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Piccola Posta

L'ipocrisia della Cedu sulla Turchia

Adriano Sofri

Nel giorno in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo rigetta la scarcerazione di un avvocato turco in sciopero della fame dal più di 300 giorni, il presidente del tribunale di Strasburgo, Róbert Ragnar Spanó, viene incoronato dottore a Istanbul

[Aggiornamento venerdì 4 settembre] Ieri sera, a una settimana esatta dalla morte in carcere dell'avvocato Ebru Timtik dopo 238 giorni di digiuno, la Corte di cassazione turca ha ordinato l’immediata scarcerazione per motivi di salute dell’avvocato Aytaç Ünsal, in sciopero della fame da 213. 


 

Aytaç Ünsal, avvocato, 32 anni, iniziò uno sciopero della fame “fino alla morte” pochi giorni dopo la sua collega Ebru Timtik (di cui, scrivendo qui, avevo omesso di dire che era curda), che ne è morta il 27 agosto, dopo aver digiunato per 238 giorni prendendo solo acqua zuccherata e, finché poté, vitamine. Ünsal è recluso in un reparto detentivo di un ospedale adibito ai malati di Covid-19. Mercoledì la Cedu, Corte europea dei Diritti dell’Uomo, investita della causa dai difensori di Ünsal, ne ha rigettato la richiesta di scarcerazione, argomentando che l’avvocato detenuto non è in imminente pericolo di vita. Un analogo pronunciamento era venuto dalla Corte costituzionale turca per lui e per Timtik. Le raccomandazioni della Cedu alle autorità turche perché rispettino i diritti del prigioniero e gli consentano eventualmente di consultare medici di fiducia, e allo stesso Ünsal perché receda dal suo sciopero, non attenuano la costernazione per la decisione di Strasburgo.

 

Era largamente improbabile che il governo e la magistratura turca si adeguassero a una sentenza di scarcerazione, già tante volte ostentatamente ignorata in casi analoghi, ma il pronunciamento della Corte sembra assolvere la Turchia dalla responsabilità nella morte terribile di Timtik e di altre tre persone prima di lei, tutte arbitrariamente tacciate di terrorismo. Dalla sua fondazione nel 1959, la Cedu è stata guardata sempre più con speranza da tante vittime di violazioni dei diritti umani nei 47 paesi del Consiglio d’Europa che vi aderiscono. Formata da altrettanti giudici, uno per paese, riceve migliaia di ricorsi e riesce a trattarne solo una piccola parte. Da maggio la Corte è presieduta da un giudice islandese-italiano, Róbert Ragnar Spanó, 48 anni, il più giovane a coprire la carica triennale. Nei giorni scorsi si era appreso che Spanó aveva accettato l’invito dell’università statale di Istanbul che gli conferirebbe oggi una laurea honoris causa. Da noi ne aveva parlato per primo Mariano Giustino nei suoi preziosi servizi quotidiani per Radio Radicale, e ne ha scritto un esauriente resoconto sull’Huffington Post di ieri.

 

E’ ovvio che la Cedu debba intrattenere rapporti istituzionali con tutti i paesi che le aderiscono, Turchia compresa. Ma accettare una laurea onoraria da un’università dalla quale decine dei docenti più prestigiosi sono stati cacciati o incarcerati sembra un inaudito eccesso di zelo, e ha suscitato offesa e indignazione nelle associazioni di difesa dei diritti umani e fra gli intellettuali turchi. Immaginarsi nelle celle.

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