorosa vicenda personale e professionale del Consigliere d’Ambasciata Michael Giffoni” che sostiene: “Le ragioni che furono alla base del provvedimento amministrativo, e che ne determinarono la destituzione dal servizio, non riguardano l’oggetto dell’azione penale e non hanno dunque a che vedere con il reato di associazione per delinquere o quello di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dai quali egli è stato assolto, nel primo caso perché il fatto non sussiste e nel secondo caso perché le condotte accertate non costituiscono reato. Ciò è confermato dal fatto che l’Amministrazione non ha mai accusato Giffoni di alcun reato”. Direi che non è vero. Giffoni fu sospeso, e poi destituito, invocando a suo carico “elementi emergenti e convergenti di sua diretta responsabilità, anche con riferimento ai profili di dolo e colpa grave”. Il ministero era del resto costituito parte civile nel processo penale. 

Il ministero non ritiene poi di menzionare la madornale differenza di trattamento fra la singolarissima radiazione di Giffoni e la pletora di casi di diplomatici, ambasciatori e no, la cui corruzione ammessa e provata negli stessi tribunali non si è mai guadagnata una simile esemplare severità, ed è stata viceversa liquidata in camera caritatis. In simili casi il danno di immagine al ministero e al buon nome dell’Italia presso interi popoli è stato a volte clamoroso. Lo riscrivo con cognizione di causa.