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Contro quella strana indulgenza verso i raptus maschili

Adriano Sofri

La legge deve essere uguale per tutti. Ma che quando la vittima è una donna e l’autore un uomo, tanto più se sia “il suo uomo”, le attenuanti dovrebbero essere motivate con una cura particolare

Uno dei tanti titoli di ieri, dalla prima pagina di uno dei giornali più dignitosi, diceva: “Uccide la moglie. ‘Mi ha deluso’. Pena dimezzata”. Naturalmente, c’era di che sobbalzare. Su un altro giornale la giudice, una donna, autrice della sentenza discussa, sulla scia dell’altra sulla “tempesta emotiva”, motivava al telefono, per così dire, la sua decisione ricordando fra l’altro che gli omicidi non sono tutti uguali e che possono ricevere delle attenuanti: anche quando la vittima sia una donna. Penso che la legge sia (leggi: debba essere) uguale per tutti, ma che quando la vittima sia una donna e l’autore un uomo, tanto più se sia “il suo uomo”, le eventuali attenuanti debbano essere considerate e motivate con una cura peculiare. Perché la violenza contro una donna è già, per sé, aggravata. Le motivazioni che sembrano richiamare, involontariamente e magari contro l’intenzione di chi le redige, la tradizionale (e recente) indulgenza verso i raptus maschili e gli eccessi di legittima gelosia e gli omicidi d’amore e di onore, sono deplorevoli. Questo si pensa. Poi arriva Salvini e ripete il suo slogan: “Deve marcire in galera”. C’è del marcio, infatti, in Italia.

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