Una scena delle proteste a Tunisi, centinaia di manifestanti si sono radunati davanti al Parlamento lo scorso 26 gennaio (LaPresse)

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Un appello contro la repressione in Tunisia

Adriano Sofri

L'iniziativa internazionale in "solidarietà con il movimento sociale dei giovani tunisini", condanna la "repressione cieca e le ondate di arresti in molte città, il ricorso ai maltrattamenti e alla tortura", e denuncia l'indifferenza dell'Europa

 

Sergio Scandura, autore di tenaci cronache sui lutti e le infamie delle migrazioni mediterranee per Radio Radicale, avverte che dalle coste tunisine stanno salpando, e debitamente naufragando, imbarcazioni cariche non più di migranti subsahariani o mediorientali, ma di tunisini. La Tunisia, sapete, è lontana sì e no 70 chilometri da Pantelleria, più o meno come Firenze da Pisa. Lontanissima dai pensieri, se non di Pantelleria, del resto d’Italia. E’ stato appena pubblicato un appello internazionale in “solidarietà con il movimento sociale dei giovani tunisini” sottoscritto da personalità che impegnano la loro reputazione, associazioni, sindacati (Cgt, Cgil) e cittadini. Dice di guardare con allarme “alla repressione cieca e alle ondate di arresti che si sono abbattute nei giorni scorsi su centinaia di giovani dei quartieri popolari in molte città tunisine. Questi giovani non fanno che rivendicare quello che, dieci anni fa, ha dato avvio alla “rivoluzione per la dignità”: il diritto al lavoro, alla libertà, alla giustizia e all’uguaglianza.

 

“I firmatari – continua – ricordano con forza al governo tunisino che è tenuto al rispetto dei princìpi consacrati dalla Costituzione del 2014, che impegnano lo stato tunisino a rispettare la dignità dei suoi cittadini. Condannano il ricorso ai maltrattamenti, alla tortura e alle procedure giudiziarie sommarie. Osservano che l’assenza di ogni riconsiderazione delle scelte economiche e sociali del vecchio regime da parte dei governi tunisini che si sono succeduti dal 2011 ha solo impoverito ulteriormente la popolazione, soprattutto le categorie sociali precarie, e ha costretto migliaia di giovani e adulti a piccoli espedienti, alimentando i circuiti dell’economia informale, dell’immigrazione irregolare o dell’estremismo. Una situazione del genere non poteva che sfociare in un confronto con il potere che, ancora oggi, risponde alla loro angoscia e alle loro legittime richieste solo attraverso la repressione. Questi movimenti dei giovani tunisini sono rivelatori, non solo del vicolo cieco economico e sociale in cui il governo tunisino ha fatto precipitare la società, ma anche dell’indifferenza dell’Unione europea e dei governi che la compongono, accrescendo il debito che grava sul paese. E’ più che mai necessario abrogare questo debito e offrire ai giovani tunisini la prospettiva di vivere e lavorare nel paese. In nome della fiducia nei princìpi di giustizia e di libertà per tutti i popoli e al diritto della gioventù a una vita dignitosa e pulita, facciamo appello al governo tunisino perché liberi tutte le persone ingiustamente arrestate e adotti misure adeguate alle aspirazioni del popolo tunisino e della sua rivoluzione. Facciamo anche appello a tutte e tutti coloro che amano democrazia, libertà e giustizia, in Europa e nel mondo, a premere sulle autorità tunisine affinché la rivoluzione del 2011 non si muti in un incubo, rispondendo con le pratiche repressive del passato alle legittime aspirazioni del popolo tunisino”. 


(Appello e primo elenco di firmatari sono anche sulla mia pagina Facebook: Conversazione con A.S.)

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